SPIGOLATURE: MA PUTIN NON È CICERONE

PAX CINESE. Dopo la missione di Xi Jinping a Mosca, Putin, ormai alle strette, si rivolge a Washington chiedendo fino a quando abuserà della sua pazienza. C’è di che trasecolare per questa abusiva citazione del monito indirizzato a Catilina da Cicerone. Sia nella forma che nella sostanza, l’incauta richiesta stravolge alla base la realtà del conflitto con l’Ucraina che il Cremlino ha scatenato e dal quale non intende recedere. A nessun altro tranne che all’invasore può essere attribuita la responsabilità di una guerra che – tra morti, feriti, prigionieri, bambini deportati e abitazioni distrutte – sta vieppiù assumendo le catastrofiche caratteristiche di una immane tragedia umanitaria. Caso mai dovrebbe essere la popolazione ucraina, duramente provata dai bombardamenti, a esigere che sia la Russia a non più abusare della pazienza altrui. In questa sconfortante situazione, ora si fa un gran parlare della cosiddetta “pax cinese”, assai difficile da decifrare nei suoi veri intenti. L’ipotesi, per altro remotissima, riguarda la possibilità di dar vita un nuovo ordine mondiale sul quale però la Cina, più attenta all’andamento del Pil che non del pianeta, si guarda bene dal fare proclami. Di “nuovi ordini” del genere i libri di storia traboccano e ben sappiamo come siano andati a finire. Finché la guerra non si sarà estinta con il ritiro delle truppe russe è fortemente probabile che il progetto tanto declamato serva unicamente ai superlativi del comunicato finale. 

QUALITÀ. In politica si discute litigiosamente “di tutto e di più”. Dal Ponte sullo Stretto fino alle speculazioni intorno a Giorgia ed Ely che si “parlano” come i fidanzatini di un tempo, non mancano le occasioni per riempire pagine su pagine. A volte capita persino che il dibattito si sposti in campi non usuali, come le divergenze su un controverso pensatore ottocentesco qual è Ernest Renan. Attorno all’opera e alle idee di questo filosofo francese si è aperta una polemica nata dal richiamo della premier alle celebri espressioni di Renan sul concetto di nazione. Rispetto alle valutazioni diverse, spesso originate da espressioni superficiali di alcuni esponenti della destra, si è inserita la replica di Corrado Augias il quale dalle pagine della Repubblica ha contestato certe tonalità revansciste. Ma, al netto delle contrastanti ideologie, portare il dibattito su tali argomenti segna un certo innalzamento della contesa che può servire ad aprire una discussione utile alla qualità della politica.

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ICONA. Alla fine di ogni pranzo di gala è usanza offrire ai commensali un cioccolatino digestivo. Ma se il pasto, come nel caso del Credit Suisse, è stato troppo pesante, questo forse non basterà. Capita oltre tutto che le famose marche di cioccolato con il label Made in Switzerlandvengano non di rado prodotte altrove, in Germania, in Francia, in Italia e in Slovenia. Per esempio l’avere trasferito in questo Paese parte della produzione del marchio “Toblerone”, unico nel suo genere, è una scelta che i consumatori non hanno gradito. Quel classico prodotto caratterizzato dall’iconica forma piramidale e triangolare che ricorda la cima delle montagne, non è più ciò che era. L’accordo impedisce al marchio di mostrare il Cervino sulle confezioni togliendo all’etichetta il suo aspetto originale e privandola di quel tocco di ‘svizzeritudine’ che la distingueva da tutte le altre tavolette presenti sugli scaffali.

 DISASTRO. Quando crollano i miti, l’eco della fragorosa caduta è destinato a durare a lungo nel tempo. Stiamo parlando della fine ingloriosa del Credit Suisse, compagnia di bandiera del sistema bancario elvetico. Nelle ore concitate che hanno suggellato la scomparsa di uno degli istituti più antichi del paese alpino, si è consumato uno psicodramma difficile da riassorbire da un giorno all’altro. Privato di un mito che da anni si reggeva su gambe traballanti senza che venissero adottate le opportune contromisure, il mondo degli affari si è scoperto fragile e impreparato. Al di là delle considerazioni tecniche sull’operazione, condotta in un vorticoso giro di miliardi ben fuori dalla portata del comune cittadino, rimangono le conseguenze etiche e morali di quanto accaduto: uno schiaffo all’orgoglio nazionale elvetico, uno schiaffo che ha fatto molto male all’opinione pubblica, alla fiducia della clientela, ma che soprattutto ne farà al personale della banca sul quale incombe ora lo spettro dei licenziamenti. Anche gli ambienti vicini alla grande finanza non hanno esitato a bollare con parole durissime una scelta inevitabile che però non è valsa a dissipare le ombre ed i misteri di cui rimane circondata. Diceva Voltaire: Se qualche volta vedi saltare dalla finestra un banchiere svizzero, salta dopo di lui. Di sicuro c’è qualcosa da guadagnare. In questa vicenda, però, è poco probabile che qualcuno seguirebbe il consiglio del filosofo. Per uscire dall’attuale disastro occorrerà sì l’ottimismo predicato dal Candide volteriano, ma in dosi molto, molto massicce.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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