Un NO che viene da lontano

Un NO che viene da lontano

Lo confesso, pur votando NO con convinzione al prossimo referendum,  pur intervenendo nelle discussioni e cercando di portare le mie ragioni quando posso, ho una sorta di blocco personale che mi impedisce più di tanto la propaganda.

Un NO che viene da lontano
 

 Lo confesso, pur votando NO con convinzione al prossimo referendum,  pur intervenendo nelle discussioni e cercando di portare le mie ragioni quando posso, ho una sorta di blocco personale che mi impedisce più di tanto la propaganda. La sensazione stessa che sia incredibile doverla buttare in propaganda.

Nel senso che dovrebbe essere  talmente evidente a chi giovi strumentalmente questa assurda e pasticciatissima riforma, che il solo pensiero che possano esistere persone, al netto di motivazioni varie, partitiche o personali o di appartenenza ad ambienti finanziari o comunque interessati a mantenere e peggiorare lo status quo, disposte a votare contro se stesse e i propri interessi,  per la propria servitù perenne e la riduzione della democrazia, senza ascoltare ragione, evidenze e buon senso, mi deprime e mi getta nello sconforto.


 Ricordo referendum del passato, anche cruciali, anche dirimenti e divisivi: mai si era  arrivati a questo livello di isteria collettiva, di accuse, di slogan e spararla grossa.

Una tensione che mi opprime come persona. Non riesco neppure a essere democratica con chi vota SI’, ossia, con chi vota per uccidere la democrazia di tutti, anche la mia.

Se poi penso che possa esserci chi lo fa in nome di una marchetta, una regalia momentanea come i famosi 80 euro,  non riesco a provare alcun rispetto. Chi lo fa si umilia da solo. Se questa visione minimale l’avesse vinta, l’avrebbero vinta coloro che la propugnano, e dunque, il mio stesso impegno politico attuale verrebbe meno. Sarebbe in crisi dalle fondamenta: la fiducia nelle persone e nella possibilità di migliorare.

Siamo arrivati a una sorta di punto di tensione estremo, di non ritorno. Ma capisco anche, e questo accentua la preoccupazione, come l’effetto di tutto questo polverone  e continuo alzare i toni possa essere allontanare e disgustare ancora di più coloro  che già tendono a rifuggire la politica. Temo che, in tutto questo, il pur nobile e inesausto sforzo per spiegare, far capire l’importanza del voto e dell’autodifesa da attivare, possa andare in parte sprecato. Che l’idea del pericolo che corriamo e chi siano i mandanti di questo ennesimo assalto alla diligenza, possa smarrirsi in questo enorme e oppressivo rumore di fondo, e  che insistere e prodigarsi alla fine non serva neppure più.


Perché siamo andati troppo oltre, ed è un processo corrosivo, che incoraggia la distrazione di massa e l’ignoranza, che arriva da molto lontano. Perché l’effetto di aver ricevuto troppe e diverse bastonate, sempre peggiori, se non sfocia nella ribellione diventa una sorta di cupa e ottusa rassegnazione, acida e magari tesa a individuare capri espiatori su cui sfogarsi, più che prendersela coi veri responsabili.

Potrebbero prevalere sentimenti superficiali e umori, sulla reale comprensione di ciò che accade.

E’ un rischio di cui tenere conto, nella degenerazione in cui viviamo. Lo si capirà già dall’affluenza.

Poco tempo fa ho letto sui social una frase. Diceva, più o meno, che tutta questa cagnara sul SI’ o sul NO era inutile, che era molto meglio pensare a evitare sprechi e comprare un po’ meno.

Sono in accordo e insieme in disaccordo con questa frase.

In accordo, perché se si vuole veramente combattere il sistema che, attraverso globalizzazione e turbocapitalismo, ci sta spogliando dei nostri diritti, rendendo tutti più poveri in ogni senso, economico, sociale,  ambientale,  occorre studiarsi una strategia personale che parta dagli stili di vita, che boicotti alla base, che sia coerente in ogni espressione. E’ solo attraverso una sorta di rinascita personale individuale, di consapevolezza, che diventi poi  collettiva, resistenza passiva organizzata,  e quindi modello alternativo, che si può provare a costruire idee nuove  e controbattere.

In accordo, perché la riforma costituzionale, così come tante altre nefandezze che l’hanno preceduta e sono passate ahimè sottotraccia,  è solo uno strumento, un’arma in più del sistema che occorrerebbe combattere, che dà tutto il potere alla finanza internazionale e passa molto sopra le nostre teste.

