Via Almirante, una strada pericolosa per la memoria italiana

Il caso grossetano svela l’eterno conflitto tra memoria e oblio, tra passato e presente
Via Almirante, una strada pericolosa per la memoria italiana
Intitolare una via ad Almirante è come aprire un antico vaso di Pandora: a qualcuno piace, ma la maggior parte preferirebbe dimenticare

Come si fa a determinare se un personaggio è democratico o meno?
La domanda che risuona a margine delle polemiche che hanno accompagnato l’intitolazione della via Almirante a Grosseto non è solo giuridica o storica, ma squisitamente etica e politica. Se, da un lato, Giorgio Almirante fu senza dubbio un attore centrale della politica italiana nel dopoguerra, la sua figura si inserisce in un contesto ambivalente che rende difficile definirlo in modo semplice come “democratico” o “antidemocratico”. La sua adesione al Movimento Sociale Italiano e le sue posizioni politiche, spesso in contrasto con la Resistenza e le istituzioni democratiche post-belliche, pongono un serio interrogativo sulla sua genuinità come difensore dei valori repubblicani. Tuttavia, è altrettanto vero che negli ultimi anni della sua carriera politica, Almirante cercò di modernizzare e temperare la posizione del MSI, promuovendo una politica di pacificazione nazionale. Ma come si fa a determinare se un personaggio è democratico, in un contesto in cui l’interpretazione del termine cambia a seconda della posizione ideologica da cui si osserva? La democrazia è un valore universale o è da intendersi come il prodotto di una cultura politica con radici storiche precise, dove le sue forme evolvono a seconda delle pressioni sociali e dei contesti di conflitto?

Come si fa a determinare se un personaggio è rilevante o meno?
La rilevanza di un personaggio storico, come Almirante, è spesso misurata in base all’impatto che ha avuto sulla società del suo tempo e sulla memoria collettiva che ne sopravvive. In questo caso, il dibattito sulla sua “relevanza” non è solo una questione di azioni politiche o di riscontri elettorali, ma di un più ampio spettro di interpretazioni ideologiche. Per molti, Giorgio Almirante rimane una figura cruciale nella storia politica del dopoguerra, in quanto incarna la continuità di una parte della società italiana che, seppur marginalizzata, ha avuto una certa influenza. Ma, per altri, la sua rilevanza è una chimera, una scoria del passato che nulla ha a che fare con l’Italia contemporanea. La questione, quindi, non riguarda solo l’impatto effettivo di un leader politico, ma anche come la società sceglie di “legittimarlo” come figura storica e come questa legittimazione venga contestata, a seconda di chi scrive la storia. Ecco perché l’intitolazione di una via a un personaggio come Almirante può essere vista come una riattivazione del suo “peso politico” e culturale nel presente.

Come si fa a determinare se un personaggio è onesto o meno?
L’onestà di un personaggio pubblico, soprattutto uno con una carriera politica così travagliata come quella di Almirante, non è mai facilmente giudicabile se non tenendo conto di un ampio contesto storico e sociale. Onestà, infatti, non è un concetto che può essere misurato esclusivamente con il metro della moralità individuale, ma deve essere calato nell’ambito delle scelte politiche, dei compromessi ideologici e della trasparenza delle sue azioni. Almirante ha attraversato periodi di conflitto politico durissimo, tra accuse di collusioni con movimenti estremisti, attacchi all’ordine democratico e tentativi di recuperare una legittimazione nel contesto della Repubblica. La sua figura è sempre stata discussa anche per i suoi legami con il passato fascista, per l’ambiguità dei suoi gesti e per il suo modo di gestire la politica del MSI in rapporto con le istituzioni democratiche. Ma come si fa a determinare se è stato veramente “onesto”, quando il suo essere “onesto” potrebbe significare diverse cose per persone diverse? Se l’onestà si misura solo dal rispetto delle leggi, allora forse la sua figura è meno compromessa di quanto sembri. Ma se la si misura secondo la sincerità dei suoi intenti politici, la risposta non è così univoca.

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Damnatio memoriae
La cancellazione della memoria di un personaggio storico, un fenomeno noto nella storia come “damnatio memoriae”, si è imposta anche in Italia come strumento di pulizia della memoria collettiva, soprattutto quando si trattano figure che hanno avuto legami con il fascismo o che incarnano ideologie in contrasto con i principi fondanti della Repubblica. Almirante è uno di quei casi in cui la memoria storica viene messa alla prova dalla divisione ideologica. Il suo nome è ancora divisivo e il suo ricordo è riscritto costantemente, come se si trattasse di un “fantasma” che non vuole trovare pace. Intitolargli una via in una città come Grosseto, città che fu teatro di scontri ideologici nel secondo dopoguerra, è come riaccendere una discussione che mai si è placata. La damnatio memoriae non è mai completa: la storia è scritta dai vincitori, ma la memoria è sempre plurale, ambigua e contesa. Intitolare una strada a Almirante significa, da un lato, fare i conti con il passato, ma dall’altro rischiare di alimentare conflitti ideologici ancora irrisolti. Eppure, se la memoria fosse davvero cancellabile, non esisterebbero più le divisioni che ci segnano.

Botte da orbi tra opposte fazioni
La storicizzazione di un personaggio come Almirante non è un processo indolore. La violenza simbolica che si scatena tra le opposte fazioni politiche dimostra quanto il nostro paese sia ancora scosso dal fantasma della guerra civile. La “battaglia” tra chi vuole intitolargli una via e chi lo considera un “criminale” non è una semplice disputa sulla toponomastica, ma una vera e propria lotta ideologica sul significato del passato. È una battaglia per il controllo della memoria storica e per l’affermazione di una certa visione della politica italiana, in cui le cicatrici del fascismo e della Resistenza continuano a infiammare le tensioni tra destra e sinistra. Gli opposti estremismi – tanto più in un momento storico come il nostro, in cui le ideologie sembrano risorgere – sono la conseguenza di una mancata pacificazione, ma anche di un’insoddisfazione diffusa per la situazione politica attuale, che spinge i partiti a cercare il consenso nei fantasmi del passato.

Ignoranza storica e paura dell’alterità
La questione della toponomastica non riguarda solo la politica, ma anche l’ignoranza storica che continua a pervadere la società italiana. Se molti vedono in Almirante un leader “riabilitato” o “modernizzato”, pochi si interrogano sulla complessità della sua figura e sulla rilevanza del contesto in cui si è mosso. La paura dell’alterità – della figura del “nemico” storico – è il vero motore della discussione. La storia, infatti, non è mai neutra: è scritta dai vincitori, ma anche dal dominio delle ideologie dominanti. La questione di Via Almirante è la sintesi di un paese che non ha ancora fatto i conti con il suo passato, una nazione che sembra vivere in un presente sospeso, dove i conflitti ideologici non si sono mai davvero estinti e dove ogni nuova proposta di “riabilitazione” rischia di riaccendere vecchie tensioni. E così, al di là dei meriti o demeriti di Almirante, la vera domanda resta: siamo pronti a scrivere una storia che comprenda tutti, senza paura di perdere identità, ma con la consapevolezza di come le nostre divisioni passate continuano a segnare il nostro presente?

Tags: memoria storica, Almirante, toponomastica, politica, ideologia

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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