Waterfront for dummies – 3 Il lungomare di levante

Waterfront for dummies – 3
Il lungomare di levante

Waterfront for dummies – 3
Il lungomare di levante

 Nel Piano Regolatore del dopoguerra, di cui oramai solo gli ultraottantenni conservano traccia mnemonica diretta, il lungomare di ponente doveva diventare una immensa passeggiata con giardini, da Fornaci a Zinola.

E ora che ci siamo fatti una bella risata, non stiamo neanche a chiederci come mai siano sorti invece palazzi, palazzine e palazzoni in crescente peggioramento, e come mai Savona non abbia più visto una pianificazione decente e lungimirante da più di un secolo, dai tempi del centro e di via Paleocapa.

Passiamo al levante.

 

 La più profonda spina nel fianco di Savona, lo dicevamo, si chiama Autorità Portuale, oggi di sistema.  Con contorno di amministratori sempre succubi e privi di volontà propria. Il rapporto dovrebbe essere di dialogo, anche conflittuale e dialettico se occorre, anche di bilanciamento di esigenze e faticose contrattazioni. Ma dialogo fra enti.  Invece è un: io faccio quello che mi pare, dispongo di tutto quel che mi riguarda e anche oltre, e tu non ci metti becco.  Una Autorità che dovrebbe essere pubblica, ma si comporta come dispotica satrapia.  Che dovrebbe essere generatore e collettore di risorse economiche, sia a vantaggio del porto stesso, sia della città ospite, ma si permette di disporre, decidere, sprecare, non condividere i vantaggi ma generosamente i disagi. Fra i recenti costosi sberleffi la misteriosa, fuori tempo massimo e anche esteticamente impattante sede portuale. 

Pensate, con 9 milioni di euro, cosa si sarebbe potuto fare in alternativa: interventi migliorativi di elettrificazione portuale, oppure una parte del restauro di palazzo S. Chiara, che pure doveva diventare sede a suo tempo, ma fu sdegnosamente abbandonato.

Poi il deprecabile scempio della Darsena, con tutta l’evidenza del fatto che i diritti del pubblico sono stati ampiamente gabbati. A fine operazione, destinato tutto al residenziale, alcune attività portuali dedicate al deposito e movimentazione auto sono rimaste confinate sotto il Priamar, uniche aree disponibili dopo la cementificazione, ma che da piano regolatore avrebbero dovuto essere restituite alla città. Si sa, i masterplan e le riqualificazioni sono intesi alla lettera solo per quel che riguarda la speculazione; il pubblico, all’occorrenza, abbozza.


Nuova sede AP

Alla fine, ciliegina sulla torta, in tutto questo, si voleva piazzare un deposito di bitume.  La giusta indignazione per questo estremo sfregio ha dato il colpo di grazia al centrosinistra alle elezioni. Perché poi abbia premiato il centro destra, quando altre amministrazioni di centro destra erano ugualmente coinvolte nelle decisioni, rimane un mistero dell’elettorato savonese e dei suoi umori, e della inveterata attitudine zuppa contro panbagnato o padella contro brace.

Un altro gravoso problema della città di Savona, una pesante anomalia che ci danneggia da tutti i punti di vista, è il fatto che le spiagge demaniali siano sotto l’Autorità Portuale, perché considerate, da Vado al confine con Albissola, portuali o portuabili.

Probabilmente se il cosiddetto sviluppo fosse andato come nei sogni di lorsignori negli anni ’60, ora avremmo un megaporto unico, e addio spiagge, ma siccome purtroppo o per fortuna non è così, salvo rigurgiti di devastazione fuori tempo come la piattaforma vadese, sarebbe quasi ora che ciò che non è di interesse portuale tornasse nella disponibilità della città.

A levante del porto da tempo, fra coloro che decidono sulla pelle e senza il parere dei cittadini, si era stabilito che dovesse sorgere un porticciolo.  Come accade in questi casi, con buona pace di chi pontifica di nautica da diporto, di posti di lavoro, economia, benessere e paperoni a spasso, il vero affare è la cementificazione correlata. Lo suggerisce la logica stessa: se davvero un porticciolo fosse economicamente conveniente di per sé, gli imprenditori farebbero a gara per realizzarli e gestirli: leggeri, poco impattanti e anche poco costosi. Invece, senza grandi opere e cemento inutile, nisba.

