versione stampabile

PRIMA PARTE

LA TORRE DI BASILEA:
PIANI SEGRETI PER L’EMISSSIONE DI UNA VALUTA GLOBAL
E

By Ellen Brown

Traduzione di Marco G. Pellifroni

parte seconda


Ellen Brown

I controversi accordi di Basilea

 Il potere della BIS di sostenere o affossare le economie fu dimostrato nel 1988, quando essa promulgò l’Accordo di Basilea alzando la riserva obbligatoria delle banche dal 6 all’8%. In quell’anno il Giappone era emerso come il maggior creditore del mondo; ma le banche giapponesi erano meno capitalizzate delle altre maggiori banche internazionali. Il rialzo della riserva obbligatoria le costrinse a tagliare i prestiti, creando in Giappone una recessione simile a quella odierna negli USA. I prezzi delle proprietà crollarono e i prestiti finirono in default, mentre si svilirono le loro garanzie. Ne seguì una spirale verso il basso che si concluse con una totale bancarotta delle banche. Si dovettero nazionalizzare le banche, sebbene non si pronunciasse questa parola, per evitare critiche eccessive.

Tra gli altri danni collaterali causati dagli Accordi di Basilea ci fu una catena di suicidi tra gli agricoltori indiani, che non riuscivano ad ottenere prestiti. Gli standard di adeguamento del capitale varati dalla BIS imponevano che i prestiti a privati fossero a “rischio soppesato”, ossia col grado di rischio valutato da agenzie di rating private; ma i coltivatori e i piccoli imprenditori non potevano permettersi di pagare gli onorari delle agenzie. Le banche pertanto assegnarono un grado di rischio del 100% a questi prestiti e rifiutarono di concedere crediti a questi soggetti “ad alto rischio”, in quanto era loro richiesto un capitale di riserva più alto a garanzia del maggior rischio. Quando, a causa dei suicidi, si risvegliò la coscienza della nazione, il governo, lamentando l’abbandono dei coltivatori da parte delle banche commerciali, stabilì una politica atta a por fine alla “esclusione finanziaria” dei più deboli; ma questa misura ebbe un minimo impatto sulle pratiche di accesso al credito, soprattutto a causa delle restrizioni imposte dalla BIS.

Analoghe proteste sono arrivate dalla Corea. Un articolo del Korea Times del 12 dicembre 2008 dal titolo “Le misure della BIS innescano un circolo vizioso” descriveva come gli imprenditori coreani con buoni collaterali non potessero ottenere prestiti dalle banche in un momento in cui la crisi economica richiedeva maggiori investimenti e credito più facile:

La Banca di Corea ha riversato miliardi di dollari nelle banche da settembre, quando la crisi finanziaria globale è entrata a pieno regime. Ma non se ne sono visti gli effetti, in quanto le banche tengono questa liquidità nelle loro casse, e una delle principali ragioni è che lo fanno per migliorare la riserva obbligatoria imposta dalla BIS e sopravvivere. Ciò che le banche fanno per i loro interessi, o per migliorare la riserva dettata dalla BIS, è contro gli interessi dell’intera società.”

Web of Debt BookGià nel maggio 2002 un articolo su The Asia Times a firma dell’economista Henry C.K. Liu e dal titolo “Economia globale: BIS vs. banche nazionali” osservava che gli accordi di Basilea hanno forzato tutti i sistemi bancari nazionali “a marciare allo stesso passo, calibrato sui bisogni dei mercati finanziari globali altamente sofisticati, senza riguardi per le necessità di sviluppo delle economie nazionali. […] I sistemi bancari nazionali vengono gettati improvvisamente tra le rigide braccia degli accordi di Basilea promossi dalla BIS o devono fronteggiare le penalità di premi di rischio usurari per assicurare i prestiti interbancari esteri. […]

Le politiche nazionali sono d’un tratto soggette agli incentivi di profitto di istituzioni finanziarie private, tutte parti di un sistema gerarchico controllato e diretto dalle banche d’affari di New York. Il risultato è quello di forzare i sistemi bancari nazionali verso la privatizzazione. […] Le regole della BIS hanno l’unico scopo di rafforzare il sistema bancario privato internazionale, anche mettendo a rischio le economie nazionali […] L’IMF e le banche internazionali regolate dalla BIS sono una sola squadra: le banche internazionali prestano senza freni nelle economie emergenti per creare una crisi debitoria in valuta straniera; dopo di che arrivano, prima l’IMF come portatore di un virus monetario, all’insegna però di una sana politica monetaria, e poi come avvoltoi le banche internazionali, anche loro all’insegna del risanamento finanziario, comprando le banche nazionali giudicate dalla BIS di inadeguata capitalizzazione e insolventi.” 

