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Istituzioni/ Cosa insegnano le vicende giudiziarie di Napoli e Pescara

Frammentazione corporativa

da gestione del potere

Il nodo della “vocazione maggioritaria” dai Ds, alla Margherita, al Pd

  di Franco Astengo

 


Franco Astengo

Savona- Due importanti episodi hanno animato, proprio in queste ore, la vita politico – istituzionale del nostro Paese, che attraversa un momento particolarmente complesso alle prese con il prepotente ritorno della “questione morale” (se mai il tema potesse essere considerato come passato in secondo piano) e al rinnovo dello scontro tra politica e magistratura, anch’esso comunque atavicamente presente sulla scena del sistema politico italiano.

Siamo costretti ad occuparci di queste cose, pur nella loro piccineria, rispetto ai drammi che sconvolgono lo scenario internazionale: primo fra tutti, ovviamente, il dramma dei palestinesi a Gaza sottoposti ad una brutale invasione da parte di Israele.

Sentiamo, però, il dovere di occuparci anche di queste piccole cose di casa nostra, lanciando ancora una volta l’allarme sulla qualità della democrazia in Italia e sul suo progressivo deteriorarsi.

Dunque, andando per ordine: il Sindaco di Napoli ha deciso di rispondere alla conferma dell’impianto accusatorio nei confronti di alcuni membri della sua giunta, pronunciato dal tribunale del Riesame, con un rimpasto dell’esecutivo, il terzo nel giro di pochi mesi.

Un fatto che avviene in un quadro della realtà delle istituzioni in Campania, a partire dalla Giunta Regionale, che, dalla situazione della criminalità a quella dell’emergenza rifiuti appare scosso nelle fondamenta della credibilità politica.

La decisione del sindaco di Napoli ha suscitato un fortissimo contrasto all’interno del suo stesso partito, il PD, causando anche le dimissioni dello stesso segretario provinciale: mentre dai livelli della direzione nazionale di quel partito, che porta intera la responsabilità del degrado evidente sotto gli occhi di tutti e ormai denunciato da più parti, arrivano soltanto confusi balbettii e la nomina di un commissario nella figura di un senatore piemontese, noto “liberal”, che ha detto subito di “voler studiare la situazione”. Figuriamoci!


Rosa Russo Iervolino

Manca completamente l’analisi di fondo di questo tipo di situazione: manca perché se fosse compiuta adeguatamente le conclusioni sarebbero molto difficili da presentare.

E’ il caso allora di provarci davvero: questo stato di cose nasce dal dato di partenza su cui DS e Margherita hanno assemblato il PD. Il dato relativo alla cosiddetta “vocazione maggioritaria” che, in un partito formato sulla pressoché assoluta preminenza delle presenze di potere istituzionale a livello locale, escludendo la militanza politica come fattore di crescita culturale e sociale, sul modello della riduzione del rapporto tra politica e società come mero dato di potere, non poteva che generare fenomeni di questo tipo catalogabili come espressione di una frammentazione corporativa di gestione del potere.

Frammentazione corporativa considerata, davvero, il “fine” dell’agire politico da parte dei “gestori” dei diversi pezzi di ciò che rimane della soggettività organizzata del partito.

L’altro episodio, cui s’intendeva far cenno, è quello relativo alle “dimissioni – non dimissioni” del Sindaco di Pescara, prima posto agli arresti domiciliari dall’autorità giudiziaria che poi ha revocato il provvedimento, mantenendo però la sostanza dell’impianto accusatorio.

Si tratta di un episodio clamoroso perché rende evidente, sotto gli occhi tutti, quella situazione di arroccamento nella gestione del potere che sembra proprio essere la sola ragione di vita del PD, tra l’altro espressa in una situazione come quella abruzzese, già segnata profondamente dall’emergere della questione morale e contraddistinta, per di più, da un eloquente risultato elettorale registratosi proprio pochi giorni or sono.

La legge sull’elezione diretta del Sindaco dovrebbe, a nostro avviso, essere modificata per casi di questo tipo (come accadde del resto a Savona, tra il 2005 ed il 2006, allorquando il Comune fu retto da un vicesindaco poiché il Sindaco eletto dai cittadini aveva bellamente deciso di andare a ricoprire l’incarico di Assessore Regionale) perché troppo palese appare (nel caso di Pescara poi la strumentalità è evidente e clamorosa) un vero e proprio dato di “stridore istituzionale”, all’interno di un dettato legislativo sorto proprio per affidare agli elettori un intervento più incisivo al riguardo della scelte delle persone chiamate ad amministrare il territorio.

Questi fatti, gravi, accadono mentre dal Governo arrivano segnali inquietanti di attacco alla realtà costituzionale: nel ruolo del Parlamento (pensiamo alla modifica dei regolamenti del Senato), nella distinzione dei poteri ( una certa idea di riforma della Giustizia), nella forma di Governo (il ritorno sulla scena dell’idea presidenzialista).

L’Italia si avvia a trasformarsi in una sorta di regime populista, al centro come alla periferia dove, appunto, quella che dovrebbe essere l’opposizione parlamentare interpreta il proprio ruolo di governo negli Enti Locali come  una sorta di “corporativizzazione del potere”.

La nostra democrazia sta toccando fondali molto bassi: può valere la pena lanciare ancora una volta l’allarme?

Savona, li 6 gennaio 2009                                                         Franco Astengo