Peccato che nella zona oggetto delle mire esistessero due belle spiagge, di cui una dotata di qualche resto di costa naturale e di uno scoglio affascinante e simbolico. Siccome il pretesto di ogni speculazione è il degrado, se non c’è occorre crearlo. Ed ecco iniziare alacremente l’opera: demolite e sfrattate le pittoresche baracche, che invece rimesse a posto avrebbero potuto costituire una simpatica attrattiva turistica e un bel colpo d’occhio, vivo e vitale, all’ingresso della città, allontanati i bagni esistenti, boicottate o mal tollerate le iniziative di recupero e mantenimento, ignorata qualsiasi proposta a basso impatto e costo, ecosostenibile, dei cittadini, lo scopo è stato raggiunto. Intanto proseguiva l’iter nelle sale consiliari, ove i tanti contrari all’opera trovavano pochissimo riscontro, nella pseudo destra come nella pseudo sinistra, esclusa la sinistra di Rifondazione, dall’opposizione peraltro assai blanda nei fatti.  Bocciato un impattante “villaggio mediterraneo” a corredo, ecco la grande idea di chiamare l’archistar Fuksas. Come per Bofill, per far tacere il volgo inclito.  Dunque si concentravano tutti i volumi in un improbabilissimo e del tutto avulso grattacielo sul mare, e lo si approvava, a dispetto dei tanti savonesi che, definiti pantofolai dall’allora assessore alla cultura Molteni, così apprezzato da non essere rieletto, sventolavano babbucce nel pubblico consiliare. C’ero anch’io, fra quel pubblico. Peccato che quel grattacielo suscitò l’ilarità generale. Fuksas, offeso, o forse convinto da altri, per dare un pretesto ad apparenti manovre di retromarcia, ritirò il progetto. Ne fu presentato da Gambardella un altro ridimensionato, che salvava giusto lo scoglietto, e in apparenza accoglieva le prescrizioni.


La regione decise che il porticciolo non si dovesse fare.  La vulgata afferma che Burlando fu folgorato in extremis dalla posidonia indifesa e dai tramonti sullo scoglio della Madonnetta.

Io sono più propensa a pensare che intendesse dare un contentino preelettorale ai suoi alleati di sinistra.

Perché dico “apparenti” manovre di retromarcia? Vado a spiegare.  Come è noto, il ricorso del proponente Gambardella, respinto al Tar, è stato accolto dal Consiglio di Stato. 

In sostanza, si afferma che le motivazioni e la tempistica del diniego tardivo della Regione non erano ammissibili.

In contemporanea, quando si manifestò il dissidio fra Regione e Autorità Portuale, che al contrario non ha mai smesso di spingere per il porticciolo, quest’ultima, secondo quanto ha affermato molte volte Franco Zunino, avrebbe dovuto trasmettere le carte al Ministero, per la decisione definitiva, che quasi certamente avrebbe accolto la bocciatura e stoppato i ricorsi sul nascere.

Non facendolo, L’AP ha lasciato aperte praterie per le rivalse di Gambardella.

Domande senza risposta: davvero la Regione non avrebbe potuto fare pressioni in tal senso?  Davvero non sapevano che una revoca scritta in quel modo si prestava a essere contestata?  Ci si chiede: ingenuità di funzionari, errori procedurali, o altro? Non è mica che per qualcuno fosse tutto concordato per rimandare soltanto? Resterà il dubbio, perché sicuramente non si farà chiarezza su eventuali responsabilità o leggerezze.

Quando si trattò di sottoscrivere come Comune la ratifica dello stop regionale, noi votammo contro, con grande scandalo in specie delle sinistre. A posteriori, avevamo le nostre buone ragioni. Visto che il tutto fu corredato da un emendamento molto ambiguo nell’estendere a “zone portuali” la possibilità del porticciolo, e visto che a tutti gli effetti le due spiagge restano zone portuali sulla carta, e mai l’AP ha acconsentito a cambiare. La sentenza non ha fatto che ribadire tutti i dubbi del caso, già evidenti sottotraccia.

A questo punto la palla torna a Gambardella. Ma attenzione: il ricorso NON autorizza automaticamente alcun progetto, dice solo che era sbagliato proceduralmente quel diniego.  Quanto alla paventata paura di risarcimenti, a occhio e croce e anche da sentenza mi pare dovrebbe riguardare al massimo la Regione.

Ora, che si spinga in modo convulso, paventando ricorsi e minacce, invece di attendere semplicemente che l’imprenditore faccia la prima mossa, improvvisamente preoccupati dell’insostenibile degrado peraltro decennale, ci sta fino a un certo punto, come alibi al cemento.

Che si tenti addirittura di peggiorare le cose, è clamoroso. Ma è quel che accade.

Un po’ come se un energumeno potesse prenderti a schiaffi, e tu gli porgessi un gatto a nove code, dicendo: tieni, già che vuoi colpirmi, con questo almeno ti diverti di più.

Ecco dunque che Ance paga di tasca propria un abbozzo di masterplan del levante, preannunciato con enfasi da Sindaco e vicesindaco come qualcosa di meraviglioso, redatto sempre dagli attivissimi 5+1, che pur a grandi linee riesce a mettere insieme una serie di umiliazioni per i cittadini a dir poco atroci.


