UN’ OMELIA CONTROVERSA

Non a tutti è piaciuta l’omelia pronunciata in Duomo, a Milano, dall’arcivescovo diocesano Mario Delpini, durante il funerale di Stato per Silvio Berlusconi: c’è chi, secondo Enrico Mentana in un commento a caldo fuori dalla chiesa, è rimasto addirittura sconcertato. Tra questi Nicola Porro, che dal suo blog si dichiara scandalizzato dalla freddezza impersonale e impassibile di monsignor Delpini, che ha letto il testo dell’omelia senza mai alzare lo sguardo dallo scritto, salvo annuire compiaciuto agli applausi inusuali e fuori luogo in chiesa alla fine della lettura; Porro concorda con la disapprovazione espressa  da Lucetta Scaraffia su La Stampa che, da cattolica, spiega perché quell’omelia è sbagliata;  mentre Daniele Capezzone ha postato su twitter il seguente giudizio: “L’omelia  pronunciata da monsignor Delpini è stata costruita in modo furbo, perché suscettibile di interpretazioni opposte”.

L’arcivescovo diocesano Mario Delpini

In che senso? Nel senso che nei primi tre paragrafi (1. Vivere; 2. Amare ed essere amato; 3. Essere contento), “un orecchio benevolo (e più che benevolo come quello di Giuliano Ferrara) vi coglierà la naturale tensione di ogni essere umano alla gioia, al desiderio, alla dimensione terrena, e, al   momento  della morte, c’è una doverosa e rispettosa sospensione di ogni giudizio, che spetta solo a Dio”. Il che equivale a un’assoluzione per il Cavaliere, che, tra l’altro, si è sempre professato credente e cattolico. Per contro “un orecchio malevolo vi coglierà la descrizione di esseri umani  immersi nei vizi mondani , nell’apparenza, nella superficialità. Rispetto ai quali i paragrafi conclusivi dell’omelia restano freddi, duri, senza il calore di una carezza”. Già, ma un’omelia funebre non ha la funzione di edulcorare il dolore e il mistero della morte, se mai quella di ricordare a tutti la vanità dei beni terreni di fronte all’ Eterno. Ed è proprio questo il punto debole, l’anello che non tiene dell’omelia di monsignor Delpini,  tutta giocata con toni quasi nicciani sull’esaltazione della gioia di vivere pienamente la propria vita, sul desiderio di amare e di essere amato,  di “godere il bello della vita. Essere contento  senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini…

Lucetta Scaraffia e Daniele Capezzone

Essere contento e amare le feste. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori…Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante”. E fin qui ci è sembrato di leggere un inno alla “Jouissance” pagana e mondana (e non per niente è la parte dell’omelia che ha entusiasmato atei devoti o credenti libertini come Ferrara e Sgarbi); ma monsignor Delpini che, in quanto teologo e uomo di Chiesa non può non conoscere testi biblici come i Salmi e Qohèlet, aggiunge: “Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contenti e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contenti e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia”. Ed è questo l’unico accenno alla Vanitas vanitatum e al “Sic transit gloria mundi, temi tradizionali nelle omelie funebri di uomini celebri e potenti ma validi per ognuno di noi, famoso o anonimo che sia.

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Se non che l’arcivescovo di Milano, di fronte al feretro di Silvio Berlusconi, espunge anche quell’unico accenno alla vanitas che avrebbe potuto dare un senso cristiano all’elogio della vita pienamente vissuta e soddisfatta di sé, ed è la clausola finale dell’omelia che ha  lasciato molti, credenti o atei che fossero,  interdetti, compreso il sottoscritto: “Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio  alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? E’ stato un uomo, un desiderio di vita, un desiderio d’amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento.  Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. E’ un uomo e ora incontra Dio”. La domanda che viene spontanea a tanti che l’hanno ascoltata in Duomo e a casa davanti al televisore è: ci voleva l’arcivescovo di Milano per comunicarci che Silvio Berlusconi è un uomo? Forse che qualcuno dubitava che lo fosse?

Quale messaggio ha voluto trasmettere monsignor Delpini, se non proprio a tutto il mondo, certamente a tutti gli italiani? Che era un uomo e che come tutti gli uomini era mortale? Se è per questo non c’era bisogno di affermarlo con tanta enfasi, dal momento che è morto per davvero. Ma il monsignore aggiunge a suggello della suo omelia tanto breve quanto discutibile. “…e ora incontra Dio”. E come fa il monsignore a esserne così sicuro? E se invece incontrasse il diavolo? Scherzi a parte (ma per un credente cattolico dovrebbe esserci poco da scherzare: il diavolo esiste, se no che cosa ci starebbero a fare gli esorcisti?) come dobbiamo intendere quella frase?  Che ora finalmente Silvio Berlusconi da morto incontra Dio? Che prima, da vivo, non lo aveva mai incontrato? E, da un punto di vista della teologia cattolica, significa che per incontrare Dio bisogna morire? E’ strana l’asserzione del monsignore se letta alla luce delle parole del vangelo di Giovanni, nel capitolo sesto a commento delle quali sarebbe stato opportuno che l’alto prelato si attenesse: “Ora, questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che nulla vada perduto di ciò che mi ha dato, ma io lo risusciti nell’ultimo giorno.

Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciti nell’ultimo giorno”. Cioè nel giorno del Giudizio Universale. Il Figlio lo dice chiaramente: non basta vedermi per essere resuscitati nell’ultimo giorno, è necessario che crediate in me. Ecco quello che manca nell’omelia di monsignor Delpini: la fede nel Risorto, che, infatti non è mai nominato. Bastava che citasse, sempre dal vangelo secondo Giovanni, dal capitolo 14, i versetti 1- 8: “Gesù disse: ’Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei detto: ‘Vado a preparavi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscerete la via’. Gli disse Tommaso: ‘Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via? Gli rispose Gesù: ’Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno  viene al Padre se non per mezzo di me. Seavete conosciuto me, conoscerete anche il padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gesù dice fin da ora, non quando morirete! E qualche miscredente eretico potrebbe pensare che una volta morti non ci si possa più convertire né “compiere” alcunché, se non la propria esistenza  in hac lacrimarum valle.

Fulvio Sguerso

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