W la libertá! Ma di chi e per quali fini?

W LA LIBERTÁ!

MA DI CHI E PER QUALI FINI?

W LA LIBERTÁ!
MA DI CHI E PER QUALI FINI?

 La libertà ha molte sfaccettature, a seconda di chi la immagina. Vediamone qualcuna.

Liberalismo, in campo economico, è inteso principalmente come eguali opportunità per tutti in un regime di libera concorrenza. Questa visione prese corpo nell’800, sull’onda dell’evoluzionismo darwinista, Con una differenza: che l’evoluzione delle specie è soggetta a rigide regole, non fatte dall’uomo, ma dalla natura stessa. In questa visione darwiniana prevale il più forte, anche nel senso del meglio adattabile ai mutamenti ambientali. Si tratta, in pratica, di una gara tra diseguali, in una rigida scala gerarchica, dal più forte e adattabile al più debole e disagiato, destinato a soccombere.

 


Evoluzionismo o creazionismo? Nell’odierna economia vige il secondo

 

 Nella concorrenza che si svolge nell’arena dei mercati, emergono i più furbi, ossia quelli che riescono a modificare le leggi umane (l’ambiente giudiziario) a proprio vantaggio, rendendo le loro maglie sempre più larghe, così da accentuare cammin facendo l’egemonia dei primi arrivati sulla vetta: i monopolisti. Costoro aborrono ogni vincolo che tenda a smussare le differenze e a far valere i diritti ad esistere dei meno forti: il loro obiettivo è la deregulation.

Deregulation significa: niente lacci valutari, niente impedimenti alla libera circolazione di capitali e merci, bassa inflazione, tasse il più possibile prossime a zero per i monopolisti e alte per tutti gli altri, bassi salari, minima ingerenza dello Stato, alta disoccupazione. Il sogno di ogni grande capitalista-imprenditore è avere una fila di disoccupati in cerca di lavoro davanti ai cancelli delle sue fabbriche.

L’applicazione selvaggia della deregulation portò ai disastri del 1929, spalancando le porte alla Grande Depressione. Gli USA non riuscirono ad uscirne se non con l’entrata in guerra, che dette un impulso formidabile alla produzione bellica e quindi all’idolatrato Pil. In Europa, invece, fu proprio la Grande Depressione a portare la Germania a incensare chi prometteva tutto quanto era stato perso nella Grande Guerra; anzi molto di più. Hitler aveva capito, come i Rotschild più di un secolo prima, che chi decretava le sorti di una nazione era colui che ne possedeva il denaro. E riuscì, caso unico e sinora irripetuto, a toglierlo dalle mani dei suoi proprietari privati (Rotschild, appunto, JP Morgan, Warburg, Lazard, ecc.), dando uno slancio economico alla Germania inimmaginabile soltanto un anno prima della sua ascesa al potere (1933). 


Anni ’30: totalitarismo politico e sovranità monetaria (piena in Germania, parziale in Italia)

 

 Questo successo, tuttavia, celava i semi della sua futura rovina, perché proiettava in un mondo mercantilista un modo diverso di gestire il denaro e gli scambi commerciali. Un simile ribaltamento di regole monetarie sino allora considerate indiscutibili aveva avuto l’effetto di coalizzare i grandi banchieri sopra accennati, e quindi i governi loro lacchè, prima che gli evidenti successi del nuovo paradigma diventassero pericolosamente contagiosi. La Germania fu distrutta, per avere osato tanto; e se ne pianificò addirittura la sua riduzione a Stato puramente agricolo, per spegnere ogni futura velleità di potenza monetaria e militare (Piano Morgenthau, poi ritirato in extremis).

Gli anni ’80 e ’90 segnarono il ritorno della deregulation, che, puntualmente, innescò nel 2007 una nuova Depressione, tuttora in corso. I sacerdoti della trasformazione totale del denaro in entità privata e a debito, e dei mercati in rodei selvaggi, furono gli alfieri della distorsione di liberalismo in neoliberismo. Credo nessuno osi più negare che i governi succedutisi negli ultimi 30 anni non siano stati gli acritici agevolatori del vigoroso affermarsi di questa forma di distruzione economica pianificata della grande maggioranza della popolazione, in un pervicace giro all’indietro della manovella dei precedenti 30 anni di poderosi avanzamenti della qualità della vita. Quello che sembra un miraggio è la convivenza di sovranità monetaria e vera libertà politica e individuale. Eppure è ciò cui tendono i tanti dileggiati sovranisti e populisti.

