![]() versione stampabile SCUDO FISCALE E SANATORIA MULTE
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![]() Marco Giacinto Pellifroni |
Sui provvedimenti del governo per il
rientro di capitali dall’estero e per una sanatoria di vecchie
multe c’è una pioggia di critiche e anatemi. Non mi unirò qui al
coro, facendo riferimento a quanto già scrissi nel mio articolo
su Trucioli del 30 novembre scorso, dal titolo “Dei delitti,
delle pene e del perdono”. “…ritengo che una misura di grande sollievo per molte famiglie e single indebitati verso lo Stato e i suoi satelliti, che ne esigono il pagamento attraverso l’esazione coatta (Equitalia), sarebbe quella di azzerare almeno gli interessi di mora e tutta la ridda di penali accessorie che aggravano ogni bolletta morosa. |
Esattamente
come fece il passato governo Berlusconi, col
tanto criticato condono. Lo stesso dicasi per
tutte le cause tuttora in corso per reati minori
soggetti all’indulto: che senso ha svolgerle, in
Tribunali oberati da enormi arretrati, sapendo
che si concluderanno con un’assoluzione” e con
l’ulteriore spesa di avvocati da parte dei
debitori? Ora ripropongo lo spirito di
quell’articolo, di cui ho sopra riportato una
parte significativa, per quanto riguarda le
multe (che crescono a ritmi usurari se non
pagate entro i termini) e anche per lo scudo
fiscale. Per giustificare questo atteggiamento
contrario agli strilli di tutta l’opposizione,
ritengo sia necessario tentare di esaminare le
cause all’origine dei fenomeni, nell’uno e
nell’altro caso.
c)
enti pubblici, banche e
utilities
hanno ormai carta bianca nel procedere a
pignoramenti, sequestri e persino custodie
cautelari in carcere per chi sgarra. Chi ha
l’agio di pagare le multe entro i termini non
conosce l’angoscia di milioni di italiani che
hanno la sventura di finire nella morsa di
sanzioni che non riescono a pagare. Le misure
proposte da qualsiasi governo per alleviare le
pene per infrazioni non gravi non possono che
essere salutate con sollievo e senso di umana
solidarietà, anche in ragione della diffusa
iniquità delle sanzioni.
Scudo fiscale: qui c’è da chiedersi come mai c’è questa tendenza a far espatriare i propri soldi. Sia chiaro che non mi riferisco a denaro guadagnato illecitamente e che ora verrebbe riciclato legalmente. Mi riferisco a quegli imprenditori che non trovano giusto né morale pagare di tasse più di un ragionevole 30%, come ebbe a dire anni fa lo stesso Berlusconi. Quando i prelievi fiscali e contributivi sono iugulatori, è fisiologico che si cerchi di eluderli. È lo stesso motivo per cui stanno vistosamente diminuendo i lavoratori dipendenti e cresce il plotone dei precari e delle partite Iva forzate: se voi foste un imprenditore, e constataste che, per 100 che date a un dipendente dovete sborsare 220, non sareste tentati di offrire ai prossimi aspiranti lavoratori un impiego a termine o un inquadramento autonomo, che vi costa infinitamente meno? |
![]() Un mondo che NON vogliamo, fatto di poveri e poliziotti. |
Ma torniamo agli utili
aziendali. Se questi vengono gravati di tasse
almeno doppie di quel 30% suaccennato, chiunque
cercherebbe di eluderne una parte e metterla al
sicuro dalle persecuzioni che uno Stato
sperperone mette in atto per spolpare i
contribuenti fino all’osso. Lo Stato oggi non fa
che rimediare in parte a tutti i soldi che ha
risucchiato dal mondo del lavoro, con un minimo
aggravio sui capitali di ritorno. L’errore non è tanto nello
scudo fiscale, che è solo una conseguenza
dell’avidità dello Stato, che in questo modo
implicitamente la riconosce; l’errore sta semmai
nel continuare con pervicacia a distogliere
annualmente decine di miliardi in favore di una
banca centrale alla quale NON sono dovuti,
strangolando il popolo pur di essere ligio a
questo suo presunto dovere (“le banche
innanzitutto”!). |
Pur nel guazzabuglio di
cifre che periodicamente i media ci comunicano,
spesso con notevoli divari tra loro, leggo sul
Secolo XIX di un recente discorso di Mario
Draghi, che giudica esorbitante il disavanzo
dello Stato, con un rapporto deficit/Pil di “ben
lo 0,48%” al netto
degli interessi sul debito pubblico,
“mentre in precedenza non aveva mai superato lo
0,42%”. Orbene, se pensiamo che l’attuale
rapporto è del 9,3%,
al lordo degli interessi
sul debito, ci
rendiamo conto di quale sia la fetta
spropositata che opprime i conti dello Stato a
causa di detti interessi, ossia della voce che
sino allo scorso anno ha portato il bilancio
statale da avanzo in disavanzo (insomma da conti
in nero, attivi, a conti in rosso, passivi) e
quest’anno da un modesto a un esorbitante
disavanzo. Si noti che l’odierno disavanzo è
dovuto, più che alle uscite statali (la voce
deficit al numeratore), pur cresciute nonostante
il netto calo del tasso di sconto, alla drastica
diminuzione del Pil (che sta al denominatore). In conclusione, se
togliessimo gli interessi sul debito, lo Stato
italiano sarebbe oggi quasi in attivo, ossia in
avanzo (come lo è stato fino al 2008), e
riuscirebbe a far fronte a tutte le spese
correnti e alle infrastrutture; mentre le
esigenze di cassa e quindi le tasse sarebbero
enormemente inferiori, e i capitali avrebbero
minori motivi per espatriare e sottrarsi alla
morsa del fisco. E forse anche le multe
verrebbero comminate in minor misura da enti
meno famelici; e sarebbero pagate senza mora da
contribuenti meno dissanguati. Del resto, che evasione e
corruzione dei pubblici funzionari siano
proporzionali agli importi delle tasse è un
fatto arcinoto. E l’apparato inquisitorio e
poliziesco meglio sarebbe impegnato, anziché a
tallonare imprese e cittadini, a stroncare la
droga dilagante a prezzi sempre più abbordabili
anche dai giovanissimi, con una popolazione
dipendente valutata in oltre un milione e un
giro d’affari di cento miliardi –esentasse- in
mano alla criminalità organizzata, che oggi
spaccia a prezzi calanti, puntando sui volumi di
vendite. Di fronte a scenari così allarmanti,
anche per la tanto declamata sicurezza civica,
come stupirsi che il cittadino col fiato sul
collo di mille controllori, distolti dalla lotta
alle varie mafie, si senta, come suol dirsi,
“cornuto e mazziato”?
http://www.truciolisavonesi.it/articoli/numero178/pellifroni.htm
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