Waterfront for dummies- 2. Il lungomare….

Waterfront for dummies – 2
Il lungomare di ponente

Waterfront for dummies – 2
Il lungomare di ponente

 Premessa: le avvisaglie ci sono tutte: è in arrivo (o almeno lo sarebbe nelle intenzioni) una nuova megaspeculazione edilizia, per finire di devastare la città.  Si prosegue nel solco tracciato da Di Tullio, e non è servito che si sia reso inviso alla città e abbia perso le primarie anche per questa fama (o fame) cementizia, perché ora, formalmente col centro destra e col suo grande “nemico” Arecco, si procede nello stesso solco tracciato e anzi a tutti gli effetti si accelera. Dimostrando con ogni evidenza che i veri interessi e i veri padroni della città non stanno nelle urne e nelle aule consiliari.

 Con tanto di campagna mediatica di corredo. Prima si stracciano le vesti sulla spaventosa emorragia di posti di lavoro nell’edilizia (senza analizzare, come dicevo l’altra volta, quanto questa sia coincisa proprio con la maggiore speculazione), poi lanciano articoli che parlano ottimisti di ripresa del mercato immobiliare.  Quasi un segnale a costruire, e ancora e ancora: Deus vult.  O almeno, lo chiede il mercato. Quanto questo contrasti con l’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, con i discorsi e i portafogli delle persone, è del tutto irrilevante. La realtà non è mai considerata ostacolo.

Veniamo dunque al nostro lungomare di ponente, che occorre assolutamente “riqualificare”.  Se avessi poteri dittatoriali, farei abolire questa parola dal vocabolario, o almeno, la correderei del vero significato: tombare, rovinare, speculare, sprecare, distruggere definitivamente. Almeno fino a che non veda, nei fatti, una riqualificazione come la intenderei io, ossia concordare interessi pubblici e privati con intelligenza, misura, lungimiranza: abbellire, migliorare, rendere più vivibile.

La fascia sul mare è una delle poche zone della città appetibili stante la crisi in atto, con buona pace dell’ottimistica ripresa.  Infatti, messi da parte al momento gli altri distretti di devastazione… ops, volevo dire di trasformazione, si sono concentrate lì tutte le energie.

  
Palazzi alla foce del Letimbro passagio di via Tobagi chiuso

 La palazzata sul mare alla foce del Letimbro è un buon esempio di ciò che ci può aspettare: ci spenderò qualche parola perché è altamente simbolica e si presta a essere riprodotta altrove. Si allarga la foce per superare il problema esondabilità, e si perde l’utile passaggio di via Tobagi, poi recuperato come passerella precaria, ora chiuso definitivamente. Come contentino si istituisce una pseudo area naturalistica dove le povere papere e i meravigliosi e rari uccelli di passo contemplano mura di cemento e incrociano scaramanticamente le piume, sperando che le acque stagnanti per le piogge sempre più rare non portino scarichi tossici e malanni. L’importante, però, come da regolamento di polizia municipale, è non dare loro da mangiare. Si rischiano multe salate.

Palazzata, dunque, parcheggi sotterranei che come tutti quelli sul mare hanno problemi ricorrenti e forse insormontabili, e usi pubblici e/o privati non ancora del tutto chiariti.  Ben due ditte che si sono alternate nei lavori. Dalla prima, fallita e ora sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta, attendiamo ancora degli oneri di urbanizzazione. La seconda li ha realizzati in fretta e furia con due rotonde, di cui una piuttosto inutile e l’altra utile ma stretta e pericolosa, un recinto per la differenziata troppo piccolo per i cassoni, e degli asfittici chinotti piantati direttamente dentro i vasi di plastica, pudicamente coperti da steccati.

L’edificio di più gran pregio, la vecchia centrale, è recuperato stupendamente, ma non si trova di meglio che piazzarci un megastore di scarsa frequentazione. Almeno si fosse negoziato a suo tempo un possibile uso pubblico, in cambio di cotanto cemento. Pensate: una biblioteca, un auditorium, una sala congressi, un museo… Ora sono in arrivo altri negozi e l’immancabile supermercato. Evviva.

Ecco: tenendo a mente il quadro, l’esempio già realizzato, e non certo caso isolato, facciamoci la seguente domanda: nel bilancio globale, cosa ha perso e cosa ha guadagnato l’interesse pubblico? Ora concentriamoci su cosa rimane, e sui primi segnali che vanno esattamente nella stessa direzione del pregresso. Senza alcuna pianificazione innovativa e senza minimamente curarsi di errori e fallimenti passati. Anzi, esagerando, perché oggi la redditività è minore.

