Un passo avanti e due indietro: torna la Civiltà Occidentale
Riportata in vita dagli stessi che ohibò il razzismo e viva la globalizzazione
Tremo quando, come in questi giorni in cui molti paventano concrete iniziative di pace che scavalchino quello Zelensky così restio a dismettere la maglietta militare, sento invocare i valori dell’Occidente o, come qualcuno si è spinto a dire, la Civiltà occidentale. Nel vecchio west, culla della cultura occidentale made in Usa, allo straniero che si fosse aggirato nei pressi del pascolo o della fattoria veniva riservata senza tanti convenevoli una fucilata in mezzo agli occhi. Dall’altra parte dell’oceano, fra le dune del Sahara lo straniero che si avvicinava alle tende del mercante arabo dopo il salam aleikum veniva accolto con una tazza di the e un letto.
Dov’era la Civiltà? Più indietro nel tempo, quando nel mondo romanzo ci si riuniva nei bordelli per leggere la Celestina i Persiani lasciavano correre la fantasia sulle pagine delle Mille e una notte. E mentre i cristiani per prenotare un posto in paradiso biascicavano litanie senza senso in Cina si diffondevano il Tao e il magistero di Confucio. Da che parte stava la Civiltà? L’occidente cristiano ha confuso il suo patrimonio di Verità assolute, il dio incarnato e tutta la sacra famiglia, i sacramenti, la vita eterna, il peccato e la salvezza nonché il primato che ogni religione riserba a se stessa con la Civiltà e dopo essere uscito indenne dallo scontro con l’islam ha fatto della sua vittoria lo strumento per dividere l’umanità in due parti riservando a se stesso il ruolo di padrone e correttore e agli altri quello di selvaggi da sottomettere, convertire educare e soprattutto sfruttare. In seguito l’asservimento dei nativi americani, la colonizzazione dell’Africa, l’incontro con gli aborigeni visti come scimmie un po’ più evolute hanno rinsaldato l’idea di una superiorità antropologica oltre che culturale e scotomizzato le grandi civiltà asiatiche senza le quali non ci sarebbe stato il salto di qualità tecnologico e militare. Una civiltà incivile abbarbicata alle proprie origini, immobile per sua natura ma paradossalmente corroborata dall’altra più autentica civiltà, non dottrinaria – o, se si vuole, non ideologica – ma pragmatica, fondata sulla ragione e non su presunti valori, quella classica, greca e romana che si era sforzata di distruggere ma come un fiume carsico aveva continuato a scorrere sotto di sé.
Ed è proprio grazie alla rinascita, contro la cultura cristiana, del genio antico e al recupero del solco tracciato e dalla direzione indicata da Euclide, da Eratostene, da Archimede e dai tanti di cui si è perso la memoria che il contributo del mondo arabo e arabizzato veicolato dalle rotte commerciali poté divenire insieme l’humus e la semenza per la fioritura scientifica e tecnologica iniziata nel diciassettesimo secolo e cresciuta in modo esponenziale fino ai nostri giorni.
Che non ha nulla a che vedere con la “civiltà” come concetto etico e giuridico, che si svolge su un altro piano senza significative correlazioni con scienza e tecnologia. Prova ne è che proprio chi ha dato il nome alla rivoluzione copernicana visse con la paura di finire arrostito per le sue idee e mentre Bacone vagheggiava navi che solcavano i mari spinte dall’energia strappata alla natura intorno a lui ardevano a testimonianza della fede i corpi di eretici e streghe. Solo quando la morsa della religione si allenta l’Europa comincia a liberarsi dall’ottusità, dal fanatismo, dall’odio. Lo fa con la violenta iconoclastia della Grande Rivoluzione del 1789 ma non senza contraddizioni perché chi combatte contro il passato ne è a sua volta impregnato: lo spirito della caccia alle streghe, la ferocia di chi è convinto di incarnare il Giusto, il moralismo e la rete dei pregiudizi permangono al di là delle roboanti dichiarazioni di principio.
Quello che connota la razionalità scientifica non ha niente a che fare col sostrato etico, storico ideologico che ha retto la respublica christianorum e sul quale poggia la cosiddetta Civiltà occidentale: quel che di positivo è presente in quel sostrato è comune a tutte le religioni ed è parte dello spirito universale; come tale si ritrova nella sua forma più elaborata nel pensiero dei grandi filosofi e, per quanto riguarda il nucleo della civilizzazione, la sacralità del diritto, quello va ricercato nell’eredità classica ed è tutt’altro che metabolizzato. Semplicemente, e brutalmente: non esiste una “civiltà occidentale”; esiste una tradizione cristiano-barbarica variamente declinata, contraddittoria, per certi versi più aperta e meno invasiva nel mondo cattolico, per altri nel mondo protestante, con incrostazioni superstiziose difficili da eliminare da una parte e dall’altra e presenti anche fra i non credenti, perché il laicismo occidentale è spesso inquinato da altre forme di ottuso ideologismo. Detto questo non c’è un campo in cui l’occidente possa dare legittimamente lezioni agli altri popoli della terra: non certo sulla tolleranza, da Voltaire in poi un’aspirazione presente solo in pochi spiriti illuminati, non nella democrazia, una mistificazione che nasconde regimi plutocratici e nuove aristocrazie liberticide, non nella difesa dei deboli, cacciati ai margini della società e nemmeno nella sbandierata parità di genere, sacrificata sull’altare della mercificazione del corpo e drammaticamente smentita, soprattutto in Italia, dalla diffusa immaturità affettiva ed emozionale all’origine di tanti episodi criminali; e non si dica dei diritti delle minoranze, sostituite da lobby prepotenti e prevaricatrici.
