SPIGOLATURE di Renzo Balzelli

SGANGHERATI SÌ, MA ANCHE IN MALAFEDE

La liceale Valerie indossa l’abito del ballo di fine anno davanti alla scuola distrutta dalle bombe tra le macerie di Kharkiv

INDECENTE. Titola un importante quotidiano nazionale: i filo-putiniani d’Italia sono più sgangherati che pericolosi. Un’affermazione che ha il sapore di un gesto assolutorio. Vabbè. Evitiamo di fare il processo alle intenzioni che nega la dialettica. Tuttavia nella tragedia dell’Ucraina vi sono due direttrici ben definite: da un lato abbiamo una guerra di offesa, ingiustificata e deprecabile sotto ogni punto di vista, dall’altro una guerra di difesa legittimata da circostanze drammatiche. Circostanze rese ancora più gravi dalle inquietanti minacce (vi faremo sparire!) pronunciate contro l’occidente da un altolocato esponente della Nomenklatura moscovita. Saranno pure “un’armata Brancaleone” i filo-putiniani nostrani. Però, stanno dalla parte di coloro che questa guerra l’hanno voluta, e qualcosa vorrà pur dire. Significa, in parole povere, non solo essere sgangherati, ma in malafede. Eppure basterebbe un barlume di decenza per porre fine a un conflitto che altro non si può definire se non indecente.

Boris Johnson

SCOSSE. Deriva dall’inglese lame duck, l’espressione “anatra zoppa”, a designare la condizione in cui è venuto a trovarsi Boris Johnson, uscito indenne, ma ammaccato e malfermo sulle gambe dal voto sulla fiducia del suo partito conservatore. Dopo quella prova il premier inglese ha dovuto cominciare a riflettere sul significato del proverbio “dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io”. Di colpo il capo del governo, già in difficoltà e aspramente criticato per i party durante il lockdown mentre il Paese era chiuso in casa, si è reso conto che nei suoi ranghi, di “amici”, se ne annidavano parecchi. Poco meno della metà (148 deputati su 359) gli hanno votato contro. Una mazzata. Pur restando inquilino di Downing Street, la domanda che ora circola nella City è: fino a quando il leader dei Tory potrà rimanere al suo posto? Se con la Brexit, che come tutti i terremoti ha le sue scosse di assestamento, Boris Johnson pensava di essere al sicuro, adesso deve amaramente ricredersi. Ormai si trova in una posizione pericolante, mentre la sua popolarità fa acqua da tutte le parti.

EQUILIBRI. Non se ne parla molto sui mass- media dei cinque Stati dell’Asia centrale venutisi a creare dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Eppure, se si osserva da vicino, la carta geografica ci si rende conto di quanto spazio esse occupano in questa regione circondata dalla Russia, dalla Cina e da altre nazioni non propriamente tranquille. Basti pensare all’Afghanistan. Sotto l’aspetto geo-politico Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan svolgono un ruolo di notevole importanza anche per gli equilibri strategici di quella parte del mondo n virtù dell’elevato e controverso livello di interdipendenza economica con la Federazione Russa. Una situazione che crea tensioni e comporta complessi problemi di politica estera. In questi giorni nel radar dell’informazione è venuto a trovarsi il Kazakistan a lungo dominato, al pari delle altre nazioni, da dinastie rimaste al potere per decenni. Il referendum kazako era destinato ad abrogare questo stato di cose per consentire l’avvento di un sistema democratico. L’intento dichiarato è di voltare pagina nella storia del Paese, sebbene gli oppositori del regime “uscente” abbiano espresso il timore di cadere dalla padella nella brace.

Boris Pahor

VOCE. Sono sempre meno. Poco alla volta, sotto il peso degli anni, si va via via assottigliando la pattuglia dei deportati che possono raccontare, avendolo vissuto sulla propria pelle, l’orrore dei campi di sterminio nazisti. Giorni fa a Trieste si è spento il celebre scrittore italo-sloveno Boris Pahor, scomparso alla venerabile età di 108 anni. Dei tempi in cui l’Europa perse la ragione e finse di non vedere né Dachau né altri lager della Germania hitleriana in cui venne rinchiuso, Pahor è stata testimone inflessibile.
Davanti a lui ammutolivano le bacate ideologie negazioniste mentre con le sue parole si alzavano i veli sul male assoluto. Di tutto ciò diede implacabile narrazione nel romanzo “Necropoli” considerato un autentico capolavoro, il cui valore è stato riconosciuto con colpevole ritardo. Esponente di una minoranza linguistica e di tutte le difficoltà che ciò comporta, lo scrittore ha subito le sofferenze imposte dal fascismo e dai movimenti totalitari che ha sempre denunciato facendo di lui un personaggio scomodo. Un protagonista segnato dolorosamente dalla storia. Un uomo che grazie alle sue opere continuerà a fare sentire la sua voce contro le prevaricazioni dell’uomo sull’uomo.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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