Donald Trump: l’uomo, il mito, l’acconciatura

C’è chi nella vita lascia un segno, chi un’orma, e poi c’è Donald J. Trump, che ha lasciato una scia. Di tweet. In maiuscolo.

Nato con una paletta d’oro in mano, The Donald si è costruito una carriera su tre pilastri fondamentali: reality show, grattacieli con il suo nome scritto più grande del regolamento edilizio, e la convinzione incrollabile di essere il migliore in tutto, anche nei campi in cui non ha mai messo piede (tipo la diplomazia).

Il Presidente più arancione della storia americana
Trump è stato il 45° presidente degli Stati Uniti, ma il primo nella storia a sembrare uscito da una puntata di Saturday Night Live… durante tutta la sua presidenza. Con uno stile comunicativo a metà tra uno zio al pranzo di Natale e un influencer bloccato negli anni ’80, ha riscritto le regole della politica americana: perché leggere report quando puoi guardare Fox News? Perché fare una conferenza stampa quando puoi twittare alle 3 del mattino “COVFEFE”?

Costruire muri, abbattere certezze
Trump ha cercato di costruire un muro con il Messico, ma ha finito per dividerlo anche dentro casa sua. Il suo talento? Prendere questioni complesse e ridurle a slogan da cappellino: “Make America Great Again”, come se bastasse una visiera rossa per tornare agli anni ’50 (quelli dei jukebox, non dei diritti civili negati, ma dettagli).

PUBBLICITA’

Il suo rapporto con la verità è sempre stato creativo: per lui i fact-checker erano dei simpatici hater da ignorare. Le pandemie? Un raffreddore con un ufficio stampa. La giustizia? Un fastidioso contrattempo tra una partita a golf e una convention.

Un patriota… di sé stesso
Più che Presidente degli Stati Uniti, Trump è stato Presidente della Trump Tower di sé stesso: una nazione di marmo, specchi e tappeti pacchiani. Ha gestito la Casa Bianca come una filiale del suo brand, con licenziamenti in diretta stile The Apprentice (“You’re fired!”) e conferenze stampa dove il protagonista era sempre e solo uno: lui.

E ora… rieccolo
Contro ogni previsione, contro i sondaggi, contro la logica, e forse anche contro la grammatica, Trump è tornato alla Casa Bianca. Il sequel che nessuno aveva chiesto, ma che tutti temevano, è realtà. Più che un secondo mandato, sembra la seconda stagione di una serie trash di cui ormai conosciamo a memoria le battute.

E noi europei, italiani in particolare, che spesso ridiamo delle eccentricità americane, faremo bene a non alzare troppo il sopracciglio: perché in fondo, anche da noi il populismo ama vestirsi da commedia. Solo che da noi, invece del cappellino rosso, si preferisce il mojito in spiaggia.
Nel frattempo, mentre noi commentiamo, The Donald rialza i dazi su acciaio, auto e prodotti manifatturieri. Il “Buy American” torna a picchiare duro – e l’Italia, con la sua economia già traballante, rischia di rimetterci più di qualche parmigiano. Altro che alleato: Trump è tornato, e ha portato con sé il conto. Salato. E rigorosamente americano.

T.S.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.