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Già: e adesso che l’abbiamo letto?

 Nonna Abelarda  

Milena De Benedetti
Milena De benedetti

Giovedì sera, presso la Sala Rossa del Comune, incontro organizzato da Italia Nostra nella persona dell’ottimo ingegner Cuneo, con la presenza di Bruno Lugaro autore de “il fallimento perfetto”. Dedicato a impressioni, commenti, proposte dopo la lettura dei libri-denuncia sulla speculazione in atto.

Al solito, causa la mia scarsa attitudine a parlare in pubblico, non sono intervenuta, preferendo riordinare le idee per un commento scritto, che mi riesce meglio. Cercherò di andare, diciamo, in crescendo, dalle note dubbie e dolenti a un pensiero più attivo. Perché di depressioni pregresse ne abbiamo anche troppe tutti quanti.

1-Premesse 1- il quadro del cemento

Più o meno fra le righe nel dibattito sono emerse molte conferme a ciò che qualcuno, andando a spanne e buon senso, poteva intuire. Risposte a tante domande.

Che una parte almeno di questi capitali che circolano potrebbero essere di dubbia origine, riciclaggio o simili, da cui la pressione a reinvestirli in fretta e la relativa indifferenza a ricavarne immediatamente profitti. Magari anche provenienti da fuori regione e da grosse realtà più o meno illecite.

Il mattone è perfetto: bassi costi, anche per l’impiego di mano d’opera esterna, spesso straniera, spesso in appalto e subappalto, a volte persino non pagata (alla faccia di chi parla di posti di lavoro locali), guadagni stratosferici. Puoi vendere con tutta calma.

Si spiegano così le pressioni di gruppi di potere, i cartelli  vendesi che ingialliscono sul posto, il fatto che non si registrino fallimenti di imprese eccetera.

Un po’ meno chiara la questione, propugnata e insistita da molti, anche dall’ingegner Cuneo, che ci siano comunque frotte di acquirenti, anche a 5000 euro il metro quadro, anche fra i savonesi, e per fini abitativi e non speculativi.

Mi permetto di dubitare. Primo, la desolazione della torre Bofill e annessi è lì a dimostrarlo. Secondo, l’affermazione secondo cui ci sono tanti proprietari di case da 150 metri quadri, magari, che so, a Villapiana, disposti a vendere per trasferirsi in un più striminzito, ma prestigioso appartamento sul mare, io la credo fino a un certo punto.

Non ce li vedo questi vecchietti (perché diciamocelo, la ricchezza immobile e non investita a Savona è in mano agli anziani) rinunciare alla comodità del proprio quartiere,  con servizi e rete di conoscenti, ai propri spazi e abitudini in cambio del nuovo, prestigioso, in posizione eccezionale ma spesso scomodo.

Che ci possa essere svalutazione del patrimonio immobiliare cittadino, in altre zone meno richieste, questo sì, ma non direttamente collegata a questo, semmai alla grande disponibilità di case.

 Il Crescent   Torre Bofill   progetto Margonara 

Vedo altre tipologie di compratori, almeno in parte. Ricordo i tempi delle ammiraglie e poi del matitino. I più erano scettici verso queste case claustrofobiche dai soffitti bassi. A smaniare per abitarvi era soprattutto una categoria di personaggi piccolo borghesi, manager di mezza tacca, pre-berlusconiani et similia, dal provincialismo desolante, ansia di apparire compresa. Categoria diffusa, ma non così diffusa da coprire a raffica tutte queste case.  (Oh, non intendo insultare in blocco chi abita nei complessi citati, ci mancherebbe, dico solo che fra loro e fra i potenziali acquirenti conoscevo molti personaggi di quel genere). E categoria destinata a ridursi in futuro, suppongo, quando la crisi rimescolerà meglio le carte.

In ogni caso, questo genere di considerazioni spiega perché il Crescent, palazzo più tradizionale e a prezzi più abbordabili, venda molto bene, mentre Bofill e annessi, con tutte le loro peculiarità e problemi e costi, a dispetto di dichiarazioni di qualche tempo fa del presidente dell’Autorità Portuale, non vadano affatto a ruba.

Poi c’è il pubblico, o collegati, e le aziende. Spesso spazi desolatamente inutilizzati vanno occupati da enti, uffici, servizi, anche quando non ce ne sarebbe alcun bisogno o esisterebbero sedi più idonee e meno faraoniche. Rapporti di reciproco vantaggio? Di sicuro nessuno ci rimette, se non, in qualche caso, il cittadino.


Roberto Cuneo Presidenta di ITALIA NOSTRA di Savona

 

1-Premesse 2- considerazioni

Prima di tutto, noto che da qualche tempo a questa parte, sia nei convegni come questo, sia nei commenti su siti e giornali, scarseggiano i cantori delle magnifiche sorti e progressive. Non dico i politici, che quelli pro-cemento hanno sempre latitato dal confronto pubblico, ma i loro spalleggiatori di varia natura. Quelli che… e i posti di lavoro, e lo sviluppo, e il progresso. Quelli che… i grattacieli attirano il turismo. Quelli che… l’alternativa è il declino.

