Tardy e Benech ….chi erano costoro?

Tardy e Benech ….chi erano costoro?
Degli esploratori?

Tardy e Benech ….chi erano costoro?
Degli esploratori?
 Per la savonese candidata sindaco PD la storia di Savona inizia dal 1968 per cui sarà bene erudirla circa la storia precedente della nostra città, anche perché le potrebbe insegnare qualcosa.

Giuseppe Tardy e Stefano Benech non erano esploratori, erano due savoiardi che nel 1860   avevano trovato in Savona la locazione ideale per il loro progetto: costruire una fonderia.


Ben presto quella piccola/ media fonderia ebbe una graduale espansione, grazie anche alla sua ubicazione strategica  nell’area portuale savonese e diventò il motore di tutta l’economia savonese, fino a far diventare la nostra città una città ricca e ben inserita in quel mitico triangolo industriale, che in poco tempo ha portato tutto il Paese nel novero dei Paesi più industrializzati e ricchi del pianeta.

Il porto di Savona iniziò a dare segni di intraprendenza, soprattutto a supporto della  fonderia Tardy &Benech, che trasformava i cannoni, i  vecchi binari e minerali ferrosi  provenienti dall’isola d’Elba in barre o ferro lavorato per le esigenze dell’industria nascente nell’area padana.

La collocazione della fonderia a ridosso del porto aveva dato sviluppo anche al porto stesso, dove veniva scaricato il carbone e i minerali ferrosi da fondere e trasformare, che poi venivano reimbarcati come prodotti finiti, sia verso l’estero che all’interno,  destinati alla costruzione delle prime infrastrutture ferroviarie della penisola e alla rivoluzione industriale dell’alta Italia.

Mio nonno era un socio della Compagnia Portuale Casalini e come tanti suoi colleghi/compagni e come gli operai, che lavoravano in fonderia, era comunista perché credeva in un mondo migliore di quello in cui viveva, che a quei tempi era molto duro.


Lavorava almeno otto ore al giorno, scaricando “coffe” di carbone o di sale pesantissime portate sulle spalle, passando sulle passerelle traballanti, che univano le navi alla banchina, mentre gli operai della Tardy & Benek passavano otto ore davanti agli alti forni, per poi andare in pensione con la silicosi.

La vita di lavoro di mio nonno era comune alla stragrande maggioranza dei savonesi e le lotte operaie e dei portuali di allora furono fatte soprattutto per ottenere quegli elementari diritti, che hanno poi dato inizio a l’emancipazione della classe operaia in tutto il Paese.

Mio nonno fu uno dei soci fondatori della Società Mutuo Soccorso “Doveri e Diritti” delle Fornaci.

Le Società di mutuo soccorso erano nate proprio con lo scopo di dare un mutuo soccorso ai loro membri, per sopperire alle carenze dell’allora “non” Stato Sociale.

Il senso del dovere (“dovere e diritti” è il nome della SMS  delle Fornaci) prevaleva nell’animo dei soci e della stragrande maggioranza dei cittadini dei tempi di mio nonno, concetto che derivava da una tradizione storica millenaria del popolo ligure,  peraltro comune  anche a tutti i popoli del Nord Italia, derivante  dai tempi dei Liberi Comuni: appartenenza ad una comunità , quel sentimento di appartenenza che significava dare il massimo di se stessi per il bene della comunità, in cui si era compartecipi dei doveri e  dei diritti conseguenti


“NON CHIEDERTI COSA IL TUO PAESE PUO’ FARE PER TE, CHIEDITI COSA TU PUOI FARE PER IL TUO PAESE (J.F. KENNEDY)

Sono stato anche io comunista, perché mio nonno e mio padre mi hanno trasmesso, con l’esempio, quei principi di appartenenza e solidarietà, che furono formulati e auspicati pure da Kennedy durante il suo insediamento alla Casa Bianca e che io ritengo giusti: tuttora io lavoro malgrado i miei  67 anni, contribuendo nel mio piccolo, “fare per lo Stato” (J.F.Kennedy) .

Questi principi sono stati un patrimonio morale degli uomini della sinistra sino alla mia generazione e sono stati la base per creare lo standard di vita agiata degli anni successivi.

