Struggimento tra volontà e rappresentazione: il prisma della politica e della narrazione personale
l recente racconto di Carlo Calenda, leader di Azione, sulla sua turbolenta esperienza sentimentale giovanile, e l’ipotesi di un ritorno politico con Matteo Renzi per ricostruire il Terzo Polo, rappresentano due facce della stessa medaglia: la tensione costante tra volontà individuale e realtà rappresentata. La narrazione personale e politica si intreccia in un gioco di specchi dove gli attori non sono mai solo protagonisti delle loro scelte, ma anche di come queste vengono interpretate dal pubblico.
La storia personale: una metafora delle relazioni politiche
Calenda, ospite del programma radiofonico Un giorno da pecora, ha raccontato un episodio di gioventù in cui tradì la futura moglie, per poi essere tradito a sua volta e infine chiederle di sposarlo.
Questo aneddoto, apparentemente lontano dalla politica, ne richiama in realtà i meccanismi più profondi. Tradimento e riconciliazione, fedeltà e rottura: dinamiche che si riflettono anche nell’altalenante rapporto tra lui e Renzi.
La domanda, posta con ironia in un editoriale di Franco Genzale, è se i due leader, dopo il reciproco abbandono politico, possano trovare un nuovo equilibrio per superare la loro attuale irrilevanza. Il richiamo al matrimonio come istituzione basata su compromessi e resilienza offre una chiave di lettura simbolica: in politica, come in amore, è spesso il riconoscimento della fragilità altrui che permette di ricostruire.
Volontà: la politica come scelta di azione
La volontà politica si presenta qui nella sua forma più drammatica. Calenda e Renzi rappresentano due ego forti, ma incapaci di fare a meno l’uno dell’altro per la realizzazione di un progetto più ampio. La costruzione del Terzo Polo richiede sacrifici personali e collettivi, un “grande amore” per l’idea di centro politico che, nonostante gli scossoni, sembra ancora pulsare nel cuore di entrambi.
Ma la volontà, per sua natura, si scontra con il limite della rappresentazione. I tradimenti passati – metaforici e letterali – restano impressi nella memoria degli elettori, i quali difficilmente possono essere persuasi senza una narrazione convincente di riscatto e futuro.
Rappresentazione: il prisma dell’opinione pubblica
La rappresentazione, d’altro canto, non è mai neutra. L’opinione pubblica osserva i movimenti dei due leader attraverso il filtro dei media, che amplificano debolezze e potenzialità. La retorica del “grande ritorno” funziona solo se trova corrispondenza in una narrazione coerente. Ma è proprio qui che la politica moderna inciampa: nella difficoltà di tenere insieme autenticità e strategia.
Come nel racconto di Calenda, dove la vulnerabilità diventa forza, anche in politica l’ammissione dei propri errori potrebbe trasformarsi in uno strumento di ricostruzione. Ma solo se questa rappresentazione è capace di andare oltre il cinismo dilagante, offrendo una visione reale di cambiamento.
Conclusioni: verso una sintesi possibile
Il prisma dello struggimento tra volontà e rappresentazione illumina la condizione esistenziale di ogni attore politico: l’essere al tempo stesso prigioniero e artefice della propria immagine. Calenda e Renzi hanno una scelta davanti a loro, una biforcazione che richiede coraggio e intelligenza strategica. Potrebbero trovare forza nella consapevolezza della loro reciproca necessità, oppure soccombere al narcisismo individuale.
Come in un matrimonio, il successo dipenderà dalla capacità di riconoscere che, al di là delle incomprensioni e dei tradimenti, esiste un terreno comune su cui costruire. Non resta che attendere se questo Terzo Polo vedrà mai la luce o resterà un’idea romantica, sospesa tra volontà e rappresentazione.