Un governo impotente di fronte all’emergenza

C’è qualcosa di non detto,  qualcosa di opaco in tutta la vicenda  del  centro di trattenimento in Albania tanto fortemente voluto dalla Meloni per risolvere il problema dell’immigrazione illegale,  contrastata a parole ma nei fatti tollerata e legittimata.  Con la spada di Damocle dell’apertura delle porte ad un’orda migratoria munita di regolari (?!) contratti di lavoro, come se non si potesse attingere ai milioni di stranieri che bivaccano in Italia, ammesso e non concesso che esistano davvero posti di lavoro legali.

Siamo sicuri che la politica italiana, destra e sinistra, maggioranza e opposizione, voglia veramente risolvere una volta per tutte il problema  dell’immigrazione illegale?  In Italia non c’è da stupirsi se per favorire un parente o  l’amante  o un qualsiasi interesse privato si emettono provvedimenti disastrosi per la collettività e per l’erario.  È successo con la scuola, quando per togliere dal precariato una signora è stato abbattuto il muro dei concorsi e  nel varco si è riversata una massa di casalinghe, commesse, impiegate  che hanno tirato fuori dal cassetto dove giaceva da decenni il diploma dell’istituto magistrale  o addirittura della scuola magistrale, che un tempo aveva valore abilitante.  Una mazzata per la scuola  e per quanti dopo un liceo pedagogico quinquennale e una laurea magistrale, altri cinque anni, sono rimasti al palo.  Ora  nel Paese delle leggi ad personam  sono centinaia lei aziende grandi e piccole  che hanno fame di manodopera a basso costo  e non tutelata, – di una nuova versione dello schiavismo insomma – e molti dei loro titolari hanno accesso ai piani alti della politica, dove risiedono mariti, mogli, suoceri e cognati.. E non premono solo sulla sinistra ma sono, eccome, rappresentati anche a destra, e tutti insieme implorano: “Facciamone arrivare un milione così ne abbiamo a disposizione centomila. E più ne vengono meno ci costano”.  Vengano, vengano, così è la politica tutta che se ne avvantaggia perché  si crea un bacino di potenziali elettori che fa gola a tutti i partiti, tanto più prezioso quanto più gli italiani disgustati dalla politica disertano le urne. Preso atto di questo mi chiedo:  decenni di immigrazione illegale hanno danneggiato il tessuto sociale ed economico del Paese?

Di sicuro pensano di no i nuovi negrieri delle aziende agricole,  di sicuro  si è convinti di no nei paraggi cooperative che gestiscono l’accoglienza e in tutto l’indotto o nelle  organizzazioni politiche e sindacali che si qualificano progressiste;  e di sicuro sostiene di no  la grande maggioranza dei cosiddetti intellettuali.

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Se è così, se hanno ragione loro, se non c’è alcuna problema, se gli stranieri sono una risorsa oggi e lo saranno ancora più nel futuro, come sosteneva anche il vecchio presidente dell’Inps,   si lasci che i magistrati facciano in scienza e coscienza il loro lavoro e prendano le loro decisioni nell’ambito delle norme italiane ed europee. Sì, anche europee, dal momento che governi legittimamente eletti hanno decapitato il  popolo sovrano e consegnato il Paese ad una entità sovranazionale incaricata di emanare norme giuridiche di rango superiore a quelle uscite dai parlamenti nazionali. Se giudici e procure applicano o interpretano ragionevolmente le leggi e non agiscono di testa propria, chapeau; e se non ci piacciono le loro decisioni  – come frignano a destra  quando  rimbalzano in Italia i quattro gatti spediti in Albania –  bisogna cambiare le leggi, nazionali o europee che siano:, leggi non  sono state partorite dalla Montagna e non mi risulta che i politici, di destra che rappresentano l’Italia nelle istituzioni europee abbiano alzato barricate per  modificarle o sostituirle con altre. Né mi risulta che la signora Meloni, sfortunatamente a capo del nostro governo, si sia mai messa di traverso di fronte alle ridicole decisioni della corte dell’Aja  o alle follie  di Ursula von der Leyen.

Ma la grande maggioranza delle persone in carne e ossa, che negli uffici, nelle fabbriche, negli esercizi commerciali, nelle ospedali, nelle scuole,  nei grandi centri e nei piccoli borghi, nelle città e nelle campagne fanno girare il motore dell’economia e animano  la comunità nazionale hanno una percezione assai diversa della realtà rispetto a quella di un Saviano preso a caso, di un negriero, di uno che con l’accoglienza ci campa, e ci campa bene.  Il loro fondamentale diritto al libero movimento,in qualunque ora del giorno e della notte e in qualunque spazio pubblico  è compromesso da decenni: viaggiare di notte su un treno  per una donna sola è un azzardo com’è un azzardo  uscire da una discoteca se non accompagnati, interi quartieri sono in balia di bande criminali, tutte ormai formate da stranieri di seconda generazione,  le forze dell’ordine ammettono candidamente di non essere in grado di tutelare la sicurezza dei cittadini, che è la prima e fondamentale ragion d’essere dello Stato. Tanto basta e avanza per dichiarare lo stato d’emergenza,  l’avocazione temporanea al potere esecutivo di funzioni della magistratura e la sospensione di diritti garantiti dalle leggi ordinarie, dalla costituzione o dalla legislazione europea. È stato fatto in modo spudoratamente arbitrario e assolutamente immotivato durante l’epidemia di Covid, che dopo il picco, come sempre accade, si è lentamente ritirata per spontanea immunizzazione e indebolimento dei virus, col coprifuoco, il confinamento in casa, gli obblighi vaccinali, la caccia ai trasgressori, la repressione feroce del dissenso; si potrà fare ora che è a rischio la tenuta sociale del Paese.

