Vedere il traguardo [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso
Quando sei lì, quasi al termine di un percorso e vedi il traguardo.
Che sensazione straordinaria.
Ogni giornata che affrontiamo è un viaggio.
Ci alziamo al mattino, andiamo al lavoro e quando rientriamo alla sera finalmente possiamo riflettere: se siamo felici per la giornata meritando il riposo oppure se siamo felici per il riposo, e basta.
Il termometro è evidente.
Ho ascoltato con particolare attenzione le dichiarazioni degli atleti per gli Internazionali di Tennis a Roma, quest’anno decisamente favorevoli agli azzurri.
Tutti, proprio tutti, vincitori e sconfitti, puntavano il dito sul percorso, sul fatto che ogni partita del tabellone fosse un passo indispensabile e avvincente, un tratto di viaggio con momenti alterni di difficoltà e soddisfazione, di sofferenza ed entusiasmo.
Anche quest’anno scolastico che volge al termine mi ricorda tutte le settimane passate a costruire pedantemente e a piccoli passi un brano musicale, una riflessione storica, una canzone; settimane occorse per un giungere al traguardo.

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Del resto lo ha pensato e scritto molto tempo fa T.S. Eliot, uno che ha fatto della sua vita un viaggio anche intellettuale:
È il viaggio, non la meta, ciò che conta – diceva.
Prima di lui il tema era scottante fin dall’antica Grecia.
Ma tra i suoi tanti scritti risuona potente la chiusura del cerchio:
La conclusione di tutte le nostre ricerche sarà di arrivare dove eravamo partiti e di conoscere il posto per la prima volta.
Ecco la chiave, partenza e traguardo coincidono.
È il viaggio semmai che ci rende differenti.
In conclusione di Flessibile ritorno al titolo.
Vedo il traguardo e sento già un filo di consapevole malinconia.
Figlio dell’uomo,
Tu, non puoi dire o pensare, perché tu sai solo
Di un mucchio d’immagini rotte, dove batte il sole,
Dove l’albero morto non ripara, il grillo non conforta,
E la pietra riarsa non dà suono d’acqua.
(da “La terra desolata” di T.S. Eliot – 1922)