Se a parlare di lavoro è Mattarella, è la sinistra ad aver perso la voce (e il senso del reale)
Se a parlare di lavoro è Mattarella, è la sinistra ad aver perso la voce (e il senso del reale)
Quando è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a dover “strigliare” la politica sull’emergenza lavoro, a pochi giorni dal Primo Maggio, vuol dire che qualcosa – anzi, molto – si è rotto. È toccato a lui, nella visita all’azienda BSP Pharmaceuticals di Latina, ricordare ciò che un tempo era il pane quotidiano della sinistra e dei sindacati: che i salari reali in Italia sono inferiori a quelli del 2008, che tante famiglie non reggono più il peso del carovita e che il lavoro non può più essere ciò che conduce alla povertà.
Eppure, mentre il Capo dello Stato lanciava il suo appello alla dignità del lavoro, il silenzio assordante di certi ambienti progressisti e sindacali era più eloquente di mille parole. Forse erano impegnati in qualche convegno sull’identità fluida o nel prossimo presidio arcobaleno. Perché la realtà, per quanto dura da accettare, è questa: la sinistra ha abbandonato il lavoro come bandiera politica prioritaria, sostituendolo con le battaglie dell’agenda woke, l’accoglienza indiscriminata, e le infinite declinazioni del politicamente corretto.

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Il risultato?
Mentre in Francia i salari crescono, in Germania aumentano del 15% rispetto al 2008, in Italia crollano dell’8,7%. Ma non c’è tempo per affrontare questa emergenza. Troppo presi a combattere il patriarcato negli armadi scolastici o a dibattere sul linguaggio di genere nei contratti.
E i sindacati? Intrappolati in liturgie novecentesche, continuano a ripetere il copione della concertazione, incapaci di comprendere la rivoluzione epocale del mondo del lavoro: flessibilità incontrollata, algoritmi, finte partite IVA, contratti pirata, e intelligenza artificiale che rimpiazza l’uomo. Di fronte a questo terremoto, CGIL, CISL e UIL sembrano carri armati con le ruote sgonfie, in marcia verso un Primo Maggio rituale, sterile, stanco.
Mattarella ha parlato anche del calo demografico legato ai salari da fame, dell’emigrazione giovanile che impoverisce il capitale umano del Paese, e del fatto che in Italia si lavora e si resta poveri. Ma non sono forse questi i temi su cui dovrebbe accanirsi la sinistra, invece di costruire cattedrali teoriche su concetti che la stragrande maggioranza dei lavoratori nemmeno comprende?
La verità è che il Presidente ha fatto quello che altri non fanno più: ha ricordato che la Repubblica è fondata sul lavoro. Ma se la politica lo dimentica, e se le forze che un tempo difendevano il lavoro oggi sembrano più preoccupate di come si coniugano i pronomi, allora sì, l’Italia ha davvero un problema. Anzi, una grande questione nazionale, come ha detto Mattarella. E purtroppo, chi dovrebbe affrontarla ha voltato lo sguardo altrove.