  

Finora ci hanno colpito con bastoni e sassolini, ora ci provano con una mazza ferrata. Ma se noi glielo impediamo, se noi mettiamo al bando le mazze ferrate, presto ci riproveranno con i massi e le catapulte.

Alla minima distrazione (ed è quasi impossibile non distrarsi), al prossimo tentativo (e ci hanno provato tante volte, questa è “la riforma di Berlusconi”, Napolitano dixit) saranno più accorti e ci riusciranno.

Dunque, o si combatte la radice del problema,  tutto il problema nel suo insieme, e si costruisce su solide basi alternative,  o gli esecutori materiali con tutti gli apparati al loro servizio avranno prima o poi partita vinta.

Al tempo stesso, quella frase  che suggerisce indifferenza ha torto, perché, come dicevo, siamo a un preciso punto di svolta, un punto cruciale, ed è difficile ignorare la valenza che ha questo voto.  Non per Renzi  e il governo, anzi, questo è il minore e il meno importante dei fattori in gioco, ma proprio perché se il tentativo andrà a buon fine, sarà come un argine che si rompa, e distrugga tutto al suo passaggio. Privati di alcune garanzie, di alcuni precisi “antifurti”  e allarmi ancora disseminati nelle nostre leggi fondamentali, sarà più facile per i malintenzionati irrompere e fare scempio di ogni diritto. E allora, forse, alcuni capiranno l’errore commesso non votando o votando SI’. Ma sarà troppo tardi. Per tutti. Ogni legittima ribellione sarà trattata alla stregua di eversione, e secondo legge.

Come è già piuttosto tardi ora, che molti diritti ce li siamo giocati. Dal terrificante pareggio di bilancio in Costituzione, appunto, allo stato della cultura, dell’istruzione, dei beni pubblici, della sanità, del lavoro, siamo già andati parecchio oltre sulla china discendente. Ma possiamo ancora tornare indietro. Un domani, chissà se lo potremo.

E parlando di leggi, forse non si sottolinea abbastanza quanti siano, se non letteralmente, almeno simbolicamente e nelle conseguenze,  i precursori di questo scempio della nostra carta Costituzionale.

Alle prese con il mio secondo mandato in Comune, mi rendo conto di come la legge sull’elezione diretta dei sindaci abbia stravolto il processo democratico, aggirando il rispetto del voto popolare, privando di rappresentanza vera la maggior parte dei votanti. E lo stesso vale per leggi elettorali a livelli superiori, anche dichiarate incostituzionali ma tuttora vigenti.

Già adesso abbiamo a vari livelli regole che, favorendo coalizioni e attribuendo premi maggioritari abnormi, blindano le maggioranze, anche quelle risicate e minoritarie alle urne.

In pratica chi vince per cinque anni va sul sicuro: a meno di problemi interni alla propria coalizione, nessuno può smuoverlo. Il potere esecutivo diventa decisore assoluto, il potere legislativo è di fatto espropriato,  per quello giudiziario ci si prova, è questione di tempo, e le minoranze sono superflua ridondanza senza alcuna possibilità di influire, solo di parlare invano.  Un processo democratico più simbolico che effettivo. Quasi recitato. Accontentarsi di bricioline sudando sette camicie, ma non riuscire a influire sul quadro complessivo, a portare la voce di settori non certo minoritari del Paese.

E ancora e ancora. E via peggiorando.


 Nel frattempo il quadro si fa grottesco. Quante perle ascoltiamo ogni giorno. Pensiamo al già citato Napolitano e alla”riforma di Berlusconi”. Sanno benissimo che il NO del B. è più da gioco delle parti che reale, che Mediaset è per il SI’, e che se il PD vuole cercare consensi alla sua riforma, li deve cercare a destra. Da cui l’ammiccamento. Ma provate a farlo notare a un elettore PD ancora convinto di essere sinistra, contro tutte le evidenze.

Pensiamo a Renzi che diceva come D’Alema, Grillo, Salvini o altri fossero contro la riforma perché toglieva loro il “diritto di veto”. Ossia,  impediva una buona volta alle opposizioni interne ed esterne di opporsi a chi gestisca il potere. Lo ammette lui per primo.

Del resto, se passasse la riforma, le regole per l’opposizione le deciderebbe la maggioranza!

Ho scoperto, leggendo commenti ripetuti a pappagallo da fautori della riforma, che è così bello avere un Senato light… di sicuro non fa ingrassare, come i formaggi dietetici. Non può non piacere ai cultori del fitness.

