Un’ordinata anarchia

UN’ORDINATA ANARCHIA
Dopo aver letto i due lunghi articoli dei filosofi F. Sguerso e P. F. Lisorini, sono stato pervaso, o meglio confermato, nel mio già ben presente sentimento di inanità

UN’ORDINATA ANARCHIA

 Nell’epoca di twitter saranno in pochi ad aver letto, sullo scorso numero di Trucioli, i due lunghi articoli dei filosofi F. Sguerso e P. F. Lisorini, e forse anche il mio, sebbene più breve. Io li ho letti entrambi e, giunto alla fine, sono stato pervaso, o meglio confermato, nel mio già ben presente sentimento di inanità. Inanità di ogni nostro sforzo per influire sul corso degli eventi sociali, in quanto membri del mitico “popolo”, che tutti i politici si fregiano di rappresentare.

Nei due articoli citati, che il caso ha voluto affiancare, ho avuto modo di fare un raffronto tra le idee di democrazia rappresentativa propugnate o negate da vari pensatori negli ultimi secoli, in opposizione al totalitarismo, ossia alla forma di governo in realtà dominante in vari gradi, pur sotto lodevoli etichette libertarie ed egualitarie.  


Rousseau vagheggiava una società retta da una politica interprete della “volontà generale”

Ciò che emerge dalla lettura del dotto articolo di Sguerso è che l’astratta “volontà generale” (una sintesi dei desideri e bisogni del “popolo”), vagheggiata da J. J. Rousseau, porterebbe al deciso primato della politica e alla realizzazione del suo insito fine di emendare i guasti della società esistente e di risolvere i problemi dell’uomo. L’ideale di Rousseau è l’uomo pre-politico, il “buon selvaggio”, corrotto nel tempo dalla civiltà della conoscenza: tendenzialmente, il ritorno ad un primevo Paradiso in Terra. Si tratta, in sostanza, di una filosofia dell’involuzione; salutata come rivoluzione. Tant’è che si è additato Rousseau come un precursore della rivoluzione francese. Purtroppo la storia ha insegnato, a caro prezzo, quanto le rivoluzioni, tese sempre a instaurare libertà e uguaglianza, abbiano, quando arrise loro il successo, fallito lo scopo originario, cedendo tosto all’instaurazione di regimi totalitari, ossia proprio il contrario della democrazia (o della repubblica) che le bandiere rivoluzionarie promettevano.

 
 I due rami del parlamento, gli odierni castelli, con ponti levatoi sempre levati

A Sguerso fa da contraltare Lisorini, che scandaglia i giorni nostri per mettere in triste evidenza quanto la democrazia continui ad essere non più che uno slogan sulle bocche dei politici, che in suo nome attuano il suo esatto opposto, predisponendo per sé e i propri adepti gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama, in vista soltanto del potere che, se è politicamente illusorio, causa il vassallaggio dalla UE, è pecuniariamente e singolarmente reale, poiché permette loro di attribuirsi scandalosi privilegi e appannaggi; ma tanto basta a lorsignori, anche se antitetico al declamato interesse pubblico. Il povero Rousseau si rivolterà nella tomba al vedere come la “volontà generale” sia in realtà molto particulare e come quegli stessi personaggi, che hanno circuito per mesi masse speranzose di veder migliorare le proprie condizioni, da abbordabili e dialoganti che erano sino al giorno delle elezioni, si trincerino tosto dietro le mura di gomma degli odierni castelli, cui al “popolo” che li ha eletti è inibito l’accesso.

Parlare con uno di loro è impossibile o affidato al caso. Alquanto singolare l’episodio di quell’insegnante con una guancia sfregiata da un suo studente, la quale ha avuto l’inopinata ventura di esser ricevuta nientemeno che dal capo in testa dello Stato, ossia di quel Leviatano che T. Hobbes definì mirabilmente 4 secoli fa. Lo Stato, la politica, non sono più qualcosa di partecipante (se non per chiedere, e spesso estorcere, tasse e balzelli) né di partecipato, se non falsamente al termine di ogni legislatura per mietere nuovi voti (e ultimamente senza neppure la farsa elettorale).

Il giudizio finale è quindi che la democrazia è un totalitarismo camuffato e ipocrita -anche se modulato sulle diverse culture- e che al mondo democrazia non v’è mai stata; quindi, libertà e uguaglianza sono concetti retorici, utili nei comizi pre-elettorali per venir subito sconfessati dai vincitori. (Con buona pace del neo-partitello Liberi e Uguali, guidato da una fondamentalista e da un opportunista in carriera, come biografato da Marco Travaglio [vedi]).


LeU: un partito guidato dalla 2a e 3a carica uscenti dello Stato. Se questa è la premessa…

Il desolante risultato è pertanto, essendo ormai quanto sopra di dominio pubblico, per il suo rituale ripetersi ad ogni chiamata alle urne, l’isolamento volontario dei singoli atomizzati, oggi in maniera ancora più accentuata tramite i cosiddetti “social media”, che di sociale hanno ben poco, essendo in realtà inviti al solipsismo. Se in altre epoche la fuga dalla società aveva un afflato religioso, come alla fine della romanità, o naturalistico, come nell’emblematico caso, in pieno Ottocento, di H. D. Thoreau, autore di “Walden ovvero la vita nei boschi”; oggi la camera-guscio degli hikikomori giapponesi ha sostituito estasi mistiche o naturalistiche e sta espandendosi anche in Italia [vedi] in un’inedita “minoranza silenziosa”, punta dell’iceberg della maggioranza astensionista.  


Hikikomori: giovani che esprimono il rifiuto della società che li rifiuta  

A prima vista, sembra inevitabile che la società, per definirsi “civile”, debba dotarsi di una casta politica (un tempo l’aristocrazia) per governare il Paese nell’interesse di tutti. E la parola anarchia, in opposizione a gerarchia, appare solo di tanto in tanto nelle cronache odierne per via di qualche rivendicazione o attentato, che, più che costituire un pericolo per il sistema, denotano la frustrazione dei loro autori a causa della loro irrilevanza politica. L’anarchia, infatti, non gode del benché minimo consenso sociale come pratico rimedio alla degenerazione della democrazia in una oligarchia di fatto e neppur più operante in autonomia, bensì al servizio di opache organizzazioni mondialiste, superiori agli stessi Stati per dimensioni e potere.

Eppure, paradossalmente, la prolungata assenza di una classe di governo non sembra aver nociuto a quei Paesi che, non per volontà propria, ma per l’incapacità di accordarsi e formare una maggioranza, sono rimasti privi di esecutivo per mesi e anche più di un anno (Belgio e Spagna, se non erro), cioè in un regime quasi “anarchico” di fatto.

Questo è anche il prospetto che i sondaggi danno per quasi certo anche in Italia, dopo il 4 marzo, dove l’insorgere di un quadro politico tripolare anziché bipolare, rende difficile costituire una maggioranza se non di partiti tra loro divaricanti.

Forse che la “volontà generale” di rousseana memoria cederà il passo alla coesistenza di volontà individuali alla Adam Smith, che, badando ciascuna al proprio interesse, promuoveranno il bene comune, in un regime ossimorico di “ordinata anarchia”, nel quale un parlamento assente cesserà di promulgare leggi in una nazione già oberata dalla loro elefantiasi?

Il breve video in chiusura serve a meglio render l’idea di questa mia onirica provocazione: un anno sabbatico della politica, con tutti i suoi volti banditi dalla Tv, dalla stampa, dalla rete. Un anno di disintossicazione popolare, a partire dal 5 marzo… 

 

   Marco Giacinto Pellifroni  11 febbraio 2018  

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