FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi

ANDATE A CASA, NANI

Sono sempre più convinta che il buon senso sia sovversivo ma forse la cosa va detta diversamente: è la politica ad essere “non senso”, di quello dozzinale, fatto di piccinerie intrecciate intendiamoci. Già, perché c’è anche un  nonsense alto, fatto per altri palati.
Il nostro “assurdo” di bassa lega non riesce nemmeno a fare rabbia, perché alla fin fine non sapresti con chi prendertela. Non perché non vi siano colpevoli ma perché la colpa viene sminuzzata in una serie di piccoli gesti, nessuno di per sé determinante, compiuti da piccoli uomini, ragni di microtessiture, indegni di mobilitazione emozionale. Se ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, ditemi quale sacro fuoco possono accendere questi nostri politici affetti da traffichismo tatticismo e mediocrità?  

Farò come Samantha, che ogni volta “invita” su Trucioli qualche buon cantautore:“andate a casa nani, toglietevi davanti: per la mia rabbia enorme mi servono giganti”.

 Se, per insistere su un tema per me fondamentale, l’Italia vede negata quella laicità, che  altrove costituisce un “sine qua non” della dimensione pubblica, con chi ce la dovremmo prendere? Con Clementone Mastella, che reca ancora negli occhi il terrore di quella volta che, nella “sua”  Maddaloni, il confessore gli  disse a bruciapelo (ma non bruciavizio?) che a fare certe cose si rischia di diventare ciechi?

E passi per la cecità, ma quando poi il curato rincarò: “e non essere eletti”’, l’imprinting fu irreversibile. O con Pierino Fassino, che se non è diventato cieco, ha rischiato che gli occhi gli disorbitassero e certe lezioni si imparano. Ah, se si imparano! Ora  non gli resta che sfogliare la margherita: dico non dico, famiglio non famiglio…L’importante è non dire mai quello che si pensa e, per evitare rischi, non pensare affatto. Farsi pensare dal contesto. Così, l’importante è non farsi mai beccare con in mano l’ultimo petalo della margherita: usare infiorescenze autorigeneranti come le code delle lucertole.

 O ce la dovremmo prendere con Francesco Rutelli Palombelli, un tempo giacobino che, passando per Roma, ha scoperto le godurie del fare il chierichetto?


Sarà un destino, ma questi nostri eroi “cognomano” tutti al diminutivo, assieme a Casini e Fini (sia detto per la par condicio).

L’unico che “sbolacca” è Berlusconi e non per niente è un comunicatore.

Anche Prodi ha un nome eroico, il problema è che quello che dice “avanti” i “suoi prodi” li dovrebbe avere al seguito e non essere quello che da il comando, fa la carica e fa la testa d’ariete. Rischia di prendere una capocciata nel primo muro che gli capita e belle che esaurite le risorse nazionali!

Ma secondo voi, anche a livello amministrativo, dove sembra che le cose  avvengano sotto i nostri occhi e all’assessore possiamo perfino allungare una mano e dargli un buffetto sulla guancia, si individua mai il responsabile di qualcosa?

 Non esiste il responsabile, in nulla.

 E se qualcuno pretende che si materializzi un cristo di uno che debba rispondere di un caspita di cosa, scordatevelo. Vi troverete dinanzi a un insieme di rimandi, di piccoli atti, piccoli passaggi che non inchiodano mai nessuno se non voi.

 Piccoli passaggi ignobili ma, ciascuno per sé, non abbastanza: il male è dell’insieme ma dell’insieme non risponde nessuno  né nessuno si sente colpevole.

 E quando  il responsabile c’è, ha provveduto a legare a sé tutti coloro che dovrebbero esercitare un controllo su di lui, a condizionarli, a fargli trovare tanti begli scheletri pronti nell’armadio, e custoditi amorevolmente. La catena dell’irresponsabilità vista dall’altra parte è la catena della ricattabilità, esattamente come una salita vista dall’altra parte è una discesa (grande Pippo!).

  Così i funzionari delle amministrazioni, i capisettore,  le dirigenze varie (tali perché sponsorizzati politicamente  e MAI per merito) instaurano il loro governo ombra, che nessun politico metterà mai in dubbio e nessun cittadino potrà punire elettoralmente.

  Per non parlare delle sabbie mobili del rinvio.

Buon senso, si diceva?

Andate un po’ in una residenza protetta a dire che bisogna prevenire l’emergenza calore dotandosi di impianto di condizionamento! Andateci! O che bisogna che i vetri siano puliti. Andateci!

