Su un’impresa disperata

Greta Thunberg immagine da https://www.kswo.com
A volte ci sono cose di valore dirimente perché marcano in modo netto e incontrovertibile questioni che prima navigavano all’interno di uno scenario controverso, e finalmente lo rivelano per quello che è, traendolo fuori dalla confusione, spontanea o indotta.
Per la Palestina, e quindi per Cisgiordania e Gerusalemme Est oltreché per Gaza, esse si sono palesate con l’entrata in vigore del Cessate il Fuoco del 10 ottobre ’25, il quale effimero e sbilanciato com’è a favore di una parte ( come si fa a decretarlo trattando con una delle due parti e concedere all’altra solo di essere rappresentata da paesi terzi? ), ha avuto però l’indubbio involontario merito di creare una situazione in cui, come si suol dire, “il re è nudo”.
Le ultime mosse del Governo israeliano infatti hanno messo in luce senza più pudore quali sono sempre stati gli obiettivi di Israele; quelli che già si potevano con un minimo di attenzione e di conoscenza dei precedenti storici facilmente individuare, senza tuttavia poterglieli addebitare se non in forma grammaticalmente condizionale.
Ora invece è Israele stesso, volente o nolente, ad addebitarsele.
Sono proposizioni politiche e fatti che convergono tutti verso un medesimo fine: il genocidio di un popolo tramite la sua eliminazione o dispersione in funzione della costruzione della nazione sionista, intesa come egemone nel vicino oriente sia dal punto di vista militare che geo-politico.
Obiettivo facilitato dall’essersi mantenuto privo di confini statuali ufficiali e perciò modificabili opportunisticamente in vista di un allargamento territoriale secondo lo spirito dello slogan “Dal fiume al fiume“, il quale idealmente spazia dal Nilo all’Eufrate, secondo un diritto di una terra promessa che discenderebbe da Jahvé. Promessa che ha fatto decidere negli anni immediatamente precedenti alla proclamazione unilaterale dello Stato di Israele il ministro degli esteri inglese Balfour a proporre l’assegnazione agli ebrei di una patria proprio là dove la preferivano, cioè in Palestina, scartando precedenti altre ipotesi per altre zone del mondo.
Ebbene, questa sorta di cartina al tornasole attivata col 10 ottobre, ha conclamato la postura ideologica di fondo dello Stato sionista andandosi a sommare con la vicenda della “Global Sumud Flotilla”. La quale è stata definita utopica, inutile, stupida o, come è stato detto al convegno dell’Unione delle Comunità Ebraiche al CNEL del 12 ottobre scorso, sgangherata.
Ma per non essere sgangherata cosa avrebbero dovuto fare le sue imbarcazioni di diverso da quello che hanno fatto e che avevano il diritto di fare? Forse, per sembrare più ordinate e visto che i paesi rappresentati erano 44, navigare compatte in fila per tre col resto di 2…?
La Flotilla invece un merito lo ha avuto eccome!: di dimostrare in concreto come Israele non tenga in nessun conto né il diritto internazionale né i vincoli che devono essere rispettati nel trattare i prigionieri, lasciandoci pertanto figurare ciò che riserva a quegli altri prigionieri anonimi catturati senza esplicitare l’accusa e di fatto ostaggi, i quali non sono sotto la lente del mondo.
Emblematico per supponenza e per violenza psicologica e morale quanto riservato a Greta Thunberg, costretta a baciare e ad indossare a mo’ di mantello la bandiera israeliana.
Circostanza umiliante, ma che ha evidenziato le tante analogie ( sorvolo di droni, interferenze radio, black out di Internet etc. ) tra il primo attacco alla Global Sumud Flottilla con il secondo, in cui vi è stato in aggiunta l’atto dell’abbordaggio e dell’arresto dei componenti della spedizione, certificati in diretta e sùbito diffusi dai cellulari appena prima che questi fossero sequestrati e/o distrutti.
Fosse stato solo che per questo, e quindi mettendo tra parentesi lo scossone che la Flotilla può aver dato alla coscienza del mondo, essa avrebbe comunque avuto un grande merito.
Il fatto che sia stata tanto aspramente criticata dal nostro Governo che invece non ha voluto neanche accodarsi a chi tra i paesi europei ha riconosciuto lo Stato di Palestina e si è sentito surclassato, è lì ad attestarlo.