Furono presi provvedimenti incompatibili con lo  Stato di diritto, giustificati solo in regime di legge marziale, quando il patto sociale è temporaneamente sospeso proprio perché è a rischio. Ma non lo era, e quei provvedimenti erano pertanto del tutto arbitrari, a dimostrazione di quanto sia fragile  in Italia la democrazia. La situazione oggi è diametralmente opposta:  non è allarmismo alimentato dai media come quello da Covid,  non è il delirio di onnipotenza di virostar improvvisamente proiettate alla ribalta o di  un ministro che ha  perso la trebisonda. Oggi c’è un autentico allarme sociale che l’ordinaria amministrazione non è in grado di fronteggiare;  il presidente del consiglio parla con partecipata comprensione della disastrosa situazione dell’ordine pubblico in Italia  come se si riferisse alla Norvegia o al Ruanda e i media che sostengono la sua maggioranza (in un modo o in un altro tutti) si diffondono sulle falle della sicurezza e sull’imperversare dei “maranza” dimenticando che al governo ci sono proprio quelle destre tanto sensibili al problema quanto evidentemente incapaci di risolverlo.

Ma questa incapacità fa venir  meno il presupposto del patto sociale, per il quale i cittadini affidano allo Stato la tutela della loro persona e dei loro beni.  Se le leggi ordinarie non funzionano ed urge rimettere in sesto un edificio che rischia di crollare non  c’è altro da fare  che dichiarare lo stato di emergenza e, come previsto dalla costituzione (non solo la nostra, s’intende) ricorrere alla legge marziale.  Così si eliminano  in un sol  colpo tutte le pastoie con cui i codici, l’Ue, le procure hanno finora bloccato i tentativi, per altro maldestri e poco convinti, di fermare l’invasione e si toglie ogni alibi a questa ridicola maggioranza.  Se viene proclamato lo stato di emergenza ed entra in vigore la legge marziale non ci sono opposizioni che tengano, non c’è spazio per gli azzeccagarbugli che disquisiscono su i paesi sicuri, sui rischi per i gay o i diritti delle donne, su generali torturatori: si entra in Italia con passaporto e visto d’ingresso; stop e le imbarcazioni  di “migranti” che tentano di entrare nelle nostre  acque territoriali  vengono bloccate e rispedite indietro; se sono in difficoltà vengono accompagnate da dove sono partite.

Si può fare se si vuol fare, se c’è un governo serio, se c’è una politica seria, una politica forte. E la politica, e di conseguenza il governo, è forte se ha dietro di sé il popolo, se è espressione  della pubblica opinione, del comune sentire.  Che non è proprio il caso dell’Italia, dove i politici vivono in un hortus conclusus. dove fingono di azzuffarsi prima di sedersi comodamente a tavola. Prendiamo quel signore  che insieme alla moglie ogni mese si mette in tasca più di quarantamila euro netti  e in parlamento dovrebbe rappresentare gli interessi  di quelli che arrancano per arrivare a fine mesi, degli scontenti, di chi si sente escluso. Il suo partito ha la sua ragion d’essere nel disagio sociale ma lui intorno a sé non lo vede ed è incapace di rappresentarselo. E allora deve ricorrere ai miti, a storie esotiche di oppressioni, di catene, di sangue; diventa alfiere di chi fugge, di chi attraversa a piedi il deserto incalzato dalla fame e dalla sete, a rischio di finire nelle mani di predoni sadici  che si divertono a torturare bambine.  È il difensore degli ultimi di fantasia. ma non degli ultimi della nostra realtà;  lui, come tutto l’arcipelago della sinistra, guarda  agli ultimi del mondo, ha una visione globale,  non si cura delle piccinerie locali, anche se è per occuparsi di quelle che è stato eletto e viene pagato; e a dirla tutta a vederlo e a sentirlo non viene in mente madre Teresa di Calcutta. Ma lo sa che i torturati (ma chi e perché dovrebbe torturarli?) levano letteralmente il pane di bocca a quelli che l’hanno votato, occupano le case a loro destinate, scippano loro la sanità pubblica, le mense scolastiche, gli asili nido?

Il Paese in un modo o in un altro va restituito alla normalità; deve essere garantita la  libera circolazione dei cittadini, di chi vive legalmente in Italia, lavora in Italia, paga le tasse e rispetta la legge.  Se ha la pelle nera o gli occhi a mandorla non ci interessa, se si fa circoncidere sono affari suoi come sono affari loro se le donne si coprono i capelli.  E lo Stato deve essere indifferente rispetto a qualunque dottrina religiosa, a qualunque organizzazione culturale  religiosa o politica  che si mantiene nell’ambito della legalità . Anzi ne deve garantire il libero svolgimento e la pluralità.   E non ci devono essere ostacoli di sorta  per gli  edifici di culto, che siano mormoni, testimoni di Geova, chiese cattoliche, moschee o sinagoghe.  Ma non deve essere consentito il formarsi di minoranze organizzate su base etnica o religiosa, pronte a passare dai primi e sporadici attacchi al tessuto sociale del Paese ad una sollevazione generale contro  la sua   base nazionale, culturale, istituzionale.

Pierfranco Lisorini

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One thought on “Un governo impotente di fronte all’emergenza”

  1. Analisi della situazione veritiera e molto amara. Troppe difficoltà troppi interessi sia economici che politici a favore degli sbarchi. Non vedo soluzioni alla fermata dell’immigrazione clandestina. Ormai le grandi città sono invivibili, ma anche quelle piccole, ad esempio a Savona c’è una piazza centrale in mano agli spacciatori extra comunitari.
    Non c’è dubbio aveva ragione la Fallaci

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