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IL TRIONFO DELLA MENZOGNA
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Marco Giacinto Pellifroni |
Sono da poco usciti due libri * che,
sotto titoli diversi, affrontano il tema della verità e della
libertà, evidenziandone la stretta correlazione: non si può
essere liberi in un sistema dedito alla menzogna sistematica,
quale è ormai (o forse solo in misura più devastante) diventato
il sistema politico, sempre più subordinato a quello
finanziario. |
Nessuna forma risulta alla
fine presentare solo pregi od essere esente da
difetti; ma alla fine Dario conferisce lo
scettro alla monarchia, decretandosi re dei
Persiani. Fatta salva la breve
esperienza democratica dell’Atene del V secolo,
per oltre due millenni ha prevalso, in effetti,
la forma di governo monarchico, finché il
Novecento ha osato sperimentare la democrazia,
pur essendo per sua natura la meno stabile, in
quanto troppo soggetta agli umori della vasta
platea degli individui, con conseguenti spinte
centrifughe e disgreganti. Chi volle andare
controtendenza, instaurando dittature, ossia
monarchie non dinastiche, senza scettro e
corona, fu spazzato via dalla storia, ossia
dagli effetti della cultura progressista sorta
coi Lumi nel Settecento e via via impostasi nel
mondo occidentale e avallata da un avanzamento
scientifico senza precedenti, grazie al quale
milioni di persone furono strappate
all’indigenza e all’ignoranza dei secoli
precedenti. Il prezzo da pagare per
l’instaurazione della democrazia era, ed è,
tuttavia, come entrambi i libri di cui sopra
enfatizzano, la sistematica manipolazione della
verità, onde celare la realtà del sistema agli
occhi dei più. In sostanza, dietro il paravento
della democrazia, che esige il rito delle
elezioni popolari, chi davvero comanda è una
ristrettissima cerchia di oligarchi della
finanza sovranazionale che sfruttano il lavoro
dei cittadini attivi attraverso leggi ad hoc
emanate dai loro fiduciari, posti nei gangli
vitali dello Stato, in primis nei due rami del
parlamento; leggi fatte valere col pugno di
ferro di polizia e servizi segreti. D’altronde,
la storia ha insegnato che il metodo migliore
per avere la “pace sociale” è la paura: del
carcere e/o della rovina economica per chi
trasgredisce; specialmente da quando la
secolarizzazione ha reso le punizioni
extra-terrene non più credibili. La nostra non è quindi una
democrazia, bensì una oligarchia gerarchizzata
in un primo e secondo livello: bancario e
politico, rispettivamente, con questo
subordinato a quello in qualsiasi decisione che
ne intacchi in qualche modo i privilegi. La
mente e le varie braccia: legislativo,
esecutivo, giudiziario, poliziesco; tutte
espressioni di una politica ancella della
finanza, anziché viceversa. Ma un conto era tenere sotto
il tallone masse semianalfabete, e un conto è
irreggimentare individui, non arrivo a dire
colti, ma con un minimo di istruzione, latori di
possibili, anzi probabili, fermenti
insurrezionali. Si procede allora su due piani:
da un lato, intorpidire le menti della massa,
assecondando l’inclinazione umana alla pigrizia
fisica e mentale, con dovizia di svaghi e
distrazioni tramite i grandi mezzi di
comunicazione, saldamente in mano ai vertici,
avendo cura nel frattempo di fomentare diatribe
tra opposte (?) fazioni partitiche per
diffondere l’impressione di un’accesa e
“democratica” vivacità politica e intellettuale,
resa più plateale dalle frequenti campagne
elettorali; dall’altro, impedire che le poche
menti rimaste indenni dal contagio mediatico
possano interferire con i piani di diseducazione
programmata dalle due suddette oligarchie
dominanti, ricorrendo a tal fine all’oscuramento
delle fonti di notizie e di idee eterodosse via
via fino alla repressione diretta e brutale
mediante sanzioni rovinose e/o carcere, anche a
titolo di avvertimento a quanti volessero
riprovarci. La legge sui siti Internet in fase
di approvazione è ignominiosamente liberticida,
proprio per l’entità delle punizioni che essa
commina a quanti si scostino dai dettami delle
“istituzioni”, ossia del potere dominante. ** E
ciò è tanto più grave in quanto questa proposta
di legge è partorita da un governo retto dal
partito che osa definirsi “Popolo delle
libertà”. Per contro, è quasi