Chissà come mai non si sentono più o quasi.

Versione ottimistica: non hanno più il coraggio di mostrarsi perché ora che si vedono i primi risultati concreti è dura continuare a incantarci con queste sirene e non essere presi a pomodorate.

Versione pessimistica: ormai i giochi sono talmente fatti che possono lasciarci in libera uscita a sfogarci un po’, tanto siamo innocui.

Forse la verità sta nel mezzo.

 Seconda notazione, al solito l’elevata età media del pubblico in sala. E dal dibattito infatti è emersa con evidenza la divisione fra i due mondi: da una parte, personaggi con una storia alle spalle, esperienze, attività passate e presenti, retroterra culturale, memoria storica, abitudine a condurre battaglie ideali e politiche, senso civico…Ma pochissima, se non nulla attenzione ai nuovi media, alla rete, al mondo che cambia anche nel suo comunicare, esprimersi, lottare.

Dall’altra, ma  quasi del tutto fuori da quella sala, un universo che vive e si muove prevalentemente in rete, spesso giovani o giovanissimi, spesso non abituati a una mentalità di lotta, di difesa civica dei diritti, di battaglie e iniziative politiche e sociali. Qualche volta incapaci di sensibilizzarsi, apatici, oppure chiusi in mondi che si vogliono personalistici, altre volte sensibili sì, ma privi di strumenti concreti.

Insomma, la reciproca fertilizzazione, l’arricchimento che si basa sul collegamento giovane-anziano, esperienza-innovazione, riflessione-azione, memoria storica-energie nuove e quant’altro, sembra latitare. Con effetti comici, a volte: in barba al vecchio detto “si nasce incendiari, si muore pompieri”,  troviamo spesso vecchi, bellicosi e indomiti incendiari sulle barricate,  mentre i giovani stanno a guardare o quasi, sono rassegnati o indifferenti. Se ci pensiamo bene, la nostra società è veramente bizzarra e ha rivoluzionato gli schemi consolidati, anche in questo, oltre che nel non invidiabile primato di lasciare ai nostri figli un mondo peggiore del nostro.

Se i giovani saranno un po’ più disposti a collegarsi e attivarsi per obiettivi che sono, dovrebbero essere soprattutto il loro futuro, e i meno giovani faranno lo sforzo mentale di capire che le nuove vie di comunicazione stanno rivoluzionando il mondo, inutile aggrapparsi al gabibbo o alla carta stampata e ignorare il resto…insomma, se si riuscirà a colmare quello che viene chiamato digital divide, sarà un bel passo in avanti. Ma occorre un po’ di buona volontà da parte di tutti.

Naturalmente generalizzo, non è che non ci siano anziani che si muovono brillantemente nella rete, o giovani disposti a lottare: bisognerebbe solo aumentarne il numero e l’interazione reciproca.


Bruno Lugaro

2- Commenti vari 

L’importanza della rete è emersa chiaramente anche in un’altra serie di commenti e considerazioni. L’ingegner Cuneo ha detto giustamente che è inutile protestare sul cemento versato, che i savonesi avrebbero dovuto attivarsi prima, sotto forma di dibattito della società civile, di sensibilizzazione, di discussione attiva sui destini della città.

Tutto giusto nella teoria, ma nella pratica? Va bene, esistono le associazioni, culturali, ambientaliste, politiche, ma spesso si sentono poco. Il che non credo sia da imputarsi al loro scarso attivismo, ma a poca o nulla attenzione dei media tradizionali.

E torniamo sempre lì: non credo sia tutta colpa del cittadino, se la stampa locale riporta pressoché una campana sola, e anche quando cita voci critiche, lo fa con sproporzione di spazi e di enfasi incolmabile rispetto alla grancassa concessa al potere politico-economico.

Non solo su notizie e opinioni, ma anche sul contorno: come è stato ricordato dallo stesso ingegner Cuneo, i progetti di Bofill e Crescent erano artatamente presentati in modo da non evidenziare ingombri e altezze da incubo.

Io stessa, all’epoca meno interessata, forse colpevolmente, su questi temi, e basandomi solo sui giornali non avevo percepito  l’orrore in tutta la sua pienezza.

Dunque, per quanto di solito io sia ipercritica verso noi savonesi, devo ammettere che qualche attenuante l’abbiamo.

O l’avevamo, prima dell’avvento della rete, un tam tam di potenza inaudita per critiche, iniziative, informazioni trascurate dai media, errori colpevoli o meno.