Poi è arrivato il 68 e gli avvenimenti di tale periodo, purtroppo, hanno completamente cambiato la mentalità e, diciamo pure, la moralità del popolo di sinistra.

Il 68, che sorse in tutta Europa come movimento rivoluzionario, in antitesi al sistema troppo conservatore e bigotto dei tempi, (anche io sono stato 68ttino) è presto degenerato.

Dal 68 in poi si è passati dai doveri e diritti ai diritti e basta, da cosa puoi dare allo Stato a cosa può darti lo Stato e/o ben presto, più semplicemente a come diventare “statale”; principi che nel Sud già avevano attecchito da almeno 50 anni, dal 68 in poi sono attecchiti anche dalle nostre parti, grazie ai sindacati e ai partiti di sinistra, che a loro volta si sono comportati esattamente come la vecchia Democrazia Cristiana “piazzando” i propri elettori/clienti nei vari gangli dello Stato o parastato. (Stato, Comuni, Provincie, Regioni, Municipalizzate etc. etc).


Il grande debito pubblico che ci perseguita da ormai trent’anni,  deriva, oltre che dalle ruberie e dai favori fatti agli innumerevoli  “in- prenditori”, per lo più di area romano centrica,  soprattutto   dal continuo  passaggio di lavoratori  dalla economia primaria e secondaria a quella di un  terziario super protetto, spesso improduttivo, sempre più spesso di  ostacolo a chi produce economia vera, e che è diventato il vero serbatoio di voti dei partiti dell’attuale sinistra, inzuppata di ex democristiani.

L’attuale sindaco si vanta che il Comune è la prima industria di Savona, in quanto datore di lavoro di oltre 700 dipendenti, una nuova Tardy & Benech; peccato però che non costruisce binari e infrastrutture e economia vera, ma  un clientelismo becero  che distrugge la vera economia.

Ora che non vi sono più “clientes autoctoni “ da recuperare,  non tanto per ovvie ragioni di un residuato senso di decenza, ma  sopra tutto perché da Roma non arriva più molto per finanziare le esigenze voraci della municipalità,  vi è una nuova “modalità” di arruolamento, che fa leva sul pietismo e crea  altri posti di lavoro attraverso le varie cooperative: è l’assistenza ai “migrantes”.

Questa operazione porta anch’essa voti ai partiti che governano e crea occupazione fittizia, naturalmente sempre a carico del contribuente e delle generazioni future (flessibilità),  continuando  contemporaneamente a prosciugare con le imposte le ultime ricchezze lasciateci dai nostri avi con tanto sudore, create ai tempi degli “esploratori” Tardy e Benech.

 
da TARDY&BENECH a RUGGERI&BERRUTI

Oggi chi ricorda la storia di Savona solo dal 68 in poi, dimenticandosi quella precedente, ci propone  di continuare a campare con programmi evanescenti, pensando che le risorse siano infinite e sopra tutto non sapendo quanto sudore sono costate.

I Tardy e Benech e i nostri avi ci hanno lasciato delle ricchezze e anche una città pulita, senza mendicanti e bellissima: basta vedere le vie ottocentesche e immaginarle pulite, come erano allora. 

Tali ricchezze, grazie alle politiche delle sinistre di consumare il doppio delle risorse prodotte, si stanno esaurendo e dopo aver venduto gli ultimi gioielli di famiglia cosa ci rimarrà; cosa rimarrà alle nostre future generazioni?

Naturalmente debiti, insicurezza, un bel numero di nuove culture, che ci insegneranno come vivere alla loro maniera, con i giovani savonesi in cerca di lavoro oggi a Londra, domani a Pechino; naturalmente a Savona ci rimarrà  la spiaggetta della Margonara assieme alla sua alga unicum, con buona pace dei reduci vergini responsabili del declino di una città, che ci è stata lasciata ricca dai nostri avi e che loro la stanno lasciando povera più che mai.

Tuttavia c’è sempre tempo per rimediare e gli elettori savonesi devono esserne consapevoli.

Silvio Rossi LEGA NORD

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