STIAMO LAVORANDO PER VOI
Continuereste ad attribuire il titolo di concorrenti a tre società A, B e C, di cui A è proprietaria del 13,5% di B e dell’8,1% di C; B possiede il 12,6% di C e il 6,7% di A; mentre C possiede il 4,5% di azioni di A e il 3% di azioni di B?
Ebbene, A è il più grande fondo di investimenti del mondo: Black Rock.
B corrisponde a Vanguard, in seconda posizione.
C è il terzo fondo mondiale, per dimensioni: State Street. Insomma, 3 concorrenti alleati.
Il sistema non è poi così originale, se non fosse per le dimensioni, che fa di questo conglomerato tricefalo (ma se ne accodano tanti altri, di dimensioni minori) un’entità di peso superiore a quello di Stati di pur rispettabili dimensioni, ad es. Francia e Italia.
In un paziente ed abile lavoro, iniziato ai primi del secolo, i CEO di questi fondi sono riusciti ad attrarre crescenti adesioni da miriadi di piccoli risparmiatori con il luccichio di rimunerazioni migliori di altre forme di investimento, accrescendo in parallelo la loro capacità di influire sulle scelte di aziende e Stati attraverso forme di pressione che crescevano in parallelo alle loro acquisizioni di azioni societarie e all’influenza sui rating delle varie agenzie, sempre meno indipendenti nei loro giudizi, volti ad assecondare le politiche dei suddetti fondi, in quanto loro comproprietari di non scarso rilievo.
L’inarrestabile conquista di posizioni dominanti in colossi industriali, e in seguito digitali, ha permesso a uomini di loro fiducia, piazzati nei rispettivi Consigli di Amministrazione, di dettare le politiche societarie, volte ad accrescere i profitti a breve termine (le “trimestrali”) e faraonici compensi ai loro dirigenti, con spregiudicate iniziative, indifferenti alle tragedie sociali dagli stessi provocate; in particolare licenziamenti di massa.
Sei società hanno licenziato 160mila lavoratori nel 2022 e 250mila nel 2023: Amazon, Alphabet, Apple, Microsoft, Meta e Netflix. Tutte aziende con i tre fondi in questione come azionisti determinanti. [VEDI] Tutto ciò mentre i profitti schizzavano alle stelle, non solo sulla pelle dei dipendenti espulsi dal circuito lavorativo, ma anche grazie alle tasse irrisorie che questi mastodonti riescono a pagare in Stati compiacenti, non solo in località esotiche, trasformate in paradisi fiscali (Cayman, Bermude, ecc.), ma persino all’interno dell’UE (ad es. Irlanda, Lussemburgo, Olanda) e degli stessi USA (Delaware), a detrimento delle nazioni, Italia inclusa, dalle quali traggono i profitti delle loro spregiudicate operazioni.
All’avanzata mano in mano di privatizzazioni, intese come obbligatorio ricorso ad es. a forme di assistenza privata, previdenziale e sanitaria, e finanziarizzazione, spingendo alla scelta di investire in questi fondi, in quanto più rimunerativi, in alternativa ai titoli di Stato, alla progressiva evaporazione delle entrate fiscali che consegue alle loro sedi legali extra confini, lo Stato entra sempre più in una zona d’ombra, succube dei ricatti di ogni genere che i fondi riescono a mettere in atto se disattende ai loro dettami.
Il risultato di tutto questo è la crescente forbice tra le entrate tributarie, con le previsioni per il 2024 sui 700 miliardi annui, contro i 900 miliardi di spesa pubblica. Una forbice perversa, che costringe lo Stato ad emettere obbligazioni per circa 200 miliardi a tassi appetibili, in concorrenza con quelli offerti dai fondi. Tassi “appetibili” significano in sostanza aggravare il debito di anno in anno; e siamo infatti ormai prossimi ai 2000 miliardi. In una situazione così drammatica, suona beffardo ricevere dalle massime autorità europee il perentorio invito ad abbassare il debito, mentre la loro indulgenza -o impotenza- nei confronti dei massimi responsabili del nostro disastro rema in senso contrario.
Dunque, uno Stato messo in un angolo come un ferro vecchio, incapace di svolgere la sua funzione economica e sociale per mancanza cronica di fondi, mentre i fondi speculativi scoppiano di salute, spingendo le masse a ricorrere a quei servizi che lo Stato non può oggettivamente più fornire. Siamo al totale ribaltamento della formula post-sessantottina
+ STATO – MERCATO
liquidata come rimasuglio di vetero-comunismo. Stiamo oggi sperimentando sulla nostra pelle come questa inversione di tendenza abbia generato un’ignobile corsa alla spoliazione dei poveri per dare ai ricchi.
Anche le banche, naturalmente, figurano tra i profittatori di uno Stato sempre più incapace di schierarsi dalla parte dei loro clienti, mentre l’aumento vertiginoso dei tassi, da una parte rende mutui e finanziamenti la principale causa di insolvenze e pignoramenti, e dall’altra gonfia i bilanci delle banche stesse. “Le principali banche italiane nel 2023 hanno registrato + 70% di utili, ossia € 43 miliardi, rispetto al 2022, che già aveva toccato € 25,4 miliardi”. [VEDI] E Black Rock figura tra i principali beneficiari.
E il governo, come finge di difenderci da questa aggressione? Parlando di fisco “amico”. Ma amico di chi? Dei detentori dei redditi più alti, ai quali non riesce a far scucire neppure una irrisoria quota, temendo si inneschi una fuga verso i paradisi fiscali. Ma come mai quei paradisi resistono a tutte le dichiarazioni dei politici di volerli abolire? Perché servono ai “padroni del mondo”, per farci transitare tutte le loro evasioni, più o meno legali: sarebbe legale fare profitti licenziando senza pietà e trasferendo le sedi legali in nazioni che prosperano su tassazioni simboliche proprio per attrarre società renitenti a pagare le tasse laddove traggono i loro utili?
Trump non ha scelto a caso Vance come suo vice, e futuro delfino, in quanto rappresentante proprio del Mid West, posposto alle attenzioni per i migranti e privato del lavoro. Non ricorda un po’ la situazione in UE a rinnovata guida von der Leyen? Con l’Italia di fronte ad altri 5 anni di passione, con spinte e controspinte a fare ciò che non è in grado di fare.
Marco Giacinto Pellifroni 21 luglio2024