BIOPOLITICA Le pensioni ed il risanamento Analisi semiseria
di GIULIO MAGNO
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Chiunque si prenda la briga di leggere in questi giorni gli articoli di stampa sulla situazione politica italiana, rimarrà sopraffatto dal numero di interventi autorevoli in favore di una azione di governo forte sulle pensioni, sul pubblico impiego, sulla scuola e la sanità.
Il primo nodo, soprattutto, a parte un editoriale[1] recente sul Corriere della Sera sul licenziamento degli statali invocato in polemica con i sindacati, tiene banco oramai da parecchi giorni.
La scelta di un Paese come il nostro, non certamente virtuoso dal punto di vista della gestione delle finanze pubbliche, in ordine alle condizioni minime necessarie per poter andare in pensione, pone problemi di non poco conto, sui quali però si fa fatica a capire e a giudicare quindi l’operato dei nostri eletti (o come direbbe Grillo, dipendenti).
Offrirò perciò alcuni elementi che, presi qua e là, seriamente e non, aiutano però a completare un quadro sin qui molto frammentato, magari anche con un sorriso.
Si dice che la popolazione italiana sia vecchia, e che l’onda lunga dei pensionandi finirà inevitabilmente per travolgerci, facendo vacillare il già precario equilibrio dei nostri conti pubblici. (vedo già legioni di canuti invadere le spiagge ed i luoghi di villeggiatura, mostrando compiaciuti i segni esteriori del loro opulento benessere, sconosciuto ai più giovani). Ma l’invecchiamento è un problema di tutto l’Occidente: gli altri come fanno?
Si aggiunge che il cosiddetto “patto generazionale” rischi di venire meno: in altre parole i giovani che lavorano pagano le pensioni a quelli che non lo fanno più, e questo gioco potrebbe anche non essere più praticabile. (meglio smetterla del tutto, come stiamo facendo: chi ha iniziato a lavorare dopo il 2001 vedrà la propria pensione legata all’andamento dei relativi fondi di investimento, e chi conosce la Borsa sa che c’è poco da fidarsi. E addio liquidazione, che diventa l’investimento nel fondo!)
La vita si è allungata, e le aspettative crescono, perciò bisogna diminuire i cd. coefficienti, che servono a calcolare la pensione da percepire in funzione di un rapporto con la retribuzione lavorativa: diminuendo i coefficienti, la pensione scende, a parità di contributi pagati. Però, se i giovani non sono ancora scesi in piazza ad incendiare qualcosa, o a fare picchetti davanti alle sedi istituzionali è anche perché ci sono le pensioni dei vecchi a tappare i buchi dei loro precari (e magrissimi) bilanci. Chiedete a Padoa-Schioppa se non ha pagato lui il master al Mit di Boston al figlio…a già, lui non è ancora in pensione! Aspettiamo ancora dieci anni, quando gli attuali ultrasettantenni cominceranno a lasciarci…poi parliamo di coefficienti.
Un Paese che permette un’evasione fiscale del 25 per cento del proprio Pil, nel 2006, non può definirsi civile, è quindi necessario che si metta all’ordine del giorno l’unica mossa eticamente ed economicamente giustificabile, vale a dire l’aumento esponenziale delle pene per chi non rispetta il patto con gli altri consociati, sancito dalla Costituzione. Con contestuale diminuzione delle aliquote di prelievo. E abolizione del segreto bancario…
È vero che la vita si è allungata, soprattutto per le donne: le signore campano molto di più degli uomini, circa sette anni e mezzo in media, dicono le statistiche. Il che vuol dire che alcune possono anche raddoppiare. Siete mai stati davanti ad un cimitero? Escono uomini o donne, per la maggior parte? Qui la parità tra i sessi non si invoca da parte di nessuno? Quote azzurre, no?!?
Pensateci, voi politici, visto che oggi i mariti si occupano dei figli molto più che in passato: le donne devono lavorare più a lungo degli uomini, anche perché così non si lasciano andare alla tentazione di trasformarsi prima del dovuto in nonne esteticamente trascurate, trasandate. Il doversi recare al lavoro resta per esse una benedizione per la loro longevità, il loro look. Con apprezzabili ricadute positive per i consumi interni.
Dovremo dotarci di reparti di assistenza sanitaria presso ogni struttura lavorativa sopra i quindici dipendenti: spostando in là l’età pensionabile, moltitudini di ultrasettantenni popoleranno gli uffici, i luoghi di produzione, e ci sarà il rischio concreto di decedere in servizio. Meglio prevenire. Nasceranno postazioni di lavoro con accessoristica dedicata, come il treppiede incorporato per la flebo di cardiotonico, o il computer con sfigmomanometro incorporato (la pressione, per chi non si intende di medicina), o forse divisioni di produzione specializzate nelle esequie aziendali, cioè interne all’azienda. Ma, si obbietterà, non vi saranno costi aggiuntivi?
Sì, perciò, sotto i quindici dipendenti si fa la colletta…come con l’articolo 18!
Alla prossima settimana
[1] Editoriale che mostra come l’autore non conosca compiutamente la realtà lavorativa dei dipendenti ministeriali
Giulio Magno