Le politiche nazionali sono d’un tratto soggette agli incentivi di profitto di istituzioni finanziarie private, tutte parti di un sistema gerarchico controllato e diretto dalle banche d’affari di New York. Il risultato è quello di forzare i sistemi bancari nazionali verso la privatizzazione. […] Le regole della BIS hanno l’unico scopo di rafforzare il sistema bancario privato internazionale, anche mettendo a rischio le economie nazionali […] L’IMF e le banche internazionali regolate dalla BIS sono una sola squadra: le banche internazionali prestano senza freni nelle economie emergenti per creare una crisi debitoria in valuta straniera; dopo di che arrivano, prima l’IMF come portatore di un virus monetario, all’insegna però di una sana politica monetaria, e poi come avvoltoi le banche internazionali, anche loro all’insegna del risanamento finanziario, comprando le banche nazionali giudicate dalla BIS di inadeguata capitalizzazione e insolventi.” Come notava ironicamente Liu, le nazioni emergenti, grazie alle loro riserve naturali, non hanno bisogno di investimenti stranieri che le intrappolino nel debito estero. “Applicando la Teoria Monetaria Statale [che assume che una nazione sovrana abbia il potere di emettere la propria moneta], qualsiasi governo può finanziare con la propria moneta tutte le necessità del proprio sviluppo per mantenere la piena occupazione senza inflazione.” Quando i governi cadono nella trappola di accettare prestiti in valuta straniera, essi diventano “nazioni debitrici”, soggette alle regole dell’IMF e della BIS. Essi sono forzati a deviare la loro produzione verso l’esportazione, solo per guadagnare la valuta estera necessaria a pagare gli interessi sui propri debiti. Le banche nazionali giudicate a “inadeguata capitalizzazione” devono vedersela con ristrettezze comparabili alle condizioni capestro imposte dall’IMF alle nazioni debitrici: “crescenti riserve di capitale, rientri e cancellazioni dei prestiti, nonché ristrutturazioni attraverso svendite, licenziamenti, ridimensionamenti, tagli dei costi e congelamento delle uscite di capitale.” Liu aggiungeva: “Invertendo la logica che un sano sistema bancario debba incentivare la piena occupazione e lo sviluppo, le regole della BIS richiedono un alto tasso di disoccupazione e rallentamento dello sviluppo nelle economie nazionali come il giusto prezzo da pagare per un sano sistema bancario globale privato.” L’ultimo domino da abbattere Mentre le banche nelle nazioni in via di sviluppo venivano penalizzate se si trovavano al di sotto delle capitalizzazioni richieste dalla BIS, le grandi banche internazionali riuscivano ad eludere le regole, pur essendo in realtà molto esposte a causa dei loro derivati. Le mega-banche erano riuscite a dribblare le regole della BIS separando il rischio di default dai loro prestiti e trasferendoli agli investitori, usando una forma di derivati noti come credit default swaps. Tuttavia, non faceva parte delle regole del gioco che le banche americane sfuggissero alla rete della BIS. Mentre esse riuscirono a by-passare il primo Accordo di Basilea, un secondo accordo venne varato, noto come Basilea 2. Le nuove regole furono sancite nel 2004, ma non vennero applicate alle banche USA fino al novembre 2007. un mese dopo che l’indice Dow Jones superò quota 14.000, suo massimo storico. Da allora è iniziata una discesa a rotta di collo. Basilea 2 ebbe lo stesso effetto sulle banche americane che ebbe Basilea 1 su quelle giapponesi: da allora hanno dovuto lottare per sopravvivere. Basilea 2 richiede alle banche di definire il valore dei loro titoli negoziabili al prezzo di mercato, una regola nota come “mark to market”. La norma è teoricamente meritevole, ma il suo problema è la tempistica: è stata imposta ex post, cioè dopo che le banche avevano già scritto sui propri registri i titoli “hard to market” [di difficile collocamento]. Istituti di credito che erano stati giudicati sufficientemente ben capitalizzati da poter concedere prestiti si scoprirono improvvisamente insolventi. Ovvero, essi sarebbero stati insolventi se avessero tentato di vendere i loro assets: una condizione prevista dalla nuova normativa. L’imposizione della regola mark to market alle banche americane ha causato un istantaneo congelamento del credito, con conseguente crisi economica, non solo negli USA ma in tutto il mondo. Agli inizi di aprile 2009 la norma mark to market fu finalmente ammorbidita dalla competente autorità americana (FASB); ma i critici sostengono che la modifica non è stata abbastanza incisiva, e fu fatta dietro pressioni di politici e banchieri, non sulla base di un cambio di atteggiamento o di politiche da parte della BIS. Ed è in questa situazione che entrano in campo i teorici della cospirazione. Perché la BIS non ritrattò o almeno modificò Basilea 2 dopo aver visto la devastazione che aveva provocato? Perché è rimasta inerte mentre l’intera economia globale collassava? L’obiettivo era forse quello di provocare un disastro economico tale da spingere il mondo a cercare sollievo tra le braccia tese della BIS mediante la sua valuta globale e privata? La trama si fa più misteriosa… |