Certo, esiste diffidenza: si dice che la rete non è il verbo, la rete mette tutti sullo stesso piano e ciò è pericoloso per l’obiettività… La mia esperienza è diversa: la mia esperienza dice che le balle in rete di solito sono smascherate alla velocità della luce, almeno nei siti non frequentati solo da faziosi che vogliono farsi dire una verità sola. Ma quelli ci sono dappertutto, anche su interi giornali o canali tv, e sono irrecuperabili.

Perciò usiamola, questa rete. Diamoci da fare. In un secondo possiamo andare in Giappone e in Australia. Perché rimanere confinati a Marmorassi?

3- Che fare?

 La domanda è stata posta, guarda caso, da uno dei pochi giovani presenti. E non ha trovato purtroppo molte risposte.

Diciamolo subito, io mi arrabbio, ma veramente, mi infurio e brucio di frustrazione quando sento pronunciare la frase: tanto lo fanno, tanto hanno già deciso, non c’è niente da fare su quello, magari per quell’altro, ma è difficile…

E allora che ci stiamo a fare, a discutere tutti noi? Stiamocene a casa, andiamo come tanti bravi pensionati a guardare gli scavi, che è meglio.

Chi si ribella a questi soprusi (chiamiamoli con il loro nome), a questi orrori, non dovrebbe mai e poi mai dire frasi del genere. Neppure se dentro di sé le pensa. Anzi, a maggior ragione. L’idea deve essere quella di non arrendersi mai, fino all’ultimo respiro, fino alla prima pietra e oltre. (Ricordo che, se non vado errata, il famoso Punta Perotti era stato a suo tempo regolarmente autorizzato, non abusivo. Ma è stato abbattuto). Solo questa determinazione, questo coraggio, questa volontà, insieme con la buona fede,  può dare quel “quid” in più che scompiglia le file compatte degli speculatori. Nella speranza di essere in parecchi a pensarla così. Mai, e dico mai, sentirsi impotenti e smettere di lottare.

Altrimenti l’esercizio del dolore nel leggere questi libri rimane sterile.

Va bene, i giornalisti più bravi e coraggiosi denunciano, le notizie si diffondono. Va bene, se la magistratura non ritiene di dover o poter intervenire su quelli che si configurerebbero come casi dubbi o illeciti, noi, se  non siamo direttamente interessati e in possesso di competenze legali, possiamo far poco.

Ma non è che finisca tutto qui. Anzi, comincia. A meno che, come accade in Italia, siamo troppo assuefatti a essere sudditi anziché cittadini. In questo dovremmo prendere più che mai esempio dagli USA. Lottare, crederci, credere nei propri diritti e appigliarsi a qualunque mezzo lecito e civile. Aver fantasia, anche, e capacità di aggirare gli ostacoli o affrontarli su basi diverse.

Mi viene in mente Erin Brockovich, interpretata al cinema da Julia Roberts, una semplice donna illetterata, e le sue lotte contro potenti aziende. Mi viene in mente Al Capone incastrato su un’evasione fiscale.

Certo, noi siamo indietro, come mentalità e come leggi. Ricordo che la famosa “class action”, la possibilità di intentare cause collettive e a portata di cittadino contro grandi colossi, approvata faticosamente dal Parlamento, fra mille boicottaggi, sotto il governo Prodi, grazie all’azione di tanti comitati coraggiosi e alla promozione di Beppe Grillo, è stata fermata e non è entrata in vigore.

Fermata, guarda un po’, dal ministro Scajola, che non è d’accordo e pensa a modifiche. Per renderla più efficiente, sicuramente.

Ci rimane la volontà di non arrenderci, appunto, il tentativo di trovare compattezza fra gruppi, comitati e cittadini, la fantasia nelle iniziative, (e qui ci vogliono i giovani!) , ma soprattutto, occorre crederci, credeteci, crediamoci, trasformiamoci in martelli virtuali. Non pensare mai che sia inutile. Non stancarsi mai.

 Petizioni, commenti sui blog, servizi fotografici, diffusione capillare di notizie, reti di associazioni, sensibilizzazione anche ben fuori dal nostro orticello saonense, anche in altre lingue, in sedi europee e persino extraeuropee. Il silenzio, l’ho detto enne volte anche su questo sito, è il miglior alleato degli speculatori. Così come lo è di tante altre realtà poco chiare o negative per la comunità, mafia compresa. Mentre nel giusto chiasso, fra tante teste pensanti o informate, il differente punto di vista,  l’idea giusta, la persona giusta può venir fuori.

Magari fra un po’ sarà la crisi economica a cambiare vertiginosamente gli scenari. Ma potrebbe essere in peggio, qualcuno l’ha detto al convegno mi pare, ancor più capitali freschi e sospetti in circolazione, da riciclare in tutta calma in opere inutili, senza bisogno di riscontri economici immediati al proprio investimento. Insomma, ancor più speculazione e degrado. E ancor meno attenzione all’ambiente.

Dobbiamo proprio stare ad aspettare e basta?

  Nonna Abelarda alias Milena De benedetti