TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
RIFLESSIONI SUL “CASO LIGURIA”
PERCHE’ LA SINISTRA HA FALLITO di Franco
Astengo Le brevi
note che seguiranno rappresentano un semplice aggiornamento di un testo
scritto in precedenza alle elezioni regionali del 2005: ho
pensato di procedere in questo modo, anche su invito di alcune
compagne e compagni interessati, valutando come vi siano punti
fondamentali al riguardo dei quali non si è verificato alcun progresso,
mentre altre situazioni sono cambiate e di conseguenza risultano
meritevoli di un supplemento di riflessione. Il tutto
naturalmente soltanto per favorire l'avvio di un dibattito, considerata
la necessaria, estrema, stringatezza utilizzata in questa occasione. Manterrei
per buona l'impostazione complessivamente fornita al testo di cinque
anni fa abbandonando, per così dire, il filone, dell'elenco
della spesa, delle cose da fare(come faranno molti nel tentativo di
formulare programmi dotati di una certa organicità) e mi cimenterei (con
una buona dose di presunzione, beninteso, considerate le mie modeste
capacità intellettuali) a cercare di individuare alcuni nodi strategici
di fondo, ravvisabili sul piano politico e – forse – trasformabili in
progetti compiuti. La prima
operazione che è necessario compiere, infatti, è quella della
riconoscibilità dei tratti specifici della situazione ligure, a partire
dalla situazione economica. Tratti
specifici tali da consentirci di definire la fase che la Liguria
sta attraversando come quella di una fase di transizione, “post –
maturità”.
L'attenzione che si deve porre a questo stato di cose deve, quindi,
essere prioritariamente rivolta a far sì che la fase di transizione
assuma connotati tali da consentire la formazione di una “identità”. E'
difficile, ovviamente, parlare di identità della Liguria, le cui
caratteristiche di sviluppo economico e sociale si sono sempre raccolte
e definite attorno a quelle del capoluogo, non a caso indicato da tempo
come “Genova – città regione”: eppure di questo deve
trattarsi. Appare
innegabile, anche se molti tendono a nascondere la polvere sotto il
tappeto, che la nostra Regione sia ancora sotto i colpi subiti nella
fase della deindustrializzazione, che possiamo ben considerare come una
sconfitta (fase di deindustrializzazione nel corso della quale
sono anche intervenuti i fattori più generali della crisi finanziaria ed
economica globale, vista anche nei suoi tratti particolari della
specificità italiana: in un Paese privo di siderurgia, chimica,
elettronica, agroalimentare e dove il processo di dismissione
dell'industria pubblica ha dato origine a fenomeni profondissimi di
corruzione politica, probabilmente ancora più gravi di quelli generati
dal fenomeno della speculazione edilizia, pur così presente nella nostra
Regione. Va ricordato, ancora una volta, come il fenomeno della
corruzione politica abbia avuto, in Liguria, uno dei suoi tratti
fondativi, nel 1983 con il “caso Teardo” originato proprio
dall'intreccio deindustrializzazione/speculazione edilizia). Ecco su
questo punto credo si possano ben ribadire posizioni portate avanti da
tempo, tanto più che i vantati progetti d'innovazione non sono
complessivamente decollati e questa appare come la questione
centrale da affrontare. Il tema
della deindustrializzazione ha profondamente inciso sulla particolare
concentrazione economico – produttiva che si era, storicamente, creata
nell'area centrale ligure ed ha prodotto rilevanti fenomeni di auto –
sperimentazione nel cambiamento dello stesso tessuto economico –
produttivo, in una direzione che l'insieme delle forze istituzionali,
imprenditoriali, sindacali non sono state in grado di vedere con
sufficiente lucidità. A questo
dato si è aggiunta la scarsa capacità programmatoria degli Enti
Locali, ed in particolare della Regione, che ha finito con
l'intrecciare ai problemi derivanti dal processo di
deindustrializzazione, anche problemi legati alla qualità delle
infrastrutture ed al disordine urbanistico. Disordine
urbanistico che è proseguito, ad onta dei vantati meccanismi
programmatori messi in campo dall'Assessorato in questione: giudizi
pesanti, sotto questo aspetto, sono stati formulati a tutti i livelli,
comprese autorevolissime sedi nazionali e questo ci pare il miglior
biglietto di presentazione per la nostra aspra posizione critica, che
intendiamo presentare in questa sede. Per
questo motivo riteniamo ci si debba fortemente preoccupare quando è
indicato, quale modello di superamento della fase, il modello espresso
da alcune amministrazioni comunali, che hanno ripiegato su
speculazione edilizia e turismo: programmi di corto respiro, che
mettono in moto meccanismi corporativi di gruppo o di settore,
insufficienti a proporre un futuro. Esiste,
sul piano nazionale ed europeo, una grande questione ed è quella della
ripresa, in Italia, di una struttura produttiva adeguata
all'innovazione tecnologica ed alla globalizzazione dei mercati:
l'Italia, rischia in questo senso di finire nell'angolo, priva di una
propria strategia industriale, tagliata fuori dai grandi processi di
cambiamento. Questo
