Uno sciopero fratricida
LA TERRA RUBATA !!!
“Uno sciopero come propongono Rossello e Di Tullio sarebbe il fallimento della politica e della democrazia”
Sarebbe nuovamente una guerra fratricida come fu per Acna.
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All’inizio si lotta da soli………..i sindaci piemontesi si danno anche da fare, ma hanno le mani legate perché la fabbrica è di là in Liguria. I partiti? Quelli meglio lasciarli perdere, che tanto in Piemonte dicono una cosa e in Liguria un’altra. Appena si avvicinano le elezioni quelli della provincia di Savona fanno a gara a difendere l’Acna e i posti di lavoro, mentre i colleghi di partito della provincia di Cuneo son tutti lì a deplorare l’inquinamento e i danni all’agricoltura. Si sa che le cose della politica richiedono compromessi e mediazione e la gente non capisce. Per la gente si sa o è bianco o è nero, per la politica è sempre meglio che sia grigio.” Tratto da “Cent’anni di veleno” Il caso ACNA l’ultima guerra civile italiana. …o la penultima?
LA TERRA RUBATA !!!
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Siamo proprio a una svolta epocale, una svolta inaspettata nella storia delle lotte sindacali dei lavoratori. Dopo aver trascorso duecento anni, nelle piazze a fianco dei cittadini, delle forze sociali, contro le scelte unilaterali della proprietà e del padrone o di un governo ingiusto e affamatore, a Savona un sindacato si prepara a fare uno sciopero contro la gente. Non sto farneticando, almeno non io. |
Il segretario della CGIL, il più grande sindacato della sinistra, ha deciso che dopo le parole e le azioni di sostegno alla politica industriale della Tirreno Power e a quella poco attendibile degli industriali savonesi e dell’autorità portuale che spinge sempre più decisamente per la costruzione della piattaforma Merks, si debba passare ai fatti. “Bisogna far vedere la faccia e sentire le voci di chi crede in questi progetti, contro l’idea sempre più diffusa, a Savona, di una decrescita felice” sostiene Rossello, tradendo anche scarso equilibrio dialettico e poca competenza nel criticare o sminuire le posizioni di altri. Denuncia una situazione in cui, quella che chiama con sottile disprezzo “ decrescita felice” contrapporrebbe il lavoro all’ambiente, per difendere quest’ultimo. Odiosa e superata contraddizione, quando questo è possibile. Ma ricordo che fu proprio il sindacato a favorirla quando non si oppose, come avrebbe dovuto, all’odioso e pretestuoso ricatto occupazionale perpetrato dall’azienda, per rendere convincente proprio l’ampliamento della centrale a carbone.
“Si deve dire chiaro che questo modello di sviluppo non piace”. Insiste.
Quale modello ? Si riferisce forse a quello dell’industria savonese che per responsabilità politiche e imprenditoriali è fallito da tempo, e che quotidianamente continua dare prove ineluttabili di incapacità progettuali e gestionali ?
Un modello che a Vado, si basa ancora su inquinamento, su malattie e morte di un territorio, che si protraggono da quarant’anni, ma i cui effetti bisognerebbe sopportare perché ci sono 80 milioni d’investimenti che è un peccato perdere?
Deve piacere quello che viene chiamato impropriamente sviluppo, che non garantisce che poche decine di posti a fronte di un disastro ambientale i cui effetti e danni non saremmo neanche in grado di fronteggiare?
Deve piacere lo sviluppo delle “formiche “, tanto care a Di Tullio, che sanno solo costruire l’inutile e assurdo raddoppio di una centrale a carbone, mentre tutti le dismettono guardando a fonti rinnovabili, e una mega piattaforma sul mare che non darà sicure garanzie se non quelle di uno stravolgimento territoriale inutile e dannoso? Saranno forse le stesse formiche che magari riutilizzeranno i due gruppi dismessi della centrale per bruciarci rifiuti?