 
Villa Zanelli e villa Pizzardi

A ponente, oltre le Fornaci, sulla fascia sul mare insistono parecchi interessi su terreni privati, pubblici e demaniali. Oltre ai Solimano e all’ex-Famila, nel gioco entrano anche Opere Sociali, con villa Pizzardi contesa con la Curia. Quanto a villa Zanelli, solo l’attenzione recente ha impedito che venisse fatto spezzatino cementizio, prima per anni sperando che crollasse, tagliando anche un pezzo del parco per l’edificio dei vigili del fuoco, con tanto di antica cancellata distrutta, poi tentando di svendersela per far cassa per la sanità, ipotizzando ampliamenti e park sotterranei che l’avrebbero stravolta, e ai quali solo Santa Esondabilità martire ha messo un veto, per fortuna.  Ora, diciamocelo, non si sa bene che farne: ci si inventano idee strampalate, un improbabile minihotel con museo, tra l’altro cose private con soldi pubblici, sperando probabilmente o di modificare i giochi in seguito o di recuperare contropartite altrove. Quando centrodestra e centrosinistra si battibeccano e rinfacciano cose, su questo come su altri argomenti, viene da sorridere.

Non se ne parla molto, si inizia solo ad accennarne, ma anche lato monte ci sono aree e interessi.  Saranno le sorpresine future.

Come collegare tutto questo? Ovvio che presentare tutto insieme il “mappazzone” cementizio è improponibile e indigeribile persino per i savonesi stomaco-di-struzzo. Al tempo stesso, non bastano oneri di urbanizzazione slegati, occorre qualcosa che metta insieme tutto quanto e dia ai privati l’alibi per infiocchettare e inserirsi man mano sulla base di un presunto abbellimento globale.  Regia, come al solito, di Autorità Portuale, oggi di Sistema. Nome adatto: infatti ci sistema per benino, decidendo sempre e disponendo su tutto e tutti.

  

 Ecco dunque l’idea della passeggiata, ventilata da anni. Mi sono sempre chiesta, osservando la situazione: come? Dove?  Una sorta di greca fra i palazzi? Una sopraelevata? Un misterioso passaggio di teletrasporto stile star trek che superi la legge fisica di impenetrabilità dei corpi solidi?

Ne vogliamo discutere? Ne vogliamo parlare tutti insieme e sentire le esigenze dei cittadini, almeno? Macché. 

La risposta è stato un concorso estivo di idee, lanciato di soppiatto da Di Tullio. II progetto vincente ha riscosso subito una marea di critiche. Comprese quelle di Arecco, allora all’opposizione.

 A inizio mandato Caprioglio viene frettolosamente suggellato dagli uffici (regia sempre demaniale ossia portuale) un progetto per alcuni tratti, con richiesta di fondi pubblici tramite bando, e la Sindaco firma.  Il progetto vince i fondi, (per riqualificazione di periferie degradate, sic) anche se è giù giù in classifica e bisogna ancora vedere se e quando arriveranno i soldi. Arecco deve abbozzare, proponendo modifiche non si sa quanto realizzabili, (vista la palpabile perplessità di uffici e progettisti).  Indice incontri con cittadini e associazioni interessati. Si scopre che via Nizza diventerà d’autorità strada a basso traffico, ristretta da piste ciclabili e pedonali e impreziosita da chicane.

Registriamo una curiosità: agli incontri con cittadini e associazioni interessate, le critiche, per esempio sui tratti in legno sulla battigia, vanno spesso nella direzione di soluzioni proposte dai progetti classificatisi dopo il primo. Ma allora perché ha vinto proprio quello? Chi lo ha giudicato? I progettisti si difendono dicendo di aver operato su basi e indicazioni strettamente definiti. E allora, chi ha dato queste indicazioni? Perché?

I progettisti che non hanno vinto, educatamente, tacciono e non recriminano. Fanno solo notare che era previsto, come contentino, una mostra dei disegni non vincitori in Comune, e non è mai stata fatta. Perché? Per evitare confronti?

Intanto scopriamo che agli architetti non danno fastidio i palazzoni sul bagnasciuga, ma le baracche prima di Zinola, allegre, simpatiche, ricche di vivibilità e vissuto. Vorrebbero demolirle e farle ricostruire su palafitte. Se fossero su suolo demaniale, sarebbe cosa fatta. Come a Zinola, alle Fornaci, a Margonara.  Peccato per loro che siano su suolo privato. Ma non è detta l’ultima parola.

Poi c’è quella tristanzuola quota di savonesi, probabilmente fra i meno giovani, probabilmente fra i migliori elettori dell’attuale maggioranza, e ai quali evidentemente Arecco tiene molto, che chiedono di rinunciare a inutili fronzoli come verde e piste ciclabili, per avere invece più parcheggi.