Nuove cementificazioni con il porticciolo (sulla sinistra)
e la piattaforma davanti alla Mondomarine (dal SECOLOXIX)

 Naturalmente nei titoli dei giornali si infiocchetta con passeggiata e ciclabile, progetti che, se finanziati con fondi pubblici, potrebbero andare avanti da soli e anche meglio.  Si vocifera di recupero dell’area ex funivia, di parcheggi multipiano sotto il livello stradale, si parla di collegamento con Miramare e S. Giacomo, altri progetti dove sarà difficile che ci si accontenti del cemento esistente, ampliato e ristrutturato.  Da schizzi passati di sfuggita ho intravisto orribili costruzioni impattanti, simili alle case a gradini sulle colline di Bergeggi, che non ho ancora capito se saranno box, o appartamenti, o entrambi.


 La rotatoria con il parcheggio all’altezza di Miramare
 
Sistemazione di Punta Garbasso, dopo la galleria verso Albissola (dal SECOLOXIX)

 Ma queste cose, si sa, le faranno vedere dopo.

Quel che si capisce, è che una delle due spiagge, inglobata nel porticciolo, sarà tutto meno che balneabile, e che l’altra sarà salva solo in apparenza, sottoposta a sollecitazioni di correnti e interramenti.

Ci si è inventati, a peggiorare il tutto, una piattaforma al servizio dei cantieri Mondomarine. Ora, stante la loro pessima situazione finanziaria, e le ipotesi di cessione o fallimento, chi ci può dire che questo progetto non sia solo, come il presunto raddoppio della centrale vadese, un modo per aumentare il valore a beneficio di un potenziale acquirente, che quasi certamente delocalizzerà?

Quanto dubbio è, anche basandosi purtroppo su molti casi simili pregressi, parlare di investimenti per il rilancio? Si investe di solito quando e se si è superata la crisi finanziaria. Non durante, a meno che non sia un bluff per altri scopi, e ovviamente sulla pelle di cittadini e lavoratori.

Ma il peggio, la bruttura insostenibile, è quella dell’ipotesi di case e spazi commerciali sulla spiaggia, su suolo demaniale

Non solo: quando dico che la passeggiata si potrebbe far meglio con progetto a sé e soldi pubblici, intendo che sarebbe più bella sospesa, agganciata al lungomare, come già fatto in altri luoghi: invece qui avremmo la solita passeggiata con deviazione sulla battigia, probabilmente per far sì che sia funzionale ai previsti spazi commerciali. Una aberrante forzatura, come aberrante è tutta la baracca.

 
I rendering del futuro porto turistico e della zona Miramare. (dal SECOLOXIX)
Sullo sfondo alcuni dei palazzi che dovrebbero sorgere per finanziare l’operazione

 In soldoni, siccome tutto il cemento residenziale del progetto è spostato su Albissola, che attende a braccia aperte, perché privarcene? Da soli e senza coinvolgere i vicini (che non l’hanno presa benissimo) inventiamoci dell’altro cemento, cediamo umilmente altri spazi demaniali, ingolosiamo l’imprenditore.  E zac, gatto a nove code per i cittadini. Sì, fateci del male.

Con buona pace del ventilato recupero sostenibile. Spiagge circondate, annullate, e cemento sul bagnasciuga.

Si poteva fare peggio? Forse, ma obiettivamente era difficile, qui si sfiora la perversione edilizia.

Umiliante anche l’incontro alla Sibilla, con la scusa di ascoltare i cittadini, quando dopo la presentazione e gli incensamenti vari e il puntuale e dubbio ricatto economico e lavorativo, si sono auditi i contrari con paternalistica e distratta benevolenza tipo: ecco a voi gli ambientalisti, che carini, che teneri con le loro foche e gattini… Per poi far concludere ai progettisti: tanto c’è Gambardella e questo è. Punto.

Dico solo che, se i savonesi vorranno opporsi a questa ennesima mostruosa presa in giro sulla nostra pelle, che non salva o rilancia alcuna economia ma anzi distrugge quel poco che rimane, ci vorrà altro, purtroppo, che non le pur benemerite iniziative e feste sulla spiaggia. Ci vorrà una protesta ben più compatta, attiva e decisa. Perché qui ci si sta giocando veramente tutto, e difficilmente una città già allo stremo, sporca, confusa, in calo di risorse e abitanti, martoriata anche dall’inutile Aurelia bis, potrà sopportare ulteriori speculazioni e scempi senza criterio.

P.S. Ne ho scritto e riscritto in passato.  A beneficio di chi volesse rileggere, o anche per tutti coloro che sembrano avere la memoria corta quando si tratta di 5 stelle, riporto qui gli articoli:

 – Bitume e Margonara: lo schema fotocopia…

     Margonara: è tutt’altro che finita

 – Quer pasticciaccio brutto de la Margonara

 

  Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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