Sarebbe bene, però, che la gente dimenticasse che, per anni, con la promessa di un lavoro si è permesso che una centrale si trasformasse in un territorio già fortemente industrializzato e diventasse la più grande della Liguria, passando da una proprietà all’altra, sempre nel mancato rispetto di tutti gli obblighi di ambientalizzazione di legge, disposti per la difesa della salute dei cittadini e per gli stessi lavoratori. |
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I cittadini dovrebbero dimenticare quarant’anni d’inquinamento ambientale, di mancati monitoraggi, di controlli fatti dai controllati, di omissioni, di complicità, di gruppi a carbone fuorilegge che sono stati causa di malattie respiratorie, cardiovascolari e di tumori in una popolazione ben più vasta di quella del territorio vadese.
Come si spiega, allora, il silenzio del sindacato in tutti questi anni ? E lo Stato dov’era?
Proprio nel profondo Nord succedeva tutto questo. In una Vado, governata per decenni prima dal PCI, di cui era roccaforte, poi dai DS e PD e i cui saldi rapporti con la vicina Provincia e con Savona si sono interrotti proprio per volere della gente, che ha voluto cancellare le ambiguità con cui si stava amministrando un territorio. |
Forse è proprio questo che quelle formiche non riescono ad accettare e mentre continuano a ignorare le ragioni del territorio e della gente, distolgono l’attenzione sulla vera crisi economica quella della classe imprenditoriale savonese.
Forse sarebbe più comprensibile uno sciopero sulle mancanze di quest’ultima!!!!
E invece, paradossalmente, a distanza di anni la stessa ambiguità che fu alla base del rapporto tra sindacati e proprietà, all’ACNA di Cengio, sembra tornare a Vado e la gente, che si oppone da tutta la Provincia all’ampliamento e si batte per la dismissione del carbone e per una migliore qualità della vita, sembra potersi riconoscere in quella che si batteva allora per la chiusura dell’ACNA. Sarà utile ricordare a Rossello e a Di Tullio che anche all’ACNA fu storia di uomini che lottavano per la loro vita e quella dei figli. Lottavano per far chiudere il “mostro” che aveva portato ricchezza per alcuni e morte per molti, per troppi. Un “mostro” che controllava la vita di Cengio (il Sindaco e molti amministratori del Comune lavoravano nella fabbrica, la classe medica era silente se non connivente) e al solo nominarla bisognava fare attenzione, anche se calpestava duramente i diritti dei lavoratori. Un “mostro” che poteva ignorare i dimostranti e gli scioperi dei valligiani perché aveva alle spalle ministri e politici pronti ad avallare ogni menzogna. La parola d’ordine era: “Tenere aperta l’Acna“; tutto il resto non contava. Non contavano i morti, non contava un’intera valle deturpata dall’inquinamento. L’Acna produceva ricchezza al cartello politico-imprenditoriale che la sosteneva, e questo era sufficiente, anche per lo Stato italiano, che è stato assente, debole e complice.
Qual è, oggi, la parola d’ordine per la centrale di Vado? Che cosa spinge un Segretario Sindacale a promuovere uno sciopero fratricida, di gente contro la gente? Che cosa spinge il Segretario PD, Di Tullio a dare del “faccia di tolla” a un Sindaco, solo perché rimane coerente al mandato dei suoi cittadini? Non brucia ancora abbastanza la sconfitta elettorale di Vado, proprio sul fallimento di una politica distante dalla gente?
Io sono d’accordo col Sindaco di Vado “Uno sciopero come propongono Rossello e Di Tullio sarebbe il fallimento della politica e della democrazia!” e aggiungo, sarebbe nuovamente una guerra fratricida come fu per Acna. Da una parte ci sarebbero gli operai, che vogliono la certezza di un posto di lavoro e sono pronti, loro malgrado, a chiudere un occhio sulla sicurezza e sulla salute, dall’altra i cittadini di Vado e Provincia, che intendono rivendicare, ora più che mai, la salute e la qualità della vita per loro e per le generazioni future. ANTONIA BRIUGLIA Disegno di Serena Salino |