Come notava ironicamente Liu, le nazioni emergenti, grazie alle loro riserve naturali, non hanno bisogno di investimenti stranieri che le intrappolino nel debito estero.

“Applicando la Teoria Monetaria Statale [che assume che una nazione sovrana abbia il potere di emettere la propria moneta], qualsiasi governo può finanziare con la propria moneta tutte le necessità del proprio sviluppo per mantenere la piena occupazione senza inflazione.”

Quando i governi cadono nella trappola di accettare prestiti in valuta straniera, essi diventano “nazioni debitrici”, soggette alle regole dell’IMF e della BIS. Essi sono forzati a deviare la loro produzione verso l’esportazione, solo per guadagnare la valuta estera necessaria a pagare gli interessi sui propri debiti. Le banche nazionali giudicate a “inadeguata capitalizzazione” devono vedersela con ristrettezze comparabili alle condizioni capestro imposte dall’IMF alle nazioni debitrici: “crescenti riserve di capitale, rientri e cancellazioni dei prestiti, nonché ristrutturazioni attraverso svendite, licenziamenti, ridimensionamenti, tagli dei costi e congelamento delle uscite di capitale.”

Liu aggiungeva: “Invertendo la logica che un sano sistema bancario debba incentivare la piena occupazione e lo sviluppo, le regole della BIS richiedono un alto tasso di disoccupazione e rallentamento dello sviluppo nelle economie nazionali come il giusto prezzo da pagare per un sano sistema bancario globale privato.”

 L’ultimo domino da abbattere

 Mentre le banche nelle nazioni in via di sviluppo venivano penalizzate se si trovavano al di sotto delle capitalizzazioni richieste dalla BIS, le grandi banche internazionali riuscivano ad eludere le regole, pur essendo in realtà molto esposte a causa dei loro derivati. Le mega-banche erano riuscite a dribblare le regole della BIS separando il rischio di default dai loro prestiti e trasferendoli agli investitori, usando una forma di derivati noti come credit default swaps.

Tuttavia, non faceva parte delle regole del gioco che le banche americane sfuggissero alla rete della BIS. Mentre esse riuscirono a by-passare  il primo Accordo di Basilea, un secondo accordo venne varato, noto come Basilea 2. Le nuove regole furono sancite nel 2004, ma non vennero applicate alle banche USA fino al novembre 2007. un mese dopo che l’indice Dow Jones superò quota 14.000, suo massimo storico. Da allora è iniziata una discesa a rotta di collo. Basilea 2 ebbe lo stesso effetto sulle banche americane che ebbe Basilea 1 su quelle giapponesi: da allora hanno dovuto lottare per sopravvivere.

Basilea 2 richiede alle banche di definire il valore dei loro titoli negoziabili al prezzo di mercato, una regola nota come “mark to market”. La norma è teoricamente meritevole, ma il suo problema è la tempistica: è stata imposta ex post, cioè dopo che le banche avevano già scritto sui propri registri i titoli “hard to market” [di difficile collocamento]. Istituti di credito che erano stati giudicati sufficientemente ben capitalizzati da poter concedere prestiti si scoprirono improvvisamente insolventi. Ovvero, essi sarebbero stati insolventi se avessero tentato di vendere i loro assets: una condizione prevista dalla nuova normativa. 

L’imposizione della regola mark to market alle banche americane ha causato un istantaneo congelamento del credito, con conseguente crisi economica, non solo negli USA ma in tutto il mondo. Agli inizi di aprile 2009 la norma mark to market fu finalmente ammorbidita dalla competente autorità americana (FASB); ma i critici sostengono che la modifica non è stata abbastanza incisiva, e fu fatta dietro pressioni di politici e banchieri, non sulla base di un cambio di atteggiamento o di politiche da parte della BIS.

Ed è in questa situazione che entrano in campo i teorici della cospirazione. Perché la BIS non ritrattò o almeno modificò Basilea 2 dopo aver visto la devastazione che aveva provocato? Perché è rimasta inerte mentre l’intera economia globale collassava? L’obiettivo era forse quello di provocare un disastro economico tale da spingere il mondo a cercare sollievo tra le braccia tese della BIS mediante la sua valuta globale e privata? La trama si fa più misteriosa…