RIFLESSIONI SUL “CASO LIGURIA”
PERCHE’ LA SINISTRA HA FALLITO
![]() |
Le brevi note che
seguiranno rappresentano un semplice
aggiornamento di un testo scritto in precedenza
alle elezioni regionali del
2005: ho pensato di procedere in
questo modo, anche su invito
di alcune compagne e compagni
interessati, valutando come vi siano punti
fondamentali al riguardo dei quali non si è
verificato alcun progresso, mentre altre
situazioni sono cambiate e di conseguenza
risultano meritevoli di un supplemento di
riflessione. Il tutto naturalmente soltanto per favorire l'avvio di un dibattito, considerata la necessaria, estrema, stringatezza utilizzata in questa occasione. |
Manterrei per buona
l'impostazione complessivamente fornita al testo
di cinque anni fa
abbandonando, per così dire, il filone,
dell'elenco della spesa, delle cose da fare(come
faranno molti nel tentativo di formulare
programmi dotati di una certa organicità) e mi
cimenterei (con una buona dose di presunzione,
beninteso, considerate le mie modeste capacità
intellettuali) a cercare di individuare alcuni
nodi strategici di fondo, ravvisabili sul piano
politico e – forse – trasformabili in progetti
compiuti. La prima
operazione che è necessario compiere, infatti, è
quella della riconoscibilità dei tratti
specifici della situazione ligure, a partire
dalla situazione economica.
Tratti specifici tali da
consentirci di definire la fase che la
Liguria sta attraversando come quella
di una fase di transizione, “post
– maturità”.
L'attenzione che si deve
porre a questo stato di cose deve, quindi,
essere prioritariamente rivolta a far sì che la
fase di transizione assuma connotati tali da
consentire la formazione di una “identità”.
E' difficile, ovviamente,
parlare di identità della
Liguria, le cui caratteristiche di
sviluppo economico e sociale si sono sempre
raccolte e definite attorno a quelle del
capoluogo, non a caso indicato da tempo come “Genova
– città regione”: eppure di
questo deve trattarsi.
Appare innegabile, anche
se molti tendono a nascondere la polvere sotto
il tappeto, che la nostra Regione sia ancora
sotto i colpi subiti nella fase della
deindustrializzazione, che possiamo ben
considerare come una sconfitta
(fase di deindustrializzazione nel corso
della quale sono anche intervenuti i fattori più
generali della crisi finanziaria ed economica
globale, vista anche nei suoi tratti particolari
della specificità italiana: in un Paese privo di
siderurgia, chimica, elettronica, agroalimentare
e dove il processo di dismissione dell'industria
pubblica ha dato origine a fenomeni
profondissimi di corruzione politica,
probabilmente ancora più gravi di quelli
generati dal fenomeno della speculazione
edilizia, pur così presente nella nostra
Regione. Va ricordato, ancora una volta, come il
fenomeno della corruzione politica abbia avuto,
in
Liguria, uno dei suoi tratti
fondativi, nel 1983 con il
“caso Teardo” originato proprio
dall'intreccio
deindustrializzazione/speculazione edilizia).
Ecco su questo punto credo
si possano ben ribadire posizioni portate avanti
da tempo, tanto più che i vantati progetti
d'innovazione non sono complessivamente
decollati e questa
appare come la questione centrale da
affrontare. Il tema della
deindustrializzazione ha profondamente inciso
sulla particolare concentrazione economico –
produttiva che si era, storicamente, creata
nell'area centrale ligure ed ha prodotto
rilevanti fenomeni di auto – sperimentazione nel
cambiamento dello stesso tessuto economico –
produttivo, in una direzione che l'insieme delle
forze istituzionali, imprenditoriali, sindacali
non sono state in grado di vedere con
sufficiente lucidità.
A questo dato si è
aggiunta la scarsa capacità programmatoria degli
Enti Locali, ed in particolare della
Regione, che ha finito con
l'intrecciare ai problemi derivanti dal processo
di deindustrializzazione, anche problemi legati
alla qualità delle infrastrutture ed al
disordine urbanistico. Disordine
urbanistico che è proseguito, ad onta dei
vantati meccanismi programmatori messi in campo
dall'Assessorato in questione: giudizi pesanti,
sotto questo aspetto, sono stati formulati a
tutti i livelli, comprese autorevolissime sedi
nazionali e questo ci pare il miglior biglietto
di presentazione per la nostra aspra posizione
critica, che intendiamo presentare in questa
sede.
Per questo motivo
riteniamo ci si debba fortemente preoccupare
quando è indicato, quale modello di superamento
della fase, il modello espresso da alcune
amministrazioni comunali, che hanno ripiegato su
speculazione edilizia e turismo:
programmi di corto respiro, che mettono in moto
meccanismi corporativi di gruppo o di settore,
insufficienti a proporre un futuro.
Esiste, sul piano
nazionale ed europeo, una grande questione ed è
quella della ripresa, in
Italia, di una struttura produttiva
adeguata all'innovazione tecnologica ed alla
globalizzazione dei mercati: l'Italia, rischia
in questo senso di finire nell'angolo, priva di
una propria strategia industriale, tagliata
fuori dai grandi processi di cambiamento.