Dunque ecco che si discute di trattini di passeggiata, a iniziare e finire nel nulla.  Grigi progetti non ancora disvelati sullo sfondo.  Unite i puntini. Qualcosa, alla fine, apparirà.


Abbiamo già visto proporsi la riqualificazione Famila con tanto di tetto erboso, sulla quale Di Tullio secondo i quotidiani voleva imprimere una accelerata a fine scorso mandato. Berruti, forse persino lui stufo di cemento, negò. Ma ora è ripartita, e stanno persino iniziando i lavori.

Ora c’è stato l’incontro per i Solimano, una sorta di Commissione promozionale.  

L’antefatto è che il costruttore avrebbe pagato a caro prezzo i cantieri dismessi, sulla base dei volumi. Ma un capannone e un palazzo sono cose diverse.  Anni fa la regione mise un veto a palazzi più alti di quattro piani. Il costruttore iniziò subito a chiedere varianti, e il Comune a mettersi all’opera per bypassare il blocco.

Ora, peggiorata come si diceva la redditività immobiliare, occorre dare ancora di più.

Perciò l’idea è: metto i palazzi di traverso, invece che paralleli a via Nizza, e alzarli a scelta: due alti, uno basso e uno altissimo, eccetera. L’importante è ottenere volumi doppi di quanto previsto dal PUC.  Le ipotesi sono comparse sui giornali, presentate dai progettisti 5+1, e non mi dilungherò. Ciò che interessa è il contorno del tutto. La presentazione, della serie: dove vogliamo andare a parare, assolutamente scoperta in questo caso.

Un altro dei fiocchetti con cui si presenta il regalo cemento di ponente, oltre ai fumosi progetti su villa Zanelli e alla passeggiata, è una ipotesi di collaborazione con l’università per importanti progetti che riguardino il mare e lo sport.


Ipotesi per gli ex Cantieri Solimano

Ci fanno vedere come esempio lungomari esteri sterminati e aperti, tipo Bilbao, con solo qualche palazzo qua e là e con strutture leggere, ecosostenibili, come aule sul mare.

Bello.  Poi l’ing. Delfino se ne va.

La seconda fase è l’esondabilità.  Ricordate la foce del Letimbro? Maledetta esondabilità che impedisce di costruire. Maledette fasce rosse, vi spezzeremo le reni.

Ed ecco dunque i progetti per mettere in sicurezza le foci, in cambio dell’assenso a costruire. Non c’è solo il rio Molinero, ci dicono, abbiamo scoperto che c’è anche il rio S. Cristoforo. Ma penseremo anche a quello.

Con che soldi, chiediamo.  Oneri di urbanizzazione, sembrerebbe.

Insomma, gran parte dei vantaggi che si potrebbero chiedere in cambio di cotale cemento, sarebbero propedeutici al cemento stesso? Così parrebbe di capire. Forse non sarà proprio in questo modo, ma comunque è evidente che entreranno nella contrattazione generale, spiegando che si mette in sicurezza anche a vantaggio dell’esistente, che è comunque un bene per la collettività, un vantaggio che con soldi pubblici non potremmo permetterci, eccetera.  Il ricatto, ops, volevo dire, la contropartita è servita.

Quando si parla di megaparcheggio sotterraneo come altro vantaggio, con il solito verde sopra che sarà nella realtà erbetta secca, e si accenna a villa Zanelli, ci pare di capire l’intreccio, oltre ad accontentare i parcheggiofili accaniti. (Dimenticando che, visto che è la somma che fa il totale se crei nuovi parcheggi ma anche nuovi insediamenti, il bilancio non è in attivo.)  Ricordiamo, e lo ricorda anche Bertolazzi, che questi megaparcheggioni sotterranei sul mare soffrono di gravi problemi di fondo. Tecnicamente risolvibili, certo, ma a che costi? Siamo sicuri che siano sostenibili, o si abbozzerà a metà come sempre, oppure si dirà che l’opera non è fattibile e si sostituirà in seguito con altri oneri meno, per così dire, onerosi?

Quando poi a fronte del progetto megapalazzoni si è iniziato a ipotizzare un paio di striminzite aulette universitarie a pianterreno di uno di essi, come contropartita, per me la misura della presa in giro è stata colma.

Non ho potuto che lanciare una raffica di critiche nel mio discorso in Commissione, esprimendo solo in parte il livello della mia desolata frustrazione.

A voi giudicare se esagero. Dico solo che non ho incontrato in giro un savonese che è uno che non mi abbia detto, a occhi sbarrati: ma come, ancora palazzi?

Vedete voi. Questo è il quadro che si presenta. Solo una piccola parte, peraltro.  E non siamo che all’inizio del mega assalto.

Alla prossima, il levante. 

  Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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