Storia della piattaforma, dal 2000 ad oggi

Non è più il tempo della propaganda.
La crisi impone di riflettere e di sapere

Non è più il tempo della propaganda.
La crisi impone di riflettere e di sapere.

15 anni sono pochi per la scienza. Ma sono molti per l’economia. A maggior ragione se i 15 anni in questione sono questi anni. Anni nei quali la realtà economica mondiale si è radicalmente modificata.

Il primo progetto della piattaforma contenitori di Vado Ligure ha circa 15 anni. Alla fine del secolo scorso, infatti, fu proposta dalla Autorità Portuale di Savona Vado, dall’allora Presidente Alessandro Becce e dal suo Segretario Generale Rino Canavese, la costruzione di una grande piattaforma contenitori nella rada di Vado Ligure.

Contro quella prima ipotesi si scatenò l’opposizione durissima del Comune di Vado Ligure e del suo sindaco di allora, Roberto Peluffo.

  
Alessandro Becce, Rino Canavese, Roberto Peluffo

La prima ipotesi era molto diversa da quella che poi divenne progetto. In quella soluzione la piattaforma risultava assai più estesa e non erano inclusi quegli elementi di riqualificazione urbana che ora ne sono connessi. Si era di fronte, allora, ad una “brutale” opera portuale.

La stessa filosofia del progetto era diversa da quella sottesa alla attuale soluzione. Si trattava di una piattaforma con una estensione già quasi totalmente capace di assorbire un traffico di contenitori stimato in circa 800 mila teu per anno, con quindi limitate esigenze di aree immediatamente retro portuali o integrative. D’altronde la ragione si capisce bene, ricordando quegli anni. Erano gli anni della piena espansione del Gruppo di Raffaello Orsero, che aveva rilevato la concessione dell’allora terminal contenitori di Vado Ligure e la aveva integrata a quella già in suo possesso della Reefer Terminal, che diveniva così un terminal multi purpose a tutti gli effetti.

 
                                             Raffaello Orsero

Il traffico di frutta non containerizzata era in crescita e la Reefer sapeva consolidare la sua posizione di preminenza assoluta in questo segmento portuale. Ciò nonostante Orsero aveva capito prima degli altri, come spesso gli capitava, che il futuro della frutta era anche nei contenitori e aveva così agito costruendo nuove e più moderne navi multi purpose, capaci di trasportare sia frutta pallettizzata che contenitori, aveva investito nella compagnia Costa Container Lines facendola arrivare ai primi posti del ranking italiano degli armatori di contenitori,  e aveva voluto che Reefer fosse coerente a quel disegno strategico.  Nella sua visione credo, quindi, che ci fosse da una parte lo sviluppo e l’autonomia operativa della Reefer sia nella movimentazione della frutta palettizzata che containerizzata, sia una forte integrazione con la piattaforma contenitori, per tutte le attività complementari, ad esempio di svuotamento dei contenitori e di stoccaggio di merce alimentare e vegetale in vista della spedizione verso i mercati di destinazione.

La Reefer, quindi, si muoveva in complemento della piattaforma che, a sua volta, garantiva una propria autonomia operativa per i traffici e la movimentazione dei contenitori.

Da qui il dimensionamento che ne veniva proposto, che ne prevedeva una dimensione che solo in lunghezza era superiore alla attuale di oltre 300 metri, con una banchina che raggiungeva così il Kilometro di lunghezza.

Quel progetto fu nel corso degli anni modificato e ridotto sino a giungere nel 2005 alla attuale configurazione di massima e alla integrazione con il masterplan della zona litoranea di Vado. Dello stesso anno, il 2005, è il Piano Regolatore portuale.

Da quegli anni, in particolare dal 2008, il mondo ha iniziato un cambiamento radicale che ha accelerato processi di trasformazione o ha generato sviluppi allora del tutto inattesi e imprevisti.

Due sono gli scenari che maggiormente hanno inciso e condizionato le previsioni che furono all’inizio del secolo elaborate per sostenere la piattaforma e il progetto industriale che la sorreggeva.

