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La bolla e i suoi profeti
di Nonna Abelarda

2-A quando il nostro scoppio?

 

Si parlava di speculazioni edilizie e cementificazione, la vera moda del momento. Già tempo fa avevo obiettato, pur da autentica ignorante in materia, che qualcosa non mi tornava proprio...LEGGI...mi suonava falso o debole in tutto questo meccanismo, e che al di là delle devastazioni ambientali, di vantaggi a lungo termine per l’economia non ne vedevo proprio.  

Avevo avvisato che negli USA stava avvenendo qualcosa di simile, una vera e propria bolla immobiliare, ma che secondo molti esperti a breve era destinata a esplodere, con gravi conseguenze sull’economia  globale, a partire dai mercati azionari. Non solo: aggiungevo che, visto che loro sono per così dire il faro, l’avanguardia del sistema, ciò che accade là di solito dopo un po’ arriva qui da noi, e che i nostri fiduciosi speculatori dovevano stare attenti. Quindi, in sostanza, oltre alle ripercussioni della crisi americana in sé, avremmo dovuto beccarci anche una replica della stessa crisi immobiliare in proprio.

Bene, cioè male: ora la bolla a quanto pare è scoppiata. Questa famosa crisi dei mutui di cui si è discusso tanto questa estate è destinata sicuramente a far parlare di sé ancora a lungo, a essere, secondo mio modestissimo parere, solo una spia, un segnale forte di un intero meccanismo che sta scricchiolando. Meccanismo del tutto irrazionale, basato su debito facile, crescita e consumi a ogni costo.


 

Non è che io sia una Cassandra con poteri di chiaroveggenza, ad averlo previsto. Semplicemente, leggiucchio articoli di giornale e cerco di riflettere in proprio, ribadendo, come già detto, che di economia non ne capisco una cippa, ma per certi ragionamenti basterebbero “i conti della serva” e il buon senso di un fittavolo.  

Non occorre aver fatto la Bocconi, anzi, oserei dire che danneggia, alla fin fine, perché ti perdi nei grandi piani e non vedi ciò che hai davanti al naso. In qualche caso, tendi a trasformare in misteriosa conoscenza esoterica ciò che dovrebbe e potrebbe essere alla portata di tutti.

Contrariamente a certi ingessati bocconiani, o a certi nostri pontificatori pieni di importanza, le persone veramente intelligenti e lungimiranti riescono a farsi capire da tutti, e si “abbassano” ad affrontare i problemi concreti.

Joseph Stiglitz, professore alla Columbia, premio Nobel per l’economia, uno che, pensa un po’, ha persino fatto la prefazione al libro di Beppe Grillo “Schiavi moderni” dedicato al precariato, è riuscito nell’impresa disperata di farmi capire qualcosa di questa crisi dei mutui. Nel suo articolo su Repubblica, intitolato “America immersa nei debiti e alla fine la bolla è scoppiata”, accusa Greenspan e certe decisioni irresponsabili, descrivendo l’accaduto e ribadendo che era tutto purtroppo prevedibile.

A seguito della crisi del 2001, e di una politica irresponsabile di Bush basata su sgravi fiscali ai più ricchi, per compensare la Fed era stata costretta ad abbassare i tassi di interesse fino all’uno per cento. Di norma in una economia sana questo fa sì che le aziende e gli imprenditori siano stimolati a nuovi investimenti per il basso costo del denaro; invece, visto che la recessione derivava proprio da un eccesso di investimenti negli anni ’90, questo non è avvenuto. C’è stato un miglioramento economico, sì, ma solo perché le famiglie sono state indotte a indebitarsi sempre di più. In particolare, per la casa, investendo in mutui.

Ma non bastava. Per “rilanciare” ulteriormente l’economia si sono convinte sempre più persone, anche povere, anche prive di garanzie, a stipulare avventurosi contratti  (mutui “subprime” concessi alle categorie meno solvibili) , molto vantaggiosi come condizioni d’ingresso, ma, attenzione, a tasso variabile, quindi soggetti a crescere in caso di prevedibili rialzi del costo del denaro.     