Gli europei, in questo più radicati al passato rispetto agli americani, che nella loro apparente semplicità sono più pragmatici, non riescono a guardare alla realtà senza la lente deformante del pregiudizio, della convenienza e dei propri “valori”. Se gli americani sono condizionati dalla pubblicità gli europei lo sono dai propri atteggiamenti sclerotizzati: la loro cifra è la propaganda, il loro brodo di coltura la disinformazione. Non vedono la persona ma la sua posizione sociale, il suo reddito, la sua posizione politica, la ingabbiano in quelle che presumono siano le sue idee; sono influenzati dalle notizie ma non hanno interesse a risalire ai fatti, sono vischiosi e partigiani. Ma, intendiamoci, non sono tratti del carattere nazionale o della personalità individuale: è la cultura di cui sono imbevuti, retaggio di secoli di ottusa fede religiosa, di delega del pensiero, di un mix micidiale di servilismo e anarchia. Non stupisce che l’Italia non abbia saputo fare i conti con la propria storia, che si sia rifugiata nel mito della resistenza, che tolleri ancora l’antifascismo invece di vergognarsi dell’orrenda fine del Duce e della sua donna, una fine che, come quella di Gheddafi, dimostra come la mala pianta della bestialità sia difficile da estirpare e quanta distanza ci sia fra la mente kantianamente rivolta verso il cielo stellato e la cieca furia del gregge impazzito. Insomma, si parli pure di occidente come categoria metaspaziale, a patto che si intenda il dominio dei fast food e della coca cola (ma non era la globalizzazione?) ma si lasci perdere la civiltà.
Quella, se c’è, è un valore universale. I romani lo sapevano bene: la civiltà non ha aggettivi né copy right: è civiltà e basta e il suo valore supremo è quello della legge che fa della comunità uno Stato e degli individui dei cittadini. E su quello che ha significato la Civiltà Occidentale, quello che è stato perpetrato in suo nome, stendiamo un velo pietoso. Quel che è certo è che ogni volta che si è preteso di agire in nome della giustizia, della libertà, della democrazia, ogni volta che si è dato la caccia al malvagio, al criminale, al nemico del popolo o dell’umanità si è fatto un passo indietro verso la barbarie, ha prevalso la sete di vendetta, il desiderio di coprire i propri misfatti proiettandoli sul nemico sconfitto, la volontà di nascondere inconfessabili complicità. Se mostri ci sono, sono dentro ognuno di noi: dal processo di Norinberga all’assassinio di Saddam Hussein quanti mostri sono stati messi alla sbarra senza che rappresentassero un pericolo? Una prassi iniziata nei tempi moderni con Napoleone: ma in quel caso, considerati la popolarità dell’imperatore e il rischio di un suo ritorno, qualche giustificazione inglesi e austriaci la potevano avere. È difficile immaginare quale pericolo potessero rappresentare i gerarchi nazisti, ottusi funzionari privi di qualsiasi carisma, esecutori di un piano criminale frutto di un clima culturale perverso piuttosto che di un disegno deliberato. Troppo comodo scaricare le colpe sul vertice quando tutta la catena è responsabile e quando la bomba è disinnescata è stupido e irrazionale accanirsi sull’ordigno: se accade si regredisce all’infanzia della ragione, si dà libero sfogo alla voglia di punire per sentirsi migliori e più forti.
Per questo provo orrore per le parole degli pseudopolitici dell’Ue che farneticano di crimini di guerra, quando per definizione la guerra ha regole incompatibili con le norme che regolano la società civile, alla luce delle quali la guerra, qualunque guerra, come qualunque rissa per strada, è in sé un crimine; e nelle loro farneticazioni vorrebbero ripetere con Putin l’osceno spettacolo andato in scena con Saddam e al quale Milosevic si è sottratto sfuggendo con la morte ai suoi carnefici. Considerati i rapporti di forza verrebbe da ridere del velleitarismo dei signori dell’Europa ma non c’è niente di divertente in queste uscite. Come non c’è niente di divertente nel continuare ad alimentare il delirio di Zelensky e della sua cricca in nome dei “valori della civiltà occidentale” che ormai ricorrono spudoratamente al posto dei “valori dell’occidente”, che almeno si sa quali siano: il dollaro e le azioni delle industrie belliche americane, con qualche ghiotta briciola per l’Europa.
post scriptum
Civiltà oltre che Legge e impersonalità del diritto è misura e intelligenza: quale senso della misura, che capacità d’intendere, che concezione del diritto hanno i nostri politici, i rappresentanti delle nostre istituzioni e di quelle europee, i vertici della Nato o i consiglieri della Casa Bianca che fanno di tutto per perpetuare una guerra che lascia dietro di sé sangue e distruzione ma in modi diversi procura loro vantaggi, personalizzano il conflitto, confondono la politica con la morale (la loro) e sono disposti a fare la prima mossa per l’apocalisse? Sono arrivati al punto di far passare Erdogan per uno statista amante della pace e pretendono di ergersi a giudici e di vantare una superiorità etica e culturale. Ma quando parlano in nome della Civiltà, con la maiuscola, dimostrano solo che la civiltà, dovunque sia, sta da un’altra parte.
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Una vera lectio magistralis, prof. Lisorini. Non so aggiungere altro, tanto è acuto e completo il concetto che volevi trasmettere. Avrei voluto avere un prof di filosofia come te, ai miei (ormai remoti) tempi del liceo classico. Grande invece il prof. Ciresola di greco e latino; che alla vigilia della maturità mi esortò a continuare in campo umanistico. Gli disobbedii, in nome della modernità, e… dei soldi; e scelsi una materia scientifica. Una scelta che oggi non rifarei. Ma del senno del poi…