UNA SETTIMANA NERA PER I NERI

Prigioniera della follia del regista Jeff Hare

Sabato 8 luglio è andato in onda in prima serata il film Prigioniera della follia del regista statunitense Jeff Hare, sapientemente giocato, appunto, sulla lucida follia di una matura vedova benestante che riesce a plagiare i due figli e a coinvolgerli nella delirante impresa di sostituire la figlia scomparsa o morta (sapremo alla fine che è stata lei stessa a ucciderla) con un’altra giovane sequestrata dai due figli e, una volta ridotta in cattività, sottoposta a un assiduo trattamento manipolatorio fino al punto di farle credere di essere veramente la figlia scomparsa e ritrovata per la gioia di quella bella famiglia di psicopatici. Laura, la giovane prigioniera, dopo qualche vano tentativo di fuga, mette in atto una  sottile, ancorché rischiosa per il suo equilibrio psichico,  strategia difensiva: finge di essere e di sentirsi veramente la figlia scomparsa o morta che aveva gettato la famigliola nella disperazione, e comincia a comportarsi da figlia e sorella affettuosa in modo da allentare il regime di stretta sorveglianza a cui era sottoposta con la scusa di “proteggerla da se stessa”, in attesa dell’occasione favorevole per fuggire da quella morsa diabolica. Se non che, sempre allo scopo di aprirsi una via di fuga, commette l’errore di tentare di sedurre il più giovane e più umano dei due fratelli, tentativo sventato all’ultimo momento dall’intervento della madre pur sempre all’erta e sospettosa, la quale, per quanto pazza, era ben in grado di distinguere la finzione dalla realtà. A quel punto, fallita anche l’estrema strategia difensiva di Laura, la madre iperprotettiva e premurosa e il figlio maggiore completamente plagiato, dopo aver assassinato l’altro figlio “traditore” della famiglia, le avrebbero fatto fare la fine della vera figlia, uccisa proprio perché  rifiutava quella “protezione” patologica e quelle pelose e soffocanti premure utilizzate per tenerla in soggezione psicologica. Al di là del lieto fine con la liberazione di Laura a opera della polizia finalmente giunta sul luogo del delitto,  la scena che vale tutto il film, a mio modo di vedere, è quella in cui la madre paranoica e manipolatrice seriale accusa Laura di aver ingannato lei e suoi figli, dalla puttana manipolatrice che è sempre stata. Avete capito? Gli incantatori e le incantatrici di serpenti, i manipolatori delle folle e i plagiatori del prossimo sono sempre pronti a proiettare sugli altri le loro mancanze, le loro patologie e le loro responsabilità civili, penali, morali e politiche.

Santanchè al Senato

Ne abbiamo avuto un esempio mercoledì pomeriggio dall’aula del Senato, con l’informativa ad usum Delphini della ministra Santanchè: “Anche stavolta ‘la Pitonessa’ conferma il suo nomignolo, tentando a più riprese di ipnotizzare gli accusatori, sciorinando cifre e date quando positive, guardandosi dal citare i nodi negativi, quelli politici, quali il prestito milionario di Invitalia, i fondi Covid, il debito con il fisco, i mancati pagamenti ai dipendenti.

Va avanti distribuendo sapientemente l’orgoglio dell’imprenditrice e il vittimismo della politica contro ‘queste sporche, schifose pratiche’, attacchi vergognosi, perché non mi sono mai appropriata di nulla, non ho mai abusato della mia posizione, non  ho nessuna multa da pagare”. E infine: “Le critiche più feroci vengono da molti che in privato hanno tutto un altro atteggiamento nei miei confronti, e a cui a volte fa anche piacere prenotare e andare nei locali di intrattenimento che ho fondato. E mi fermo qui per carità di patria” (La Stampa del 6 luglio).

