Una riflessione sui test INVALSI

   Una riflessione pragmatica alla luce dei test INVALSI somministrati quest’anno nelle classi seconde della scuola primaria

 Una riflessione pragmatica sui test INVALSI

Vi propongo una riflessione pragmatica alla luce dei test INVALSI somministrati quest’anno nelle classi seconde della scuola primaria. Non è una critica ideologica, astratta o aprioristica, frutto di una presa di posizione “pregiudiziale”, bensì una serie di osservazioni empiriche, basate sull’esperienza concreta dei test INVALSI che ho avuto modo di constatare di persona. Parto da un punto: la prova di matematica mi è parsa più facile di quella di italiano.

La prova di italiano per la seconda elementare prevedeva di leggere e capire ben 17 pagine. Come può un bambino di sette anni, riuscire a leggere e comprendere addirittura 17 pagine in pochi minuti? Temo che ciò costituisca una mancanza di rispetto verso la loro età e i loro tempi di attenzione. Temo che chi prepari i test INVALSI non abbia la minima conoscenza di cosa sia e di cosa sappia fare un bambino di sette anni.

L’impressione, più che fondata, è che i presunti (o sedicenti) esperti dell’INVALSI non sappiano minimamente cosa sia insegnare e dubito che abbiano mai insegnato in classe. Oltretutto, sono convinto che essi stiano alzando gradualmente, anno dopo anno, l’asticella delle difficoltà proposte (e celate) nei test. A quale scopo non è ancora chiaro. Inoltre, per curiosità mi sono procurato un fascicolo della prova di matematica relativa alle classi seconde.


 

Svolgendo la prova con calma, senza l’assillo del tempo e senza l’ansia da prestazione che, inevitabilmente, assale i bambini di questa età (ricordo che hanno all’incirca sette anni, un’età in cui gli alunni non hanno ancora acquisito determinate capacità di analisi e di astrazione logica, per cui hanno bisogno di ricorrere alla rappresentazione grafica ed alla manipolazione concreta), ho impiegato non meno di venti minuti. Ripeto, senza la pressione psicologica del tempo e senza l’ansia derivante dall’esito della prestazione. Fattori che condizionano soprattutto i bambini più fragili ed insicuri sul piano emotivo.

Ora, tenete presente che il limite imposto per ultimare e consegnare la prova era solo di 45 minuti. Meno di un’ora! Tenete presente che gli alunni, per quanto allenati attraverso una serie di esercitazioni, a questa tenera età (ripeto, sette anni, anche meno nel caso dei cosiddetti “anticipatari”), è assai improbabile che siano in grado di gestire in modo razionale il fattore “tempo”. E ciò costituisce un aspetto decisivo al fine di una corretta esecuzione dei test INVALSI. In sostanza, non mancano i motivi validi per dubitare dell’attendibilità e della serietà scientifica di tali test.
 Lucio Garofalo

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