1.   Lo scenario macro economico, che a sua volta si scompone in due capitoli

a)  La dinamica produttiva e dei consumi dell’area europea

b)  La trasformazione del comparto armatoriale

2.   Lo scenario locale, connesso alla situazione dei porti liguri e particolarmente dei porti di Genova e Savona.

Cominciamo dal primo.

La crisi ha imposto una mutazione del modello di sviluppo di tutto il mondo occidentale e ha radicalmente modificato la dinamica della produzione e dei consumi. Vorrei ricordare che le parole “produzione” e “consumi” hanno molto a che fare con la parola “contenitori”. Per la semplice e spesso dimenticata ragione che nei contenitori viaggiano merci, destinate al consumo o alla produzione. Se calano i consumi e la produzione, calano i contenitori.


 Quindi la sbornia dei primi anni 2000, quando per parafrasare  Crozza/Razzi “fatti li cazzi tuoi, fatti un tuo terminal contenitori…” era la normalità, non c’entra più con l’oggi. E infatti oggi nasce, anche se assolutamente tardivo, l’articolo 29 dello sblocca Italia che, finalmente, richiama alla esigenza di una strategia nazionale per gli investimenti infrastrutturali.

Spero, da Italiano, che il tempo dei progetti per 38 milioni di teu in Italia sia definitivamente tramontato. Anche perché in Europa, mentre ci baloccavamo con queste amenità, in totale assenza della Politica, hanno investito in collegamenti infrastrutturali, in sinergie portuali e non sarà davvero un caso se la quota di merci containerizzate che arriva in Italia , nella Pianura Padana, dal Nord Europa si è accresciuta, e potrebbe ulteriormente crescere….

Lo scenario dell’armamento mondiale si è radicalmente modificato coerentemente agli scenari economici segnati dalla crisi e allo spostamento del fulcro economico mondiale verso l’estremo oriente.

Due fenomeni si sono sempre più consolidati: le alleanze tra armatori e la politica delle grandi navi. Due fenomeni entrambi connessi alla esigenza primaria di questa fase: ridurre i costi di trasporto per ridurre i noli dei contenitori per trasportare le merci.

Un esempio che ci riguarda da vicino: Maersk e Msc, la prima e la seconda compagnia mondiale,  si sono alleate sulle rotte Est/Ovest, costituendo il consorzio 2M. Quindi i contenitori di una viaggiano sulle navi dell’altra e le due, contestualmente, accelerano sulla politica delle grandi navi per raggiungere economie di scala sempre più favorevoli e schiantare la concorrenza, che a sua volta si deve coalizzare.

 

Ma Maersk e Msc tra Genova e Savona sono impegnate in due progetti terminalistici distinti: Maersk sulla piattaforma Vadese, tramite Apm, Msc su Calata Bettolo, quasi ultimata, a Genova Sampierdarena. Posto che alla base di quella alleanza l’accordo prevede che il terminal lo sceglie chi mette le navi sul servizio, questo, cosa comporterà sulle potenzialità dei singoli terminal? Poi, un giorno, verrà anche il tempo per discutere se sia un bene che gli armatori facciano anche i terminalisti. Ma questo è un altro discorso….


Veniamo quindi al secondo scenario, quello locale.

Quando la piattaforma fu progettata e quando fu elaborato il Piano Regolatore Portuale Savonese, Genova stava entrando nella sua seconda crisi più grave, dopo quella della fine degli anni 80’.

Tutto si era fermato e, di li a poco, sarebbero cominciate clamorose inchieste giudiziarie che hanno esaminato proprio i progetti cardine dello sviluppo genovese, da Calata Bettolo al Multipurpose.

Come normale quelle vicende causarono il blocco o il rallentamento delle opere, previste dal PRP di Genova.