Questa mania dell’inglese usato per coprire le nefandezze è fantastica.

Mi è toccato sentir dire che la riforma va approvata da chi ritiene la governabilità un valore democratico. Roba da ribaltarsi.

La governabilità, valore democratico?????? Ma quanto riescono a giocare con le parole,  quelli del PD?

La governabilità, ossia il sacrificio di parte della democrazia partecipativa, di parte dei propri diritti in nome di maggiore efficienza decisionale, è proprio l’antitesi, è esattamente l’anticamera, il pretesto con cui sono nate le peggiori dittature! Che qualcuno possa ritenerlo un valore, ci sta pure, molti amano l’uomo forte o il partito forte o la squadra che vince tutti  i campionati.

Ma valore democratico no, per piacere. Proprio no.

Poi, tra chi fino a poco tempo fa si riempiva la bocca di federalismo e autonomie regionali, scopriamo come improvvisamente le Regioni siano diventate sentina di ogni nequizia e fonte di ogni spreco, per cui è lecito limitarne i poteri. Giravolta a 180° che come al solito parte da una verità (gli sprechi e le nequizie) per costruirci un castello intorno.


 Che poi sarebbe far sì, finalmente, che ogni volta punge vaghezza di un inceneritore, un tav, un oleodotto, una grande opera e un ponte purchessia, decida direttamente il governo, d’autorità, e né le popolazioni interessate né i poteri locali possano interferire.

Ma… siamo poi così distanti da questo, già ora? E le famose opere di “interesse strategico”? Ricordiamo come il deposito di bitume savonese, per esempio, già vi rientri, e il governo avochi a sé l’ultima decisione.

Insomma, è un processo che parte da lontano. Chi ricorda, per esempio, che il porcellum tanto attaccato dal PD era modellato sulla legge elettorale toscana, voluta dal PD?

Chi vede le sinistre analogie fra il nuovo Senato e le pasticciate Province non abolite, ma sottratte ai cittadini attraverso elezioni di secondo livello?

Insomma, tra strumentalizzazioni e gioco delle parti hanno addormentato le nostre coscienze. Non distinguiamo più ciò che è bene e ciò che è male per noi. Non abbiamo anticorpi contro la dittatura.

O forse, noi italiani siamo predisposti, non li abbiamo mai avuti,  abbiamo dovuto costruirli faticosamente nel sangue di una minoranza consapevole, rimasta sempre però minoranza.

E’ molta dunque l’ansia, l’attesa, l’aspettativa per il momento che stiamo vivendo. Che a volte si fa angoscia. Siamo consapevoli di circostanze epocali.

Grandi cambiamenti generalizzati, nel mondo. Grande confusione e mancanza di punti di riferimento. Forse, ciò che appare male potrebbe portare a conseguenze positive, e viceversa. Forse dobbiamo cambiare ogni nostra prospettiva.

Come la penso, personalmente, io?


Credo che destra e sinistra siano diventate due categorie insufficienti e inadatte a descrivere la complessità del mondo contemporaneo. Infatti si barricano e insistono sui valori simbolici anche sacrosanti, come diritti civili, libertà individuali, sicurezza, religione o laicismo,  eccetera, focalizzando il dibattito su quelli, per non mostrare sia le perfette convergenze in materia economica e di riduzione di democrazia di destra e sinistra “moderate”, sia l’indebolimento delle capacità di contrasto al sistema di destra e sinistra più radicali. Per uscirne occorrerà trovare nuove alternanze e nuovi modelli, che non pongano, per esempio, il valore del lavoro al centro di tutto, come fanno sia il capitalismo sia il marxismo, ciascuno inquadrandoli nello propria visuale: diritti dei lavoratori da una parte, diritto al profitto dall’altra. Il mondo e’ molto cambiato, il valore dell’ambiente, della qualità di vita, della sostenibilità, del recupero del sociale in tutte le sue accezioni hanno una importanza completamente diversa adesso, o perlomeno dovrebbero averla. Da cui la confusione: ciascuno di noi, almeno chi si ostina a cercare un pensare libero e a non farsi inquadrare e incasellare in schemi precostituiti, si ritrova strani alleati, strani compagni di viaggio, dolorosi nemici in coloro che un tempo erano amici. Sono tempi confusi, speriamo di ritrovare prima o poi un barlume di luce che rischiari, possibilmente senza più  dover passare per gli olocausti del passato.

Intanto, forse, fra due settimane qui da noi avremo una prima risposta. Per capire a che punto è la notte. E se possiamo sperare in una nuova alba.

     Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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