Anche Savona ha #cambiatoverso. Ma in quale direzione?
Anche Savona ha #cambiatoverso.
Ma in quale direzione?
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Anche Savona ha #cambiatoverso.
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““La nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica, ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana. È in campo una forza che si propone di dare al Paese, finalmente, una nuova guida. Si riapre una speranza, si può tornare a pensare il futuro. Questa grande forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e politiche riformatrici del Paese, si pone il compito di mobilitare le energie e i valori del nostro popolo per rimettere questo Paese in cammino. Bisogna fare un’Italia nuova…. ….Il superamento della crisi della politica può essere perseguito solo attraverso la promozione di una nuova classe dirigente e un rinnovamento delle sue forme di selezione che stabilisca un rapporto più diretto e costante fra la politica e la società, riduca i privilegi impropri della dirigenza politica e la elefantiasi degli organismi istituzionali….” ” Questi sono alcuni passaggi tratti dalla carta dei valori del PD, del Febbraio 2008. Io sono uno di quelli che ha aspettato il PD con ansia e speranza. E, oggi, la mia delusione è ancora superiore alla speranza di ieri. Voglio provare a raccontare la mia storia, per cercare, in modo non polemico, anche se di parte, di capire cosa sta accadendo, che cosa sta determinando una sfiducia così generalizzata nella politica e in chi la fa. Io sono un “malato di politica”, ma in questa politica non riesco più né a trovarmi né, tantomeno, a praticarla. Posso pensare di essere un fesso o un disadattato, politicamente parlando, ma trovo intorno a me che le schiere dei fessi o dei disadattati politici si ingrossano, ogni giorno. “Mal comune, mezzo gaudio”? Ho fatto politica attiva e militante molti anni fa. Nella FGCI e nel PCI, diventandone anche “funzionario”, come si diceva allora. La politica è stata fino al 1992 un lavoro per me. Un lavoro particolare, in un partito particolare. Cui devo molto per la formazione che mi ha dato. Da quell’anno, nel quale si cominciò un processo di riduzione drastica dell’”apparato” del PDS, succeduto al PCI, ho iniziato un mio percorso professionale che, di anno in anno, si è allontanato progressivamente da quel mondo, sino a consentirmi esperienze manageriali in gruppi privati del tutto al di fuori da logiche di provenienza e appartenenza politica. Durante quel percorso, nel 1994, quando ero assessore al Comune di Albisola Superiore della giunta che diede il la alla nuova stagione di governo del centro sinistra, fui indagato e poi prosciolto in istruttoria, senza andare a processo, per “finanziamento illecito dei partiti”, per aver rivestito negli anni 90 e 91 la funzione di Presidente della cooperativa che si occupava della raccolta pubblicitaria per le Feste dell’Unità, che tutti ricordano a Savona per la loro importanza e spettacolarità. Offrii subito le mie dimissioni al Consiglio Comunale, che le respinse, ma nel 1995 non mi ricandidai. Chiudendo per sempre la mia esperienza amministrativa albisolese. Non mi iscrissi più ad alcun partito successivo al PDS dal 2000 in poi. Persi contatti e interessi per quel mondo e quell’ambiente, pur rimanendo amico di molti dirigenti e militanti e pur coltivando, del tutto privatamente, la mia passione politica. Nel 2005, con sorpresa, ricevetti l’invito, da parte dell’allora Presidente della Amministrazione Provinciale, a partecipare ad un gruppo di lavoro che veniva costituito dalla Provincia e che metteva insieme persone attinte dal mondo delle professioni e dell’economia alle quali veniva richiesto un contributo di idee e di proposte per supportare l’azione della amministrazione pubblica. Fu Marco Bertolotto in persona che mi venne a cercare, negli uffici della Gf Group nei quali lavoravo come direttore delle risorse umane del gruppo, per propormi la partecipazione. Restai colpito da quell’invito, interpretandolo come un segnale di apertura della politica, una dichiarazione di non autosufficienza. Che apprezzai e condivisi. Anche perché mi era capitato negli anni prima, incontrando anche casualmente vecchi amici e “compagni” ancora dirigenti di partito, di chiedere loro ragione della impermeabilità del partito a contributi esterni che persone come me, inserite nel mondo economico, con lo stesso orientamento politico, ma fuori da qualsivoglia logica interna, avrebbero potuto portare alla elaborazione programmatica del partito. Marco Bertolotto
Su questo punto mi sia permesso un breve flash back, per raccontare un episodio che considero molto significativo. Dal 1996 al 1998 fui direttore della Galleria Commerciale del “Gabbiano” di Savona. Come a tutti noto il “Gabbiano” è un centro commerciale promosso dal gruppo Coop Liguria. All’indomani della apertura, avvenuta nel marzo del 1996, si pose la questione delle aperture domenicali. Si scatenò una battaglia contro questa prerogativa, che sarebbe valsa per tutti, non certo solo il centro commerciale, da parte delle associazioni dei commercianti di Savona, sia la Confcommercio, che la Confesercenti. In quegli anni Savona era governata da una Giunta di centro destra e il Sindaco era Francesco Gervasio, un ex dirigente della Ferrania 3M. L’elezione di Gervasio avvenne nel 1994 e fu un trauma vero per la sinistra savonese e per il PDS in particolare. Il centro destra capì con intelligenza che si presentava l’occasione e candidò Gervasio, uomo lontano dalla politica, integerrimo e stimato. Chi contribuì in modo decisivo alla elezione di Gervasio furono proprio i commercianti, con l’Ascom in prima fila. Quando il “Gabbiano” e la Coop posero la questione della apertura domenicale, quindi, ci si sarebbe aspettata una chiusura dal Comune e dal Sindaco. Invece Gervasio appoggiò quella richiesta. Mi trovai con lui, un pomeriggio in quei momenti, e gli espressi il mio compiacimento e la mia sorpresa per la sua decisione, che lo poneva in contrasto con la sua base elettorale principale. Mi rispose, con un sorriso sereno, “caro Becce, dopo questo mandato finisco il mio impegno politico. Questa è una istanza giusta, serve per rinnovare Savona e la sua rete commerciale. Per questo la condivido e mi importa poco se i miei elettori si arrabbiano….”. Francesco Gervasio