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Già, e forse anche per non aumentare l’imbarazzo che da tempo serpeggia nella maggioranza di governo proprio sul caso Santanchè: non è un mistero, ad esempio, che da Palazzo Chigi trapelano perplessità riguardo alla sua linea difensiva: “Ha combinato un pasticcio, e aveva pure sei avvocati”… Di dimissioni ufficialmente parla solo l’opposizione, ma lontano dai riflettori i sussurri arrivano anche dalle file della destra…
Nel mirino di Fdl finiscono le inchieste di tv e giornali. Per tre volte in aula il senatore Balboni fa riferimento alle rivelazioni di ‘Domani’ definendolo ‘un giornale scandalistico’… Il capogruppo  Tommaso Foti parla di  ‘linciaggio politico’  e offre alla collega ‘piena solidarietà e fiducia’…Ma all’orizzonte si profila un altro possibile scoglio: Il rinvio a giudizio” (La Stampa del 6 luglio). Questa, al netto della propaganda, la situazione della ministra del Turismo, che è riuscita ad aggravarla con la sua presunta “furba” (in realtà maldestra) autodifesa, secondo la quale tutte le accuse a lei rivolte sono il frutto avvelenato di una campagna mediatico-politica e giudiziaria di odio nei suoi confronti,  orchestrata per mettere in difficoltà, tramite l’anello debole rappresentato dalla ministra colta, se non altro, in flagranza di conflitto di interessi, il governo e la premier Meloni; la quale prima o poi dovrà pure pronunciarsi su questo caso diventato, anche grazie al comportamento manipolatorio e reticente (quando non arrogante e velatamente minatorio) della Santanchè, una vera e propria bomba a orologeria. Ebbene, con l’affaire Daniela Santanché in pieno svolgimento e dagli esiti quanto mai incerti, un’altra bomba a orologeria, secondo la destra complottista di governo supportata dall’informazione amica, è stata innescata dalla Procura romana con l’imputazione coatta a carico del fratello d’Italia nonché sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, per rivelazioni di segreti d’ufficio relativi alla detenzione nel carcere di massima sicurezza di Bancali in Sardegna dell’anarchico Alfredo Cospito.

La Russa col figlio, Del Mastro e Santanchè

Ma non basta, sorvoliamo pure “per carità di patria” sulle gaffe sessiste del sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi e su quelle del ministro Sangiuliano che ha candidamente ammesso, in occasione di un premio letterario, di non aver letto i libri che pure ha votato, bazzecole, quisquilie, pinzillacchere (direbbe Totò) a fronte dell’ondata di indignazione che ha investito il presidente del Senato Ignazio Benito La Russa per la sua difesa a priori del figlio diciannovenne Leonardo Apache accusato di stupro e la più classica delle manipolazioni ai danni della vittima: una poco di  buono cocainomane che ha aspettato quaranta giorni per denunciare mio figlio che so essere innocente, come lui stesso mi ha confidato. Salvo la smentita del giorno, o della, sera dopo. Bene: “Ignazio La Russa, presidente del Senato, è stato spesso protagonista di interviste nelle quali mostrava un’idea di mondo anni trenta e una nostalgia per anticaglie di dubbio gusto. Messo di fronte al ridicolo ha sempre detto sono stato frainteso. E’ troppo chiedere che chi parla dalle istituzioni lo faccia senza calpestare leggi, Costituzione, diritti civili? E’ troppo pensare che tacere qualche volta è l’opzione migliore? Immaginate che quella ragazza sia vostra figlia, quella che ha denunciato Leonardo Apache La Russa per averla drogata, violentata e poi passata a un amico  perché le infliggesse lo stesso trattamento. Immaginate che effetto vi farebbe sentire  il presidente del Senato accusarla di mentire. Si chiama abuso di potere, ed è il sintomo di una idiosincrasia per le forme democratiche di convivenza (Elena Stancanelli, su La Stampa dell’8 luglio 2023). Tutto questo, naturalmente, per carità di patria.

Fulvio Sguerso

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