Ricordo inoltre che la nascita del progetto Vadese era anche fortemente legata al tramonto dell’idea di Voltri 2, che prevedeva una estensione della piattaforma portuale Voltrese con la realizzazione a basso costo della stessa capacità aggiuntiva che ora da la piattaforma. Un vero autolesionismo genovese.

Ora tutto questo è alle spalle. Le inchieste si sono concluse con un  nulla di fatto, le opere sono iniziate. Non solo, a Voltri si è risolta anche la questione del cono aereo, che condizionava la dotazione di gru con capacità operativa coerente alle nuove mega navi. Infatti VTE (Voltri Terminal Europa) ha ordinato 4 gru del tipo “goose neck” (collo d’oca ) che sono compatibili con le navi da 18 mila teu e che verranno consegnate nel 2016.

Bettolo è in fase di completamento e il Presidente Merlo ha recentemente dichiarato che, a sua volta, con pochi interventi sulla struttura portuale, quel terminal sarà compatibile con le mega navi.

 
                                             Luigi Merlo

Quindi a Genova, entro il 2017, avremo due terminal in grado di operare le grandi navi e avremo una capacità di stoccaggio per circa 3.5 milioni di Teu realizzata da terminal dedicati, quasi doppia rispetto a quella attualmente movimentata.

Non è un caso, di fronte a ciò, che l’operatore di Vado, APM, mentre i politici locali fanno a gara per dimostrare chi è più localista, parla di “sistema dei porti liguri” e invoca sinergia. Strano e per certi versi improprio che lo faccia un operatore. Si vede che si respira ormai a pieni polmoni la mancanza della Politica.

Bene, di fronte a tutto ciò, che ho cercato il più semplicemente possibile di descrivere, ha o no senso il chiedere qualche delucidazione sulle previsioni di qualità e quantità di movimentazione che saranno destinate alla piattaforma vadese?

Non sembra che ci siano tali e tante novità da giustificare, QUI e ORA, questo aggiornamento delle previsioni?

Lo ripeto ancora una volta, non tutti i traffici di contenitori sono uguali. Una cosa sono i terminal  gateway, di destinazione finale delle merci; altra quelli di transhipment, trasbordo. I primi sono fortemente connessi con il territorio e generano una forte quota di indotto, i secondi sono delle enclave che prescindono dalla collocazione territoriale.

Quale sarà dunque la tipologia prevalente dei traffici di Vado?

Poi c’è lo scenario occupazionale, sul quale tornerò in altri interventi, che meriterebbe qualche ulteriore approfondimento e aggiornamento.

Nel passato mi sono messo a disposizione per sostenere le ragioni della piattaforma vadese, anche se a Genova, dove lavoravo, quel progetto, naturalmente, non è mai piaciuto. Resto convinto che anche Savona debba continuare a puntare sullo sviluppo della portualità, ma non posso sentire o leggere qualificati esponenti del mondo portuale savonese usare stereotipi semplicistici e superficiali per sostenere la vocazione portuale di Savona, quasi fosse una Civitavecchia qualsiasi, ad esempio paragonando la tipologia croceristica a quella dei contenitori.


Non vi è alcuna similitudine tra le dinamiche del mercato crocieristico, che è cresciuto proprio nella fase di maggiore acutezza della crisi economica per la politica da bassi costi e da industria turistica praticata dagli operatori del settore, e quelle del mercato delle merci containerizzate che, invece e naturalmente, hanno seguito l’andamento dell’economia.. Le merci devono arrivare il più vicino possibile ai mercati di destinazione finale, e questa distanza o facilità ed economia di inoltro sono decisive nelle scelte di chi la merce la deve ricevere o spedire, mentre molto meno, per non dire per nulla, questo fattore influisce per un crocerista, che viaggia per prendere la nave.

I porti, i grandi porti, si distinguono principalmente per le merci che movimentano. Argomenti che comparano due fattori così diversi assomigliano più a slogan che a riflessioni.

Il tempo per tornare a capire e approfondire, e rifuggere la propaganda, invece,  sarebbe venuto da tempo.

Luca Becce

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