Valutazione della fase politica

La difficile valutazione della fase politica
La personalizzazione, a tutti i livelli, centrali e periferici

La difficile valutazione della fase politica
La personalizzazione, a tutti i livelli, centrali e periferici
 

Appaiono obiettive le difficoltà nel valutare, a qualche giorno di distanza dal voto di fiducia, la fase politica: difficoltà che nascono dalla necessità di essere impietosi, al limite dell’ “eccesso di critica”.

Eppure ci pare il caso di tentare il rischio.

La “pseudo-crisi” di governo, dopo mesi di chiacchiere, non c’è stata: questo è il dato di fondo da registrare, assolutamente incontrovertibile nella crudezza dei numeri.

Ha vinto la capacità di “convinzione” verso qualche deputato, mettendo così a nudo, interamente, i limiti profondi di “deficit democratico” che il nostro sistema politico, oscurato da una forma abnorme di personalizzazione della politica a tutti i livelli (centrali e periferici), presenta.

Senza una modificazione profonda nella realtà dell’agire politico sarà difficile muoversi, almeno nei prossimi mesi, verso una prospettiva diversa da quella della palude nella quale siamo venuti a trovarci (ormai da tempo, beninteso e a scanso equivoci).

Il grande sconfitto di questa tornata è il centrosinistra: il grande sconfitto perché non sa saputo dimostrare, in tutti questi mesi di irritante trascinamento verso questo esito così squassante, una qual sorta di autonomia nell’iniziativa politica (dopo il barlume della proposta di “CLN a due cerchi” è seguito il nulla, o ancor peggio, la messa al traino della linea dei nuovi “salvatori della patria”).

L’applicazione, grottesca in questo caso, da parte dei compagni dell’ex-PCI oggi dirigenti del PD della linea del V congresso dell’Internazionale Comunista (quello della relazione Dimitrov-Togliatti sui “fronti popolari”) esercitata verso chi stava giocando in proprio una personale lotta di potere su tutt’altro versante si è rivelata assolutamente foriera d’insuccesso.

Le condizioni di scontro, per il centrosinistra ed il PD in particolare, erano del tutto fasulle e c’è chi ha saputo usare il centrosinistra quale semplice “donatore di sangue” per trascinarlo dentro alla propria battuta d’arresto.

Si è visto con chiarezza, inoltre, quanto ha pesato l’assenza della sinistra in Parlamento: ed anche questo elemento, sulla base dell’analisi del meccanismo di costruzione delle alleanze e della presentazione elettorale del 2008, dovrebbe essere valutato.

Sul piano dell’analisi riferita strettamente all’ambito politologico si possono, a questo punto, svolgere due brevi considerazioni: la prima, se si valuta ormai come indispensabile la creazione del “terzo polo” appare evidente come la presunta strategia bipolare costruita nel corso degli ultimi 16 anni abbracciando il binomio maggioritario – presidenzialismo (esasperato fino a far parlare di nuova “costituzione materiale” e mi riferisco alla concessione del dover scrivere il nome del “leader della coalizione” sulla scheda elettorale) è fallita; se ne prenderà atto?

Qualche apprendista stregone rientrerà nelle quinte? Tutti i dubbi sono leciti.

La seconda osservazione: il “terzo polo” nasce centrista e la dinamica “normale” dei sistemi politici indica come sia il “centro” a cooptare in alleanza la “sinistra” (esempio la DC negli anni ’60 verso il PSI) e non viceversa. Anche questo elemento deve essere fatto oggetto di attenta valutazione, prima di prendere, magari, l’ennesima cantonata.

Questa recente vicenda politica di cui ci stiamo occupando ha avuto, sul piano istituzionale, due passaggi all’interno dei quali si poteva ben affermare un ruolo “centrale” del centrosinistra: quello relativo alla fissazione della data del dibattito in aula, posposta di un mese per ragioni (l’approvazione della legge di stabilità) che potevano benissimo essere risolte in altro modo e la chiusura, l’antidemocratica chiusura, della Camera dei Deputati nei 15 giorni precedenti il voto di fiducia.

Attorno a questi due passaggi sarebbe stato necessario portare lo scontro nel Parlamento e nel Paese ai limiti della crisi istituzionale, realizzando una forte mobilitazione dal basso ed una altrettanto forte pressione parlamentare (se la valutazione complessiva è quella di un pericolo scivolamento verso un regime di destra populista questi due passaggi appena citati, a nostro giudizio, potevano essere paragonati a Luglio’60: e l’esempio è bello fatto).

Si è preferito invece non rompere le uova nel paniere ai già citati “dilettanti allo sbaraglio” e i risultati si sono, purtroppo, visti.

Inoltre, ed ancor più, sono risultati assenti sulla scena politica i drammatici problemi sociali ed economici che, nella crisi internazionale, attanagliano i ceti popolari e quelli intermedi, all’interno di una società sfrangiata, segmentata, ridotta a massa informe, in una Paese dove non funziona nulla e la pressione fiscale si colloca al 43,5%, con migliaia di miliardi di evasione.

La capacità di comunicazione del centrosinistra, sotto questo aspetto, è apparsa molto ridotta: manca soprattutto, e si è visto bene con la manifestazione dell’11 Dicembre, la visibilità di una proposta alternativa di governo, tale da prefigurare un diverso ordine sociale.

Verifichiamo, insomma, una assenza di autonomia nell’elaborazione di un pensiero politico e, di conseguenza, emerge una difficoltà nel definire strategia e tattica: manca un soggetto politico adeguato, strutturato, organizzato, in grado di aggregare ed incidere socialmente e politicamente.

Sostituire questo soggetto, come pensa qualcuno, con l’ “uomo solo al comando”, omologo del “caudillo” del centrodestra, proprio mentre va in crisi il bipolarismo sarebbe davvero esiziale.

Quanti credono ancora in una possibile presenza della sinistra, della sinistra che ha avuto origine dalle tradizioni ideologiche del ‘900 e che oggi (nella crisi del neoglobalismo) appaiono ancora ricche di elementi fondamentali per lo sviluppo di un adeguato pensiero politico e di una conseguente iniziativa politica, sono chiamati a riflettere con grande attenzione.

La prospettiva, adesso , è quella elettorale ( non abbiamo affrontato il tema della legge elettorale, per ragioni di economia di spazio, ma sarà necessario farlo al più presto): una prospettiva che sarà gestita, politicamente e mediaticamente, dal vincitore.

Analizzare questa prospettiva confermando l’esigenza di un mutamento di rotta è il tema all’ordine del giorno per la ricostruzione di una presenza di sinistra in Italia.

Savona, 16 Dicembre 2010                                                Franco Astengo

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