nodo, del tutto decisivo, non si risolverà affidandoci allo spontaneismo
dell'iniziativa privata e ad un improbabile rilancio del “made
in Italy”. La
questione andrà affrontata soltanto attraverso una ripresa della
programmazione dell'economia da parte della mano pubblica, nell'ambito
di un forte impegno europeo, tale da far riprendere una possibilità di
presenza del nostro Paese nei settori fondamentali, compresi quelli
incautamente giudicati obsoleti come la siderurgia o la chimica di base
ed approntando un grande piano di ristrutturazione e risanamento delle
infrastrutture, in particolare viarie e ferroviarie, non limitandoci, in
questo senso a qualche tratta di Alta Velocità, buona per gli
spot televisivi. La
Liguria deve essere parte di questo progetto di ripresa
dell'intervento pubblico in economia e di recupero di presenza
produttiva: è questo il vero punto possibile di unificazione di un
progetto, in grado di affrontare i punti salienti della disarticolazione
della realtà economico – sociale della nostra Regione
L'iniziativa delle forza trasformatrici deve, quindi, accompagnarsi alla
ricerca di scelte estremamente nette, che affondino le proprie radici in
una chiara idea di progetto di cambiamento del tutto alternativo a
quanto fin qui prodotto dalle nostre Istituzioni Regionali, per
un diverso governo dell'economia e della società. Questa
breve analisi di carattere generale si conclude con un punto fermo:
quello del rilancio di una ipotesi di programmazione quale linea di
fondo, per informare alcune linee – guida da portare all'attenzione
generale. I punti
specifici sui quali lavorare sono: a)
l'integrazione del tessuto economico e produttivo della Liguria,
in una dimensione sovra – regionale ed Europea, attraverso una proposta
di re-industrializzazione, collocata sui confini più avanzati
dell'innovazione tecnologica; b)
L'adozione di una multipolarità nei centri di sviluppo affrontando il
nodo del ruolo svolto, in questo senso da Genova – città –
regione, tema da sviluppare, in particolare, pensando all'entrata in
vigore della modifica al Titolo V della Costituzione in tema di “Città
Metropolitana”; c)
affrontare il tema dell'integrazione portuale, in una prospettiva di
sviluppo dei settori commerciali; d)
progettare un piano di ristrutturazione delle infrastrutture, sia viarie
che ferroviarie, non limitate alla Città Metropolitana ( si
veda la dibattuta questione della cosiddetta “gronda”)ed
al “Terzo Valico”: il tema dell'allargamento
dell'aeroporto di Genova e dell'utilizzo in questo senso delle
aree liberata dal ciclo a caldo dell'acciaieria di Cornigliano
può essere intesa soltanto in una direzione di “valenza” regionale; e)
proporre una visione unitaria, sul piano regionale, della difesa
dell'ambiente, dello sviluppo dell'entroterra, di un modello di rapporto
costa/entroterra equilibrato: un modello da verificare e costruire
con il sistema degli Enti Locali, che dovranno poi gestirlo
autonomamente attraverso il rapporto con le diverse, specifiche,
sensibilità presenti sul territorio. Esistono poi temi sui quali
stabilire un rapporto fattivo, sul piano progettuale, tra Regione ed
Enti Locali, come quello dell'acqua come bene comune di cui va
assolutamente evitata la privatizzazione; la ricerca sul piano delle
energie alternative; l'affrontamento del problema dello smaltimento dei
rifiuti in una visione unitaria per quel che riguarda le quattro
province; f) una
grande attenzione andrà prestata ai temi sociali, in una Regione
dove la crescita dell'età media ha dimostrato di
rappresentare un fenomeno non passeggero; dove i giovani dovranno
trovare adeguate occasioni di studio e l'immigrazione assume aspetti
particolari (come ad esempio, il tipo di immigrazione legata proprio
alla crescita della “nostra” età media). Accanto a questo è il tema
dell'immigrazione che, nella specifica realtà ligure, deve rappresentare
terreno per una politica specifica, mirata alle particolarità che
presenta. Questi
elementi debbono costituire le coordinate fondamentali di un contributo
concreto che va portato nella direzione di costruire una vera e propria
“kulturkampf” della quale sentiamo tutti il bisogno. Il
giudizio su questi 5 anni di governo del centrosinistra non può che
essere negativo, ed è negativo anche il giudizio dell'esperienza fatta
dai partiti della cosiddetta “sinistra radicale”,
all'interno della giunta, dove si è verificata , il più delle volte, una
mancata espressione di posizioni, allorquando queste non soltanto
dovevano essere espresse, ma anche difese con grande forza.
L'obiettivo, a questo punto, per una sinistra che vuole essere
conseguente ad una idea di trasformazione della realtà economica,
sociale, culturale, della Liguria, deve essere quello di condurre
un appassionato lavoro di sintesi e di proposta da portare avanti in
assoluta autonomia rispetto ad una pregiudiziale di continuità con la
Giunta Regionale uscente e di “schema obbligato” di
alleanze: servono capacità progettuale e forza di autonomia politica. Savona,
30 ottobre 2009
Franco Astengo
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