Una lingua nuova

L’ intervento di un ormai vecchio militante comunista al congresso provinciale del costituendo Partito Democratico
UNA LINGUA NUOVA?

L’ intervento di un ormai vecchio militante comunista al congresso provinciale del costituendo Partito Democratico

UNA LINGUA NUOVA?
Non si governa un mondo nuovo senza una lingua nuova. Questo significa, per Fassino, che le parole storiche della sinistra, come pace, libertà, democrazia, uguaglianza, lavoro, solidarietà, non bastano più, da sole, a orientare la politica di un partito nuovo e moderno. A queste vecchie parole bisogna aggiungerne di nuove. Quali? Multilateralismo, integrazione, sostenibilità, multietnicità, cittadinanza, differenza, pari opportunità, innovazione, merito.

 Noto che la parola socialismo non è menzionata né tra le vecchie né tra le nuove. Perché? Perché, dice Fassino, bisogna andare oltre i vecchi schemi, le vecchie ideologie novecentesche. Perché, allora, chiamare democratico il costituendo partito nuovo? La parola democrazia è più vecchia della parola socialismo. Si intende forse parlare di una nuova forma di democrazia? Si tratta forse di una democrazia diretta? Non è chiaro. Forse Fassino e i fautori del partito nuovo pensano ai democratici americani?


 

Perché allora non dirlo chiaramente? L’unica cosa chiara è che l’ormai invecchiato partito dei Ds si scioglierà e che ne nascerà un altro che tutto sarà meno che socialista. Anzi, secondo Rutelli, l’approdo del Pd, in Europa, è il gruppo liberaldemocratico diretto da Francois Bayrou. Basterebbe questo a spiegare perché, chi non considera obsoleto il socialismo, non può entrare nel partito nuovo che nascerà dalle ceneri dei Ds e della Margherita. Fassino chiede alle minoranze di non uscire dal partito. Da quale?

Dal vecchio o dal nuovo? Finché ci sarà il vecchio ci saremo anche noi. Che cosa dovremmo fare, una volta costituito il nuovo? Quello che facevamo nel vecchio, cioè una minoranza critica? Dovremmo quindi riprodurre i vecchi schemi, le vecchie correnti, le vecchie parole nel partito che dichiara di voler superare tutto questo? E che cosa faranno i vecchi compagni diessini nel Pd? La sinistra critica in un partito moderato?

A proposito: di quante correnti sarà composto il Pd? Saranno tutte correnti nuove? Non sarà che il partito nuovo nasca già vecchio? Dipenderà da tutti noi, voi dite. Ma tra questi noi ci saranno anche i popolari cattolici, gli ulivisti prodiani, i neoliberali , i rutelliani, i socialiberali, i radicali dissidenti, i teodem, ecc.?  E a chi spetterà il compito della sintesi, cioè dell’egemonia? Sarà uu altro bel problema. In ogni caso, voi dite, ci penseranno i vecchi compagni del disciolto vecchio partito a conservare (scusate la brutta parola) e a traghettare i vecchi ideali nel partito nuovo. Ma vale la pena, allora, liquidare in fretta il più grande partito della sinistra italiana? Pensiamoci, compagni.

FULVIO SGUERSO

 

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