La maggioranza dei cittadini è contraria, vede come fumo negli occhi questi progetti, però al di là del mugugno, poi, non fa mai niente di concreto, e rivota sempre gli stessi partiti
Case di lusso, perché?

                                      di Nonna Abelarda      versione stampabile

 Mi scuserete se questa volta, nelle mie considerazioni, mi tengo proprio terra terra, ai limiti della sprovvedutezza e ingenuità più totali.

Eppure la semplice domanda mi frulla in testa, e anche se cerco di rispondermi con gli argomenti che più o meno appaiono ovvi, con le questioni tanto dibattute, un banale dubbio, una perplessità, un ronzio nella testa mi rimangono: a cosa servono tutte queste case di lusso, tutta questa cementificazione? Ma soprattutto, chi è che se le compra?

Ora, alla prima domanda si risponde abbastanza agevolmente tirando in ballo intrecci fra politica e affari, speculazioni e così via. Almeno credo. Possiamo anche dibatterne in termini etici, sociali, ambientali, possiamo anche scandalizzarci e non capire come sia stato possibile dare il via a cotanto vistoso scempio, dopo anni e anni in cui l’edilizia, anche quella più utile alla collettività, era praticamente ferma; possiamo lamentare che si distrugga senza battere ciglio un patrimonio di tutti per l’interesse di pochi, proprio quando sembrava ormai assodata una sensibilità ambientale più matura… e via così.

Ci verrà risposto probabilmente (quando ci verrà risposto: in questi ultimi anni l’arroganza della classe politica in genere ha raggiunto livelli spesso intollerabili) che si tratta di dare un volto nuovo e moderno alla città, che non si può fermare il progresso (ma quale? Quello di mostruosità che in paesi più civili sono già state accantonate da decenni?), che così si incentiva la ripresa economica (questa me la dovrebbero spiegare: nessuno gli ha mai parlato di sviluppo sostenibile?), o, al più, che si tratta di accordi già presi in precedenza, sui quali gli attuali amministratori hanno scarsa voce in capitolo (anche questa me la devono spiegare, e soprattutto, la dovrebbero dimostrare).

E va bene. La maggioranza dei cittadini è contraria, vede come fumo negli occhi questi progetti,  però al di là del mugugno, poi, non fa mai niente di concreto, e rivota sempre gli stessi partiti. A questo punto, arguisco, hanno ragione loro ad andare avanti così e dire che hanno il consenso. E purtroppo, etica, ecologia e lungimiranza e belle filosofie lasciano il tempo che trovano, e la tendenza appare generale.

Del resto, il mondo politico dall’ambito locale a quello nazionale  è sempre più autoreferente e autogiustificante, come  se il parere degli elettori non contasse per niente. Tendenza esasperata dall’ultima legge elettorale per cui gli eletti in parlamento sono stati scelti dai partiti, non dai cittadini, e per l’appunto ai partiti rispondono, una volta sbrigata la pura formalità dell’elezione.

Ma torniamo alle nostre casette, e tiriamo giù due numeri,  facendo, come si dice, i conti della serva.

Immaginiamo che i soldi che girano in partenza, i soldi per costruire, ci siano, in quanto l’imprenditoria, locale e non, preferisce immobilizzare capitali nell’edilizia, nella rendita sicura del mattone, anziché investirli in nuove attività che diano, quelle sì, occupazione e sviluppo. E va bene: loro diritto, se qualcuno glielo permette e li approva anziché cercare di scoraggiare la pura speculazione e incentivare iniziative più dinamiche.

D’altra parte è un fenomeno diffuso nei paesi occidentali, specie in USA, a quanto pare, quello della bolla edilizia, per cui è un’onda lunga che arriva anche da noi. Siccome di macroeconomia e flussi di capitali ne capisco tanto quanto di cinese mandarino, non discuto.

Si potrebbe, al massimo, obiettare che le vaste dimensioni e l’iter superveloce di alcuni progetti destano perplessità, laddove altre costruzioni pubbliche e private restano a metà per anni e anni.

Ma non voglio credere all’idea di soldi sospetti da riciclare in fretta, col rischio di ricadere in paranoie sulle quali non ho evidenze concrete. Per quanto, in almeno un caso, quello dei box di Celle, qualche dubbio sia emerso.

Veniamo di nuovo alle nostre casette, e passiamo alla seconda domanda: chi le compra? Facendo un rapido raffronto fra la situazione economica del savonese, i redditi dichiarati, la tipologia di popolazione, e il numero di case nuove in vendita, ma soprattutto, il loro prezzo, i conti non tornano un gran che. Aggiungiamo pure  un certo numero di persone con alta redditività sommersa e quindi non evidente, ma siamo ben lontani dal raggiungere il pareggio, se contiamo anche Margonara, Crescent e via scempiando, tenendo conto poi che mica tutte queste persone intendano comprar casa sul mare per forza.

Mettiamo un certo numero di superricchi che si comprano diversi alloggi come investimento e magari intendono affittarli come casa o ufficio. (Immagino gli affitti: di certo, accessibilissimi ai più. ) Mettiamo un po’ di gente danarosa da fuori, fra investimento e seconde case; per quanto, anche qui, tutti ‘sti milanesi o torinesi interessati proprio a Savona e al futuro traffico congestionatissimo del lungomare, sia pure contando la presenza del nuovo (e altrettanto devastante) megaporticciolo, non ce li vedo più di tanto.

Insomma, alla fin fine, dobbiamo pensare a megaspeculazioni di dubbia natura anche nella fase acquisto, oppure aspettarci di vedere a lungo case e box in perenne vendita, come già accaduto per il matitino e per altri edifici, palazzi non extralusso in città e vicinanze, completati da un pezzo, che vedo ancora mezzi vuoti?

Sarebbe il colmo, no?  Violare e distruggere l’ambiente, irreparabilmente, per niente.

Ah, tra parentesi: dicono che la bolla edilizia speculativa americana si stia già sgonfiando, con esiti catastrofici. Siccome ciò che accade là, con qualche ritardo, accade anche qua, i nostri sagaci speculatori sono avvisati. Ma questo non sarebbe poi di  grande consolazione per nessuno, a scempio ormai avvenuto.

     Nonna Abelarda