Un artista contro: Ai Weiwei
UN ARTISTA CONTRO
Il cinese Ai Weiwei
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UN ARTISTA CONTRO |
L’arte contemporanea non ha lo scopo di “piacere” e nemmeno più di “stupire” ma, semmai, di “far vedere”. Che cosa? Per esempio un gigantesco cane seduto ricoperto di fiori a guardia del Guggenheim Museum di Bilbao, esempio di kitsch monumentale, opera dello statunitense Jeff Koons; autore, tra l’altro, – oltre che delle performance erotiche con la moglie Ilona Staller (in arte Cicciolina) riprodotte artisticamente a futura memoria e senza falsi pudori a uso e consumo degli amanti del genere porno – del famoso Balloon Dog (Orange) diventata, nel 2013, in un’asta di Chistie’s, l’opera di un artista vivente più costosa al mondo, raggiungendo la bella cifra di 58, 4 milioni di dollari! Cane ricoperto di fiori a guardia del Guggenheim Museum di Bilbao
Oppure un grande squalo bianco in formalina dentro una teca, opera del britannico Damien Hirst, inviso agli animalisti per la sua artistiche macellazioni di mucche, pecore e agnellini, motivate dalla sua ricerca sui nessi nascosti tra salute e malattia, carne e spirito, vita e morte (famoso il suo For the Love of God, un teschio ricoperto di platino e rivestito da una specie di zucchetto ecclesiastico formato da 8601 diamanti! O anche un cavallo imbalsamato appeso al soffitto di una galleria o la statua di cera di Hitler che prega in ginocchio o papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite del beffardo (e quotatissimo) artista padovano Maurizio Cattelan.
For the Love of God e Lo squalo bianco in formalina
Nel panorama dell’arte contemporanea non mancano figure femminili, non nel senso di ritratti ma in quello di artiste che si sono conquistate una loro notorietà, nonché quotazione, internazionale; mi riferisco all’italobritannica Vanessa Beecroft, assurta agli onori della critica e della storia dell’arte grazie ai suoi quadri viventi composti da modelle nude, seminude o velate, truccate o al naturale, immobili nelle loro diverse pose: ritte in piedi, o sedute, accosciate, sdraiate, supine, bocconi, in posizione fetale, ecc. , veramente geniale! Figure femminili di Vanessa Beecroft
Diverso il caso della performer serba Marina Abramovic che espone il suo corpo non solo agli sguardi ma anche alle azioni e reazioni del pubblico che, in certe performance estreme, interviene per sottrarre l’artista al rischio addirittura di morte. Tutt’altro stile caratterizza la ormai ex giovane arrabbiata artista inglese Tracey Emin (Londra, 1963) tutta presa dall’indagine sulla sua vita sentimentale e sulle tracce lasciate dalle sue performance sessuali, per cui eccola ricamare su una tenda da campeggio i nomi di tutti i boyfriends con i quali aveva dormito lì sotto fino a quel momento o esporre al pubblico il suo letto disfatto, ai cui piedi sono sparsi alla rinfusa oggetti eterogenei come pantofole. pacchetti di sigarette vuoti, flaconi, boccette e bottiglini vari, alcune fotografie, vecchi fogli di giornale, pillole anticoncezionali e profilattici… Lontano da questi temi ma non dall’ impegno per la salvaguardia dei diritti umani nel suo Paese e nel mondo intero è il cinese Ai Weiwei (Pechino, 28 agosto 1957). Ai Weiwei
Figlio del poeta dissidente Ai Qing, Ai Weiwei intende il suo agire artistico come un’azione anche politica e di denuncia contro un potere corrotto che, ad esempio, non esita a speculare sui materiali edilizi pur sapendo di costruire su territori sismici come quello di Sichuan, dove il terremoto del 2008 provocò migliaia di vittime; Ai Weiwei pubblicò, in quell’occasione, sul suo blog i nomi dei tanti bambini morti sotto le macerie delle loro scuole colpevolmente malcostruite. La denuncia delle responsabilità governative per quelle migliaia di morti gli costò cara: pedinamenti, controlli polizieschi a ripetizione e persino un pestaggio finale. Le sue installazioni – come quelle che assemblavano centinaia di biciclette – non erano per niente gradite dalle autorità cinesi, in quanto considerate (a ragione) lesive del buon nome del regime comunista tuttora vigente in Cina, tanto che l’artista venne più volte incarcerato senza processo e con la falsa accusa di evasione fiscale.
Non v’è dubbio che Ai Weiwei sia un artista scomodo: anche l’attuale mostra fiorentina, intitolata significativamente “Ai Weiwei. Libero”, inaugurata il 23 settembre e visitabile fino al 22 gennaio 2017 presso Palazzo Strozzi, ha suscitato – mi si passi l’abusata metafora – un vespaio di polemiche non solo negli ambienti della destra più conservatrice ma persino in quelli della critica più avveduta e militante. Motivo? Anche qui per l’impegno politico umanitario del grande artista cinese, che mette a tema la tragedia dei profughi e dei migranti, con l’installazione di gommoni arancione intorno alle bifore quattrocentesche del Palazzo. Apriti cielo! Piovono commenti indignati per la “profanazione” (ovviamente temporanea) della purezza rinascimentale di quell’edificio anche sulla bacheca Fb del sindaco Nardella. Tra i critici il più indignato è Francesco Bonami, il quale nega l’artisticità stessa delle installazioni dell’artista impegnato per il quale “l’arte è sempre politica”; e, non pago di stroncarne l’opera, Bonami infierisce sulla persona stessa del grande artista cinese definendolo “un arrampicatore stratega furbissimo che pur di diventare famoso avrebbe fatto di tutto, tanto da passare quasi tre mesi in carcere, ufficialmente per evasione fiscale solo per poter avere successo internazionale…”.
L’installazione dei gommoni a Palazzo Sforzi Già, peccato che Ai Weiwei fosse già un’ artistar al momento della sua segregazione nelle patrie galere, e sembra davvero improbabile che si sia fatto operare alla testa per le lesioni subite e che abbia rischiato di passare a miglior vita solo per farsi un nome immeritato di artista famoso in tutto il mondo. Comunque, la stroncatura di Bonami viene a sua volta stroncata dall’analisi puntuale dello storico dell’arte Tomaso Montanari, che invece pone l’opera di Ai Weiwei nella sua giusta prospettiva concettualistica derivante da Marcel Duchamp, padre indiscusso dell’arte concettuale. Serpente composto da zaini
Di suo, Ai Weiwei immette in questa eredità occidentale temi tipici della cultura cinese come l’ideogramma, il vaso, i semi di girasole. Nella mostra fiorentina si possono ammirare installazioni evocanti la Cina contadina non sfiorata dal capitalismo statale che involgarisce le sterminate aree metropolitane sempre più simili ai non luoghi di cui parla il sociologo Marc Augé. Al piano nobile troviamo l’enorme serpente composto dai trecentosessanta zainetti dei bambini che persero la vita nel terremoto del 2008 sopra ricordato.; un’altra installazione che certamente le autorità cinesi avrebbero censurato (e che fanno storcere il naso a critici come Bonami) , è intitolata Objects, cioè riproduzioni di organi e di pezzi anatomici che alludono al mercato clandestino degli organi in Cina. Eh sì, la contaminazione dell’arte con la politica non piace ai puristi, ma qualcuno che si sporchi le mani per la difesa dei diritti umani è pur necessario che ci sia, altrimenti daremmo ragione a chi pensa che l’arte sia un lusso elitario (quando non uno spreco) che serve solo al mercato globale anche delle opere d’arte.
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