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Stragi quotidiane 

di Maglio Domenico

 

Perché si muore sul lavoro? O meglio perché non si può lavorare senza morire? E come fare per ridurre queste stragi quotidiane? Se riuscissimo a rispondere a queste domande con sincerità, senza propagandare inutilmente la difesa dei lavoratori che vengono tirati da una parte e dall’altra alla ricerca del loro consenso, forse potremmo mettere in piedi qualche rimedio concreto per arginare i lutti di molte famiglie, incolpevolmente stritolate dalla ricerca di salari di pura sopravvivenza, e pertanto costrette ad accettare qualsiasi occupazione pur di sbarcare il lunario.

E’ proprio vero, oramai le cifre sono quelle di una guerra, e non si esagera a dire che sarà senza fine e in crescita esponenziale se non si porrà rimedio a quanto sta avvenendo.

Di fronte a tutti questi gravi incidenti, a queste tragedie, chi scrive rimane come tutti colpito e profondamente scosso, ma francamente non sorpreso per quanto sta accadendo, e proprio l’esperienza maturata nella vita di cantiere porta a trarre alcune considerazioni, una premessa e qualche possibile soluzione, ovviamente tutta da verificare nella sua possibile fattibilità.

La premessa.

Durante la campagna elettorale per le ultime elezioni che hanno portato il centro sinistra a conquistare il governo Regionale, il gran via vai di candidati presenti nel dedalo di liste offerte agli elettori, si dibatteva tra raddoppi stradali, sanità, territorio, porti, ma nessuno ne a destra ne a sinistra (basta andarsi a rivedere gli innumerevoli depliant distribuiti a pioggia) affrontava il problema della sicurezza sul lavoro, a parte alcune frasi di circostanza assolutamente demagogiche peraltro identiche sia a destra che a sinistra, e questo la dice lunga sulle differenze tra i due schieramenti, che vorrei trattare se possibile in un altro articolo.

Il sottoscritto, allora nei DS, scrisse una lunga lettera a Nino Miceli, persona assolutamente rispettabile e impegnata su più fronti elettorali, quello Regionale e quello della segretaria Provinciale DS. 

La lettera in questione datata 13 maggio 2005 - allegata a questo articolo - conteneva un appello  tutt’ora valido, proprio per la sicurezza sul lavoro, che al sottoscritto pareva fosse un tema fortemente sottovalutato, sia dalla destra ma soprattutto dalla sinistra creando dubbi, senso di malcontento e una sensazione di smarrimento ideologico.

Il senso di quella lettera porta in se l’affermazione “…io l’avevo detto…” e non da alcuna soddisfazione, ma serve a sottolineare che già in tempi non sospetti la preoccupazione era palpabile, ma a quella lettera non c’è mai stata risposta e questo non toglie certamente il sonno, ma sulla questione sicurezza non si batte un colpo decente e invece questo è preoccupante.

Le considerazioni.

Va bene protestare, va bene indignarsi, ma alle parole dovrebbe seguire concretezza, attualmente quanto mai flebile se non del tutto assente; neppure gli accorati appelli del Presidente Napolitano hanno fin’ora avuto un accoglimento esaustivo. E dire che alla sua elezione qualcuno ha gridato “…E’ uno di loro….!!”. Forse è vero, anzi lo è senz’altro, ma parrebbe uno dei tanti “loro” ai quali non si da ascolto.

Un primo passo fatto recentemente dal Ministro del Lavoro è un inizio importante e positivo ma non credo risolverà il problema, dato che la soluzione non è soltanto bloccare i cantieri non in regola, che riaprono come se nulla fosse dopo qualche giorno nelle stesse condizioni, ma è provare a sradicare il fenomeno in espansione.

L’INAIL rende periodicamente pubblici i dati tragici sugli incidenti sul lavoro, ma sono dati reali? Corrispondono veramente a ciò che succede sul posto di lavoro? Certamente no, perché in quelle cifre mancano tutti gli incidenti non denunciati da chi offre lavoro non regolare.

Quindi il fenomeno è molto più vasto di quanto appare e bisogna prender atto che i dati veri non si sapranno mai. Questo però non significa arrendersi per contrastare la strage quotidiana verso la quale credo tutti quanti dovremmo vergognarci un po’ con la nostra spesso generalizzata superficialità.

Le proposte 

La prima cosa da fare a mio modo di vedere non può che essere il mettere mano alle legislazioni vigenti, a partire dalle normative sui lavori Pubblici e sui loro regolamenti attuativi, già abbastanza completi ma da rivedere in alcuni punti fondamentali, sia per quanto riguarda l’aggiudicazione degli appalti che per quanto riguarda le responsabilità dei vari soggetti interessati alle progettazioni nelle loro fasi conseguenti.

Se partiamo dall’assunto che le Imprese ricevono una quota economica per eseguire il lavoro loro affidato in sicurezza, bisogna che in modo intransigente questa sicurezza venga resa operativa, indipendente dalla catena dei sub appalti che a cascata si mettono in moto.

Lo scopo unico dell’Impresa, di qualunque impresa, è il profitto massimo raggiungibile, e questo è comprensibile se si lascia da parte per ora le discussioni sul capitalismo, la sua evoluzione e tutto quello che ne deriva; ma questo profitto non può passare sopra a tutti e a tutti, bisogna che le responsabilità siano ben definite e non soggette a intorpidimento nascosto tra cavilli e letture diverse degli articoli di legge, gli avvocati ci sguazzano in tutto questo. Se si vuole veramente colpire la tragicità degli incidenti sul lavoro bisogna allo stesso tempo fare prevenzione in modo serio e non formale, ma colpire in ciò che di più caro hanno coloro che rincorrono al profitto sfrenato, infischiandosene se si lavora in condizioni decenti o meno. Colpire il lato economico quindi, ma non solo dell’ultimo povero artigiano alla fine della catena del sub-sub-sub appalto, ma in risalita colpendo tutti quelli che sono sopra di lui, fino ad arrivare alla prima società appaltatrice, cancellando dal primo all’ultimo dagli albi professionali coloro che dovevano controllare, sradicandoli dai loro uffici dove hanno concepito Piani di Sicurezza senza neppure vedere i cantieri, azzerandogli anche tutte le contribuzioni versate se necessario, escludendo le Imprese e i soci delle stesse, dalla capo cordata all’ultima, da ogni altra possibilità di partecipazione, e chi ne ha più ne metta.

Ovviamente sono solo esempi abbastanza forti e provocatori, ma servono per mettere in evidenza che se si vuole fare si può.

Ma si tratta di fare delle scelte politiche, e ad oggi, con le ultime esternazioni del Presidente di Confindustria, condivise ahimè da buona parte della sedicente sinistra dell’esecutivo, non credo che l’attuale governo in carica sia in grado di fare granchè, altrimenti alle prossime elezioni i voti dove li vanno a prendere, visto che dai lavoratori ne prenderanno ben pochi?

  Maglio Domenico

 

Sulla sicurezza sul lavoro, tempo fa avevo scritto al compagno Miceli

Caro compagno Miceli,                                       Finale Ligure  13.3.05 

Ti scrivo queste poche righe che in parte ribadiscono quanto ti avevo già accennato in altre occasioni, non so se te ne ricordi visto i molteplici impegni che hai in questo periodo, e che mi auguro avrai anche in misura maggiore in futuro...CONTINUA