Una lezione che ricordo bene. Una scelta che cominciò a cambiare Savona e di cui hanno beneficiato i successori di Gervasio. Una scelta che credo sia stata possibile anche grazie alla “temporaneità” che Gervasio aveva dato al suo impegno. Ecco, memore di quella esperienza, salutai la chiamata di Bertolotto come la speranza di una nuova fase di dialogo tra la politica e il contesto sociale. Quel gruppo si riunì più volte, con riunioni a tema. Non produsse decisioni, come era sin dall’inizio statuito, ma sviluppò discussioni e confronti su temi di particolare interesse per l’economia provinciale. Discussioni che, nelle intenzioni del promotore, sarebbero servite per istruire le decisioni dell’ente, avvalendosi di punti di vista non condizionati dall’appartenenza. Nel 2007 nacque “Polis”, una associazione che intendeva contribuire alla nascita del PD. “Polis” nacque anche per iniziativa di diverse persone che, qualche mese prima, avevano cominciato ad assumere posizioni pubbliche (la più significativa fu la cosiddetta “lettera dei 38”, dal numero dei firmatari) su temi quali la selezione dei gruppi dirigenti, a cominciare dai criteri e i percorsi che avrebbero condotto all’individuazione del candidato sindaco della città. Si chiedeva trasparenza nelle scelte e coinvolgimento della città. Era l’anno delle prime “primarie” del centro sinistra (l’Ulivo), che videro una straordinaria partecipazione popolare e un vero e proprio plebiscito per Romano Prodi. Quando il Pd nacque, nel febbraio del 2008, alcuni di noi, pur decidendo l’adesione al nuovo partito, proposero di continuare l’esperienza associativa, che avrebbe potuto rappresentare una sede dalla quale continuare a promuovere confronti, idee, discussioni, anche coinvolgendo persone che non si sentivano di aderire da subito al PD. L’idea non passò e noi, colpevolmente con il senno di poi, non insistemmo. Sempre in quegli anni, nel 2007, mi fu chiesto dalla Provincia la disponibilità a entrare nel cda di Acts, insieme a due altri esponenti del mondo delle professioni, Paolo Marson, che fu invece indicato dal Comune di Savona e Maurizio Maricone. Tornerò in prossimi interventi su quella esperienza. Non fu quello di Acts un caso isolato. Sembrò infatti che la scelta di coinvolgere le professionalità nella esperienza amministrativa sia diretta che nelle società partecipate fosse definitiva e irreversibile. A Vice Sindaco di Savona, ad esempio più eclatante, fu chiamato un giovane e importante Avvocato amministrativista. Nel 2011, alle elezioni per il Comune di Savona, il Sindaco promosse una lista civica, ricca di esponenti del mondo economico e delle professioni, che ottenne un risultato lusinghiero e fu in larga parte coinvolta negli esordi dell’esperienza renziana, alla prima “Leopolda”. Che è rimasto di tutto questo? Poco o nulla. Se parlate con moltissime di quelle persone coinvolte in quella fase, riscontrate delusione e disincanto. Quasi tutti si sono trovati, a poco a poco, ma inesorabilmente, trascinati in contesti e situazioni molto lontane dalle loro aspirazioni e dalle motivazioni con cui, a volte anche con sacrificio personale, avevano accettato di essere coinvolte nella gestione della cosa pubblica. E’ avanzato inesorabilmente un nuovo processo di chiusura della politica e del PD che è ben testimoniato dallo insterilirsi della esperienza delle primarie, che ne sono sempre più una rappresentazione dei conflitti interni, lo strumento con cui un partito senza una identità definita ha deciso di risolvere la propria dialettica interna . Ora qui la sociologia insegna molto, laddove una delle sue regole fondamentali, un postulato, mette in relazione direttamente l’ostilità percepita da una comunità con la sua chiusura verso l’esterno (Collins). Credo che questa rappresentazione “scientifica” sia molto vicina alla realtà. Ad una crescente insofferenza della popolazione verso la politica e i politici, che si manifesta con la evidente disaffezione al voto e all’impegno, la politica risponde chiudendosi e ripiegando su se stessa. Non trovo un altro modo per commentare il brusco cambio di rotta cui abbiamo assistito anche a Savona, che ha portato a azzerare quel criterio che aveva guidato molte azioni che ho descritto nel primo decennio degli anni 2000. Ma se non fosse corretta la mia analisi e questo cambiamento non rispondesse a quella lettura, allora bisognerebbe spiegare perché questo cambiamento sia stato attuato. Sulla base di quale valutazione dei risultati che quella apertura produsse. Ciò non è stata fatto; a volte si sono eluse le domande al riguardo, semplicemente rispondendo difendendo i meccanismi formali di nomina che nessuno ha mai posto in dubbio essere, formalmente appunto, ineccepibili. Tra l’altro chi fa domande così, non intende alludere a chissà quali complotti o disegni criminosi. Non è il nemico, anche se certe reazioni danno la percezione di essere considerato tale. Semplicemente, chi pone queste domande, vuole sapere perché chi opera in un partito che si assegna il compito di riconnettere il paese con la politica e le istituzioni aprendosi alla società, stia, mi pare, facendo l’esatto contrario.
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