paradossale che questo stesso governo abbia
fatto passare alla Camera una legge in assoluta
contro-tendenza: quella sulle intercettazioni
telefoniche.*** Infatti, mentre il pericolo,
denunciato nei due libri citati, è proprio
quello di un eccessivo e, al limite, totale
controllo dell’individuo mediante tutta una
serie di apparecchiature elettroniche invasive
della sua privacy, una legge che limiti questa
invadenza sembrerebbe davvero garantirne una
giusta e doverosa correzione; se non fosse che
la legge è nata sull’onda emotiva del nostro
ineffabile presidente del consiglio, colto a
trattare di affari lesivi della dignità del suo
ruolo, e vittima di lesa maestà per l’intrusione
di un teleobiettivo oltre la ferrea cortina di
una delle sue residenze vacanziere. La legge
esce, insomma, per evitare che simili episodi
abbiano a ripetersi. Peccato che, per tutelare
soprattutto la propria privacy, Berlusconi abbia
finito col tutelare anche quella dei criminali,
stando alle proteste di autorevoli esponenti
della magistratura e del CSM. È la classica
legge a doppio taglio: meriterebbe un plauso
perché mira a favorire la libertà di
comunicazione tra cittadini senza tema di
orecchie estranee, e insieme un biasimo in
quanto limita l’azione di magistrati e polizia
nella scoperta e prevenzione di crimini. Se Berlusconi vuole davvero
farci credere che la legge sulle intercettazioni
nasce dal genuino desiderio di limitare
l’eccessiva intrusione degli organi di controllo
nella vita di noi cittadini, ebbene, ritiri
l’oscena proposta di legge sul bavaglio alle
comunicazioni via Internet. Non ci sarebbe modo
migliore per dimostrare la sua buona fede. Del
resto, non è un controsenso varare due leggi con
principi ispiratori diametralmente opposti? La verità, e di conseguenza
la libertà, come si vede, hanno scarso se non
nullo diritto di cittadinanza, in quanto la
menzogna porta con sé anche la necessità di
difenderla, limitando la libertà dei cittadini:
gli esempi più eclatanti sono le menzogne
propagandate (e forse anche le terribili azioni
messe a segno) per giustificare le guerre
“preventive” in Afghanistan e Iraq e, di
conseguenza, limitare le libertà civili col
pretesto del terrorismo (ancora una volta: di
Stato?); e, più recentemente, le menzogne da
parte degli organi di sorveglianza delle Borse e
delle società di rating sulla consistenza reale
del sistema finanziario e monetario globale sino
al momento fatale dei grandi crolli bancari da
Wall Street alla City e all’Europa. Crolli alla
cui origine stava (e sta) la montagna di titoli
spacciati per buoni, pur essendo noto alle
autorità di vigilanza che 9 su 10 sono
”tossici”. Se libertà e verità vanno a
braccetto, altrettanto vale per la menzogna e
l’ignoranza cui si costringono interi popoli:
nessuno deve sapere che il denaro non è pubblico
ma privato; che lo emettono le banche, centrali
e commerciali, a costo nullo e facendoselo poi
rimborsare con denaro vero, frutto del nostro
lavoro; che i mutui non sono prestiti , né sono
fatti in condizioni di parità contrattuale, in
quanto le banche non hanno i soldi che
pretendono di prestarci, mentre i mutuatari
devono garantire i finti prestiti con i loro
beni solidi e/o col frutto del loro lavoro
futuro. Su queste ed altre innumerevoli menzogne
si regge l’attuale sistema, che si guarda bene
dall’informarcene, pena il suo tracollo. Per
prevenire il quale mira a manipolarci tutti,
cominciando da un’istruzione scolastica pilotata
e poi con l’ossessivo bombardamento mediatico,
plasmando in prospettiva una schiera di perfetti
Neuroschiavi, orfani della verità, come titolano
i due libri citati.
Marco Giacinto Pellifroni 14 giugno 2009
* Gianni Vattimo, “Addio alla
verità”, Ed. Meltemi, 2009; Marco Della Luna e
Paolo Cioni, “Neuroschiavi”, Macro Edizioni,
2009.
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Misura inserita nel DDL 733, c.d. Pacchetto
Sicurezza, con sanzioni da € *** Pure questa legge prevede
sanzioni da capogiro (€ 600.000 per l’editore
che pubblica notizie in sua violazione), così da
scoraggiare ogni aggiornamento sui processi,
anche per il solo timore di ledere questa legge
e finire in bancarotta. Ciò significa governare
con la paura, in schietto stile poliziesco.
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