Ho detto poc’anzi “credo nessuno…”, ma in realtà qualche voce discorde su questa analisi c’è: è quella di coloro che da questa reazione hanno tratto qualche vantaggio, ossia un’esigua minoranza, agiata in quanto la loro sudditanza ai fabbricanti dei soldi viene ripagata con qualche privilegio: le briciole degli Epuloni. Sono i servi felici del potere, che difendono con la massima determinazione, concorrendo a proiettare l’immagine di questo sistema come il migliore possibile, senza più alternative, da quando la follia comunista è implosa su se stessa. In ciò sono coadiuvati dagli altri beneficiari dello status quo: la classe politica (almeno fino all’avvento del governo giallo-verde), l’informazione mainstream, le Università, la cerchia degli intellettuali, il supremo custode della Costituzione, pur violata, e, last but not least, i Tribunali, cui spetta il compito ultimo di punire chi osi sconfinare dal clima di silente asservimento all’ordine costituito. Tutti costoro godono, chi più chi meno, dell’attuale sistema -mentre la maggioranza ne soffre- e non hanno nessuna velleità di adoprarsi affinché il loro benessere coli almeno un po’ sulle classi sfruttate.

 


Anni ’90 sino ad oggi: Totalitarismo monetario e pseudo-libertà politica

 

 Nella mia indefessa ricerca di un finanziatore del film che ho scritto per propagare il più possibile la cognizione di come funziona veramente il nostro sistema bancario e monetario, ricerca che ho dovuto svolgere in ambienti che ne avessero le possibilità economiche, ho trovato tanti accesi assertori di economisti come Mario Monti o dell’attuale Ministro del tesoro Giovanni Tria, per non parlare di Mario Draghi, definito un gigante cui bisognerebbe genuflettersi ogni volta che si pronuncia il suo nome. Questa constatazione mi ha ricordato quanto diceva il compianto economista Nando Ioppolo circa l’impossibilità di trovare un accordo tra persone di cui le une vivono sulle disgrazie delle altre: del ladro col derubato, del truffatore col truffato, dello sfruttatore con lo sfruttato, della vittima col carnefice. Può anche esserci solidarietà tra il medio-piccolo imprenditore e i suoi subalterni, in quando navigano tutti sulla stessa barca, nel mare tempestoso dei loro parassiti; ma non può essercene alcuna tra questi ultimi e chi fatica per sopravvivere. 

In sostanza, la libertà degli iper-ricchi, ossia l’assenza di vincoli ai loro traffici, non potrà mai conciliarsi con la mancanza di libertà di quanti, col proprio lavoro, permettono i loro lussi sfrenati, spesso esibiti platealmente sulle pagine dei rotocalchi. E il povero Ioppolo non si capacitava della stupidità dei medi e piccoli imprenditori, che nonostante tutto si illudono di essere ancora sulla barca dei padroni e difendono i propri aguzzini. Confindustria è un esempio lampante, e confermato anche recentemente, di questa cecità nel distinguere tra sfruttati e sfruttatori.

Un’altra sfumatura della libertà concerne quanti si sentono visceralmente libertari, ossia quanti non sopportano la progressiva limitazione delle libertà individuali da parte di coloro che la reclamano soltanto per sé. Limitazione che si sta espandendo come un cancro, nel fantomatico nome della sicurezza; che perlopiù si traduce in un modo semplice e rapido di succhiare dalle nostre tasche quanto non sono riusciti a fare in altri modi. Non sei conforme? Allora paga! Come da prassi, in nome della repressione dei delinquenti, chi ne paga le conseguenze sono le persone perbene. 

