NO!

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una mostra su cui riflettere al Priamar

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una mostra su cui riflettere al Priamar 

 Arriva anche a Savona la mostra fotografica di Riccardo Venturi contro il dramma degli incidenti sul lavoro (5 ottobre, alle ore 16,30 al Priamar).

É una iniziativa ANMIL e INAIL, che vuole mettere in evidenza gli esiti drammatici degli infortuni.

Infortuni che spesso travolgono e squassano la vita di quanti ne sono vittima sia direttamente che indirettamente: pensiamo al calvario medico-clinico dell’infortunato -quando non ci rimette la vita che all’angoscia e al senso di precarietà profonda che si materializza nelle famiglie.

 L’Università di Padova -in collaborazione con l’ANMIL- ha recentemente pubblicato un interessante studio sui disturbi emozionali dopo un infortunio sul lavoro.

Questa ricerca molto complessa e assolutamente innovativa per il tema e la metodologia utilizzata, a cura delle dr.sse Buodo, Ghisi, Munafò, Novara e Palomba, induce a riflessioni importanti in questo campo. Vediamone alcuni stralci significativi.

Le vittime di un infortunio lavorativo presentano, con buona predittività statistica, una elevata sintomatologia post-traumatica che spesso si accompagna a depressione, ansia e frequenti preoccupazioni, che possono spesso sfociare in un quadro diagnostico collocabile nel disturbo da stress post-traumatico.

Risultano anche evidenti conseguenze sul piano cognitivo: difficoltà attentive, una ridotta capacità di concentrazione, una minore flessibilità nel passaggio da un compito ad un altro, una interferenza specifica nei contenuti legati all’incidente sulla capacità di mantenere l’attenzione focalizzata su un compito.

La depressione, che sia ansiosa o post-traumatica, rende difficile non lasciarsi distrarre da stimoli che ricordano l’incidente e possono interferire pesantemente con l’attenzione e la concentrazione necessarie a eseguire compiti anche semplici.

Questo studio dunque concentra l’attenzione su un aspetto assai importante: l’incidente

lavoristico non solo può causare danni organici e funzionali irreversibili all’infortunato, ma incide profondamente anche quando gli esiti non sono organicamente gravi. Quando infatti è possibile il ritorno al lavoro questo non viene vissuto e svolto con la serenità ovvero con la attenzione che era possibile mettervi prima dell’incidente.1 

Perchè questo studio e qual è la sua importanza?

E cosa c’entra tutto questo con la mostra al Priamar?

È evidente che gli esiti degli infortuni non possono essere limitati alla constatazione del danno biologico, poiché è prevedibile un danno psichico.

Che questi danni non devono essere esclusivo e pesante patrimonio dell’infortunato (e della sua famiglia) e degli Istituti che oggi ne hanno il compito elettivo.

Che il rischio di infortuni può e deve essere prevenuto utilizzando e adeguandosi alla normativa in essere, e che questo compito non appartiene soltanto al “mondo del lavoro”, ma può realizzarsi anche attraverso una acculturazione specifica che sia patrimonio anche delle fasce giovanili, ancorchè oggi appaiano purtroppo ancora distanti dall’esperienza lavorativa.

Ci sia permesso fare una nota a margine: la pesante deframmentazione del mondo del lavoro, la sua precarietà e addirittura la sua “invisibilità” ha reso sempre più difficile la gestione del conflitto che sino a qualche decennio fa era patrimonio e campo d’esercizio pressocchè esclusivo delle agenzie preposte (sindacati e associazioni datoriali).

Questo ha significato un innalzamento progressivo ed allarmante delle cause che approdano nelle aule di tribunale. Sono sempre più numerose quelle relative al mobbing o al bossing, oppure alle condizioni lavorative in genere (sono di questi primi mesi dell’anno le inchieste portate avanti dalla procura di Torino e dall’attento dr. Guariniello sulla applicazione di parti del TU 81/08 relative all’obbligo della rilevazione dello stress nel posto di lavoro e delle inadempienze da parte di grandi Aziende).

Spesso è più facile per un lavoratore del settore pubblico portare avanti una vertenza poiché si sente maggiormente tutelato rispetto a quello che opera nel settore privato. Ma il continuo e progressivo ricorso alla esternalizzazione di settori di competenza introduce sacche inaspettate (per l’entità e la specificità) di lavoro precario, e quindi difficilmente tutelato anche nell’ambito pubblico.

Tutto questo ha un doppio costo sociale: il primo è quello relativo ad un impoverimento complessivo della società che viene agito attraverso un depauperamento degli ambiti di diritto, il secondo che quando il lavoratore diventa “merce deperibile” questo effetto non solo ha ricadute “personali” ma “collettive”, con enormi costi dei quali anche il più sfrenato modello capitalistico deve tener conto. 

Patrizia Turchi

1Permetteteci una digressione un po’ strana…..
Spesso, per semplicità di processo mentale, tutti noi agiamo un codifica, attraverso una sequenza lineare, dei fatti che accadono attorno a noi.
Cioè a dire: Accade B perchè si è verificato A.
Quando implementiamo questa decodifica e la arricchiamo possiamo arrivare ad un processo lineare secondo cui in una situazione A può verificarsi un evento B che a sua volta causerà C.
Difficilmente chiudiamo la decodifica producendo una chiusura circolare (per comodità la chiamiamo feed-back) del processo: C a sua volta avrà effetti nella situazione A 

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