Comincerà la danza macabra dei rimandi: mi impegno a dirlo a costui che lo dirà a colui che lo dirà a colei che…e tutto il mondo resta in attesa di una “soluzione finale”.

Verrà agosto e non ci sarà quella dotazione di moderato condizionamento che l’ASL stessa, che ora ciurla nel manico, ha scritto nero su bianco tra le misure da prendersi in un pieghevole che va diffondendo tra noi comuni ragionevoli mortali. Cornuti e mazziati
Lei lo dice e lei lo nega ma non esplicitamente: ci vuole del coraggio ad essere espliciti!

 Magari ci prova a dire che la termoregolazione fa male ma puoi incastrarla se  tiri fuori il pieghevole.

Nega con l’irresolutezza con il rinvio con l’ignavia col prendere tempo col tirare a campare, confidando sulla nostra stanchezza, sulla nostra distrazione, sul fatto che siamo deboli. Sul fatto che siamo soli. Sul fatto che i donchisciotte prima o poi incontrano i loro mulini a vento. E in fondo in fondo, così distanti dalla realtà, sono sempre ridicoli.

 Intanto arrivano gli agosti uno dopo l’altro: gli anziani boccheggiano, uno dopo l’altro, ma, a guardare dal vetro, è sempre inverno, c’è sempre nebbia e si è sempre in Val Padana. Anche nella Riviera delle Palme .

  E che dire di un Centro Igiene Mentale spostato da una zona raggiungibile, felicemente ubicata nel centro urbano e abituale per i pazienti,  a un’altra decentrata, spedalizzata ed estranea? Alla faccia di tutti i protocolli!

Alla faccia dei sanitari!

Alla faccia dei parenti!

Alla faccia del fatidico ingombrantissimo inopportuno buon senso!

E se vai a lamentarti ti dicono che in realtà sono i medici che mettono su i parenti perché non vogliono spostarsi, le astute canaglie.

 Che caspita di argomento è?

Anche se fosse vero non è a questo che si deve rispondere perché non è questo che ti si sta dicendo:devi rispondere che per un malato di mente è meglio essere spostato lassù: questo devi avere il coraggio di dirmi, signor Dirigente!

Della dietrologia non so proprio che farmene.

Purtroppo invece, evidentemente, si è abituati ad argomentare così. 

Eppure lo spostamento si farà anche se i capi dell’ASL, messi alle strette, hanno riconosciuto che la cosa è deprecabile.

E si farà per la solita  serie di piccoli  atti idioti che non sto qui a declinarvi uno per uno, compiuti da vari ed eventuali: ASL, Dirigenti, Comune ecc. ciascuno di questi atti è insensato ma nessuno di per sé mostruoso, né chi lo compie si sente per questo malvagio, anzi riesce perfino a esibire motivazioni di gamba corta, alibi.  Alla fine, l’insieme rappresenta la vera vittoria della malattia mentale,  ma non quella dei pazienti quanto quella del “sistema” a cui vorremmo poter dare dei nomi e dei cognomi e non solo dei maledetti stipendi. 

E potrei riempire pagine e pagine di episodi simili, che con la loro somma fanno ambiente.

Ahimé, il nostro.

  Quando Hannah Arendt parlava della banalità del male si riferiva ovviamente a una situazione estrema (lo sterminio hitleriano) e che va distinta da ogni altra peggiore ma il principio che individuava è valido per ogni tipo di manifestazione del “male”, anche quello che appare assai meno mostruoso, tanto da stentare a farsi riconoscere, forse solo per la nostra  assuefazione.

La spirale dell’ingiusto e dell’insensatezza che ci rende preda di dirigenze incompetenti e opportuniste.

E se qualcuno per caso, ha il coraggio di dire un “no”, magari licenziarsi da un ruolo importante e remunerativo, magari sbattere la porta,magari agire per motivi “etici” lo si azzanna alle caviglie (nel senso che lo si attacca sul personale, lo si denigra, lo si calunnia: più in alto delle caviglie non si arriva): è lui ad essere sbagliato e l’invidia del formicaio verso chi  non si fa formica fa la sua parte. 

Dateci dunque un antagonista (non intendo certo Hitler né Mussolini, beninteso) da poter guardare in faccia e magari, la dico grossa, da poter “detestare”, da poter fare segno di indignazione, riprovazione, sdegno. Un nemico che comunque esista e si esponga alle nostre battaglie con contrastante dignità.

 Ma questo formicaio del negativo ci rende impotenti e disperati. Di una altrettanto piccola, insensata, frustrante disperazione.  

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