TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni
MARGONARA: L’OSTINATA PROTERVIA
DELL’ARCHITETTO
Il pennarello e l’icona
Due scarabocchi a pennarello: “così
prende forma il nuovo bacino della Margonara.” Fuksas, intervistato da
Bruno Lugaro, sul Secolo XIX del 3 aprile, dichiara in modo compiaciuto che
quello il nuovo progetto di variante al porto turistico con torre
annessa, sarebbe scaturito dalla sua mano mentre era al telefono, con
non ricorda quale amico.
GENIALE!
Si potrebbe asserire se fossimo in un’aula magna davanti ad ignari e ingenui
studenti o in qualche Convegno promosso per incensare il Maestro.
La
realtà invece è un’altra.
I “
maltrattamenti “ degli ambientalisti (più di diecimila savonesi), le
stoppate di alcuni importanti politici e le bocciature delle commissioni
tecniche regionali, non hanno dissuaso l’architetto che continua ad essere
strumento indissolubile di un certo tipo di politica, permeata di interessi
che nulla hanno a che fare con l’architettura contemporanea, ma che si
coniugano con la legge del profitto e dell’inutile e sgradevole
cementificazione.
Fuksas rifiuta l’etichetta di cementificatore,
assegnatagli dai savonesi sostenendo che la sua storia testimonia l’esatto
contrario. Ma non basta essere, paradossalmente, tra i primi firmatari
contro il Piano casa di Berlusconi per diventare il paladino dei difensori
del territorio e della buona architettura: la storia personale si fa con le
azioni di tutti i giorni e con l’atteggiamento di rispetto verso i luoghi,
dove si è chiamati a intervenire. L’architetto sembra continuare ad essere tragicamente
scollegato al luogo d’intervento, tutto intento a lasciare il proprio segno,
o meglio, come lui ama chiamarla, la propria “ICONA” che ritiene, quasi in
un drammatico delirio, avere un senso e una propria edificante
riconoscibilità, anche senza una funzione vera e propria.
Insomma
anche se si costruirà per nulla, egli avrebbe, comunque, deciso che debba
diventare il futuro simbolo di Savona.
Come può
un architetto sostenere ciò? Da secoli chi studia e fa architettura sa
che “l’architettura
deve coniugarsi con paesaggio, studiare il clima locale, i venti, la
vegetazione, le luci e le diverse stagioni. Deve tenere conto delle culture
locali e dei modi di costruire”.
La bella architettura è quella che ”progetta
con atteggiamento leggero, utilizzando le potenzialità e le tecnologie
avanzate in intima relazione con la natura….e per far ciò deve saper
ascoltare le voci dei luoghi. L’architettura è società, non esiste senza la
gente con le sue aspettative, i suoi bisogni e le sue passioni.” (
Renzo Piano)
Fuksas,
a Savona, sembra andare in un’altra direzione e nella determinata intenzione
di imporre il suo segno o meglio il suo modo di pensare, banalizza
intenzionalmente i termini del dibattito. L’opportunità o meno di edificare
più di diciassettemila metri quadrati di cemento si anteporrebbe a un
ingenuo epopolare attaccamento a quella che, intenzionalmente, chiama
“Madonnina”, assimilando i savonesi ad aridi bigotti attaccati a una
“statuetta votiva”. Nell’intenzione di andare inesorabilmente avanti, perché
così si è deciso, dichiara che
“Ho
fatto un esercizio e alla fine mi sono trovato tra le mani un’idea di cui
sono soddisfatto”. Sarà difficile, ora, convincere i nostri studenti di
architettura che, anche in un
progetto di massima, devono essere riconoscibili gli elementi di progetto
che siano banchine, torri o quant’altro, che la linea della costa non deve
essere alterata e confusa soprattutto quando costituisce l’elemento
sensibile del progetto. Sarà difficile far capire che anche per le archistar
progettare, significa elaborare
planimetrie, prospetti, sezioni e studi di particolari costruttivi, anche
quando i progetti devono essere presentati a Commissioni Tecniche
Regionali che ne devono valutare l’importante impatto ambientale.
Forse i
cittadini savonesi, una cosa nuova l’anno fatta: hanno messo in discussione
il suo potere, quello di un architetto che con dichiarata presunzione e
arroganza, con irriverenza e con smaniosa libidine, pretende di lasciare il
suo segno sulla città per sempre.
Pretende, nel suo desiderio di trasgressione creativa e di brillante
sperimentazione ( cassata a San Pietroburgo), di imporre per sempre la sua
opera.
Un’imponente opera che ci toccherà vedere tutti giorni, mentre percorreremo
l’Aurelia, quando passeggeremo nelle Albissole o sul lungomare, quando
saremo sotto l’ombrellone o immersi nelle acque delle nostre spiaggie, con
la pioggia o con il sole: senza che il nostro occhio riesca mai a farci
l’abitudine.
Fuksas
pretende d’imporre una visione del mondo che, proprio in prima persona
criticava aspramente, molto tempo fa, sull’Espresso e cioè quel mondo
formato da città completamente appiattite a causa di una progettazione che
le rende identiche le une alle altre.
E’
comunque comprensibile come la coerenza tra ciò che si sostiene
pubblicamente e ciò che poi si mette in pratica, sia facilmente labile
davanti a parcelle da un milione e mezzo di euro. Quei savonesi sono convinti che, anche se il porto e la
torre Margonara saranno approvati con le loro Delibere e le relative
Autorizzazioni, saranno e resteranno una sfida al gusto, alle tradizioni,
alla intelligenza e alla cultura
di un’intera città.
E’ il
pensiero di si rifiuta di inchinarsi ciecamente al genio, come più volte
hanno fatto molti rappresentanti politici con piaggeria tutta provinciale,
dimenticando che il genio non veniva a regalare nulla alla città, ma solo,
chiamato da privati, a stravolgere l’ultimo tratto di paesaggio costiero
savonese ancora illeso.
Di tutto ciò sarà il simbolo o l’icona, lo spillo, il
faro, la lanterna, la torre …il grattacielo di Fuksas. Antonia Briuglia
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