Per fortuna non ci sono cascati in tantissimi, o la crisi adesso sarebbe ancora peggiore.  In qualche caso, poi, i rischi o le perdite connessi con questi mutui sono stati nascosti all’interno di scatole cinesi di società, finanziarie, investimenti vari: per cui la bella sorpresa è che adesso potrebbero essere in tanti a trovarsi con il cerino in mano, anche chi pensa di non entrarci niente,  aver investito in titoli solidi  (alcune “stimate” agenzie truccavano addirittura il rating)  e anche fuori dagli USA.

Dunque, all’inizio, si è osservata una crescita dell’economia, che ispirava all’ottimismo. Si costruivano sempre più case, non per reali bisogni ma per speculazione e investimento, e i prezzi salivano (vi ricorda qualcosa?) Poi, con i prevedibili rialzi dei tassi, molte persone si sono accorte di non poter più far fronte al mutuo. I prezzi delle case sono scesi, e per alcuni ciò ha significato pagare molto più di rateo  rispetto al valore dell’abitazione. Apparentemente, l’economia continuava a crescere, ma andando ad analizzare più a fondo, si vedeva che negli ultimi sei anni aumento di produzione e posti di lavoro erano per i due terzi in relazione con il mercato immobiliare (vi ricorda qualcosa?), perché molti erano costretti a ipotecare o mettere in vendita le case per soddisfare la frenesia di consumo, non avendo altre riserve a disposizione.

Bassi tassi di interesse e bolla immobiliare hanno spinto gli americani a vivere al di sopra dei loro mezzi, rinunciando al risparmio (vi ricorda qualcosa?). Ora, la crisi sta iniziando a esplodere: prezzi degli immobili a picco, gente che non può più far fronte ai mutui, tassi che salgono, specie, stranamente, quelli a breve termine, mercati azionari in subbuglio negativo, banche centrali che partono in difesa, fondi e titoli sotto esame, addirittura Bush che vuole intervenire per aiutare gli insolventi, e non certo per buon cuore, ma solo per tentare di impedire conseguenze ancora peggiori della sua politica dissennata anche in patria, come già non bastassero le sue disastrose guerre. Altro che “piangere sulla spalla di Dio”: se fossi Dio, per parafrasare Primo Levi, respingerei il pianto di Bush.

Vedremo il seguito. Intanto mi pare di aver cominciato a capire perché i palazzoni e le torri sorgano come funghi, una parte del meccanismo che sta dietro. E che, come prevedevo anche solo a senso, non promette niente di buono.

La domanda ora è: quando scoppierà la bolla qui da noi? E quante bolle sono destinate a scoppiare? La bolla di una economia gonfiata e fasulla, con tutti i suoi parassiti, di un sistema basato solo sul denaro in sé, più che sulla produzione di beni e servizi necessari. La bolla dell’edilizia speculativa, certo, ma  poi quella dei container mezzi vuoti, della frutta e verdura cattivi e fuori stagione che vengono da chissà dove e ci propinano al posto dei nostri, dei prodotti cinesi scadenti e pericolosi, del  consumo a tutti i costi, della corsa all’indebitamento delle famiglie, dei prestiti-sirena, del tasso zero e del tasso barbasso, dei beni inutili che ci costringono a comprare, dell’energia ingigantita e sprecata ma prodotta ad altissimo dispendio ambientale, del clima impazzito, dell’acqua privatizzata…

Basta sedersi sulla riva del fiume e aspettare, certo, e prima o poi temo avremo i nostri scoppi. Ma potremmo anche avere la sgradita sorpresa di veder passare noi stessi, su quel famoso fiume, e non coloro che ci hanno ridotti a questi punti, blaterando di sviluppo e crescita.

Non è che possiamo tentare di fare qualcosa per impedirlo, invertire almeno la rotta?

Mica abbiamo tanto tempo. Li vedete, in giro, tutti quei cartelli vendesi e affittasi, su nuovi box e case, e quanto rimangono esposti? Dobbiamo proprio continuare a costruire? Siamo sicuri che alla fine saranno gli speculatori a rimetterci, o non piuttosto tutti noi?

Nonna Abelarda