Questo nodo, del tutto
decisivo, non si risolverà affidandoci allo
spontaneismo dell'iniziativa privata
e ad un improbabile rilancio del “made
in Italy”.
La questione andrà
affrontata soltanto attraverso una ripresa della
programmazione dell'economia da parte della mano
pubblica, nell'ambito di un forte impegno
europeo, tale da far riprendere una possibilità
di presenza del nostro Paese nei settori
fondamentali, compresi quelli incautamente
giudicati obsoleti come la siderurgia o la
chimica di base ed approntando un grande piano
di ristrutturazione e risanamento delle
infrastrutture, in particolare viarie e
ferroviarie, non limitandoci, in questo senso a
qualche tratta di
Alta Velocità, buona per gli spot
televisivi.
La
Liguria deve essere parte di questo
progetto di ripresa dell'intervento pubblico in
economia e di recupero di presenza produttiva: è
questo il vero punto possibile di unificazione
di un progetto, in grado di affrontare i punti
salienti della disarticolazione della realtà
economico – sociale della nostra
Regione
L'iniziativa delle forza
trasformatrici deve, quindi, accompagnarsi alla
ricerca di scelte estremamente nette, che
affondino le proprie radici in una chiara idea
di progetto di cambiamento del tutto alternativo
a quanto fin qui prodotto dalle nostre
Istituzioni Regionali, per un diverso
governo dell'economia e della società. Questa breve
analisi di carattere generale si conclude con un
punto fermo: quello del rilancio di una ipotesi
di programmazione quale linea di fondo, per
informare alcune linee – guida da portare
all'attenzione generale. I punti
specifici sui quali lavorare sono:
a) l'integrazione del
tessuto economico e produttivo della
Liguria, in una dimensione sovra –
regionale ed Europea, attraverso una proposta di
re-industrializzazione, collocata sui confini
più avanzati dell'innovazione tecnologica;
b) L'adozione di una
multipolarità nei centri di sviluppo affrontando
il nodo del ruolo svolto, in questo senso da
Genova – città – regione, tema da
sviluppare, in particolare, pensando all'entrata
in vigore della modifica al Titolo V della
Costituzione in tema di “Città
Metropolitana”; c) affrontare il
tema dell'integrazione portuale, in una
prospettiva di sviluppo dei settori commerciali;
d) progettare un piano di
ristrutturazione delle infrastrutture, sia
viarie che ferroviarie, non limitate alla
Città Metropolitana
( si veda la dibattuta questione della
cosiddetta “gronda”)ed
al “Terzo
Valico”: il tema
dell'allargamento dell'aeroporto di
Genova e dell'utilizzo in questo
senso delle aree liberata dal ciclo a caldo
dell'acciaieria di
Cornigliano può essere intesa
soltanto in una direzione di “valenza”
regionale;
e) proporre una visione
unitaria, sul piano regionale, della difesa
dell'ambiente, dello sviluppo dell'entroterra,
di un modello di rapporto costa/entroterra
equilibrato: un modello da
verificare e costruire con il sistema
degli Enti Locali, che dovranno poi gestirlo
autonomamente attraverso il rapporto con le
diverse, specifiche, sensibilità presenti sul
territorio. Esistono poi temi sui quali
stabilire un rapporto fattivo, sul piano
progettuale, tra Regione ed Enti Locali, come
quello dell'acqua come bene comune di cui va
assolutamente evitata la privatizzazione; la
ricerca sul piano delle energie alternative; l'affrontamento
del problema dello smaltimento dei rifiuti in
una visione unitaria per quel che riguarda le
quattro province;
f) una grande attenzione
andrà prestata ai temi sociali, in una
Regione dove la crescita dell'età
media
ha dimostrato di rappresentare un
fenomeno non passeggero; dove i giovani dovranno
trovare adeguate occasioni di studio e
l'immigrazione assume aspetti particolari (come
ad esempio, il tipo di immigrazione legata
proprio alla crescita della “nostra” età media).
Accanto a questo è il tema dell'immigrazione
che, nella specifica realtà ligure, deve
rappresentare terreno per una politica
specifica, mirata alle particolarità che
presenta.
Questi elementi debbono
costituire le coordinate fondamentali di un
contributo concreto che va portato nella
direzione di costruire una vera e propria “kulturkampf”
della quale sentiamo tutti il bisogno.
Il giudizio su questi 5
anni di governo del centrosinistra non può che
essere negativo, ed è negativo anche il giudizio
dell'esperienza fatta dai partiti della
cosiddetta
“sinistra radicale”, all'interno
della giunta, dove si è verificata , il più
delle volte, una mancata espressione di
posizioni, allorquando queste non soltanto
dovevano essere espresse, ma anche difese con
grande forza.
L'obiettivo, a questo
punto, per una sinistra che vuole essere
conseguente ad una idea di trasformazione della
realtà economica, sociale, culturale, della
Liguria, deve essere quello di
condurre un appassionato lavoro di sintesi e di
proposta da portare avanti in assoluta autonomia
rispetto ad una pregiudiziale di continuità con
la Giunta Regionale uscente e di “schema
obbligato” di alleanze: servono
capacità progettuale e forza di autonomia
politica. Savona, 30
ottobre 2009 Franco Astengo
|