A Finale Ligure sono “finalmente” in arrivo, dopo mesi di annunci, oltre 20 telecamere, che verranno piazzate in punti strategici, ossia quelli più proficui dal punto di vista degli incassi. Poi basta piazzarci accanto divieti demenziali, sull’esempio della strada di Cadibona, e non ci saranno più problemi di soldi: si potrà già metterli a bilancio, e adeguarli anno per anno, in quanto sempre sottostimati. Ah, questi automobilisti indisciplinati!

 


Non sarai più solo: veglieremo su di te, sempre e ovunque, per la tua sicurezza

 

 Vietato questo, vietato quello. Vietati i Mini-bot: potrebbero configurarsi come valuta parallela, in concorrenza con l’euro di Francoforte. Però sarà legalissimo far circolare la Libra, cripto moneta di prossima uscita, firmata Facebook, Visa, Mastercard e tutta la cricca dei vecchi e nuovi iper-ricchi. La Libra va bene, perché ad emetterla sono sempre loro. L’unico a non poter emettere moneta è… lo Stato! Cioè proprio quello che dovrebbe essere l’unico intitolato a farlo… Liberi tutti di creare soldi di fantasia, tranne lui, svilito e deprecato in ogni occasione, per la sua elefantiasi, inefficienza, invasività. Vero. Ma sono tutte mancanze esasperate ad arte proprio dal sistema che tiene lo Stato sotto il tallone e ha tutto l’interesse a farlo apparire pieno di pecche, così da portare la gente, esasperata, a sospirare: “privato è bello”.

 


 

Facebook è il capofila di un corposo pool di iper-ricchi: una sfida aperta a banche centrali, FMI e Banca Mondiale.

Solo il futuro dirà se la competizione porterà benefici anche agli utenti, come Facebook promette

 

 

E chi ha guidato queste danze di fuga dal pubblico verso il privato? La destra, i populisti, i sovranisti, tanto sviliti come incapaci, inesperti, grezzi, fascisti? No, sono stati gli ex sostenitori del “pubblico è bello”, gli ex compagni comunisti, convertitisi in tanti forbiti mercantilisti e adoratori di Borse e salotti buoni. Loro sì che se ne intendono di come si governa una nazione. Eppure, non c’è un singolo indicatore economico o di qualità della vita, che sia cresciuto nei loro anni al governo. Anzi. Hanno benedetto i gran signori dei soldi in quanto concedevano loro di rubacchiare qua e là, magari speculando sui falsi rifugiati o succhiando denaro a perdere da qualche banca amica. In cambio di questi “peccatucci” i gran signori erano sempre più liberi di fare scorribande nel mondo irreale di una finanza ormai prossima ad esplodere, anche per il gravame di titoli tossici, ossia irredimibili, con Deutsche Bank in testa: grande mina sotto la Germania del rigore (degli altri).

 


Fabrizio Corona: il libertino del Nuovo Millennio, idolo delle platee femminili.

Senza vincoli, in ogni campo

 

 Concludo con un’altra faccia della libertà: quella del libertinoalias playboy. Anche costui è rimasto appannaggio dei soli vip: Corona, Sgarbi et sim. Dopo l’exploit degli anni ’80, anche questa forma di libertà è scivolata verso l’alto, con la strisciante pruderie di ritorno e il pervadente perbenismo, in copia conforme al politically correct. Mani Pulite ha fatto le sue vittime anche nel costume, castigando l’ardito topless e lasciando spazio di libertà semmai agli scomposti happening dei Gay Pride, quasi fossero atti di eroismo urbano ed uniche forme di libertà private ostentabili (sia chiaro, nessuna condanna dell’omosessualità, in quanto ogni inclinazione sessuale non è una scelta, ma un istinto; ne critico solo la smodata ostentazione). Del resto, la moda femminile –intendo quella che poi si vede realmente per strada, non sulle passerelle- è quanto di più asettico si possa immaginare, con il dominio di pantaloni e sneakers, in nome della comodità. Che sia tra i responsabili del calo dell’appetito sessuale maschile…? Chissà cosa ne penserebbero gli uomini del tempo che fu, quando le donne si sottoponevano a vere e proprie torture, strizzandosi in corsetti dalla vita di vespa per il loro piacere?

  

 Marco Giacinto Pellifroni      23 giugno 2019

   Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com

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