SE QUESTO E’ UN LEADER

SE QUESTO E’ UN LEADER

 

SE QUESTO E’ UN LEADER  

Beppe Grillo non intende chiedere scusa per aver paragonato l’attuale situazione sociopolitica italiana a quella dei campi di concentramento e sterminio nazisti, e anzi rilancia con la richiesta della destituzione di Renzo Gattegna, l’avvocato presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, da “portavoce” delle comunità medesime, motivandola così: “non sono aperto a ‘comunicatori’, a cui loro fanno fede, che sono stupidi, ignoranti e poco intelligenti” (testuali parole pronunciate con tono iroso in conferenza stampa). Ora, a parte il fatto che uno stupido, per lo più, è anche poco intelligente e che l’ignoranza, di per sé, non è sinonimo di  scarsa intelligenza (era forse uno stupido Socrate che sapeva di non sapere?  E’ un vero stupido e un vero ignorante, piuttosto, chi crede di sapere anche quello che non sa, o di capire anche i concetti, le idee e i sentimenti che non capisce), che cosa ha tanto irritato la suscettibilità iperegoica del leader carismatico del M5S?

 

Che cosa ha mai detto di tanto stupido, insipiente e stolto il “portavoce” delle comunità ebraiche reagendo alla studiata beceraggine – peraltro consueta – e alla calcolata provocazione del suddetto leader  che ha pensato  bene (si fa per dire) di servirsi di una delle tragiche icone della Shoah – il tristemente famoso cancello d’ingresso del lager di Auschwitz –  taroccandone la scritta originale “Arbeit macht frei” sostituita con “P2 macht frei”, e di parafrasare o rimaneggiare la poesia che Primo Levi ha voluto significativamente porre all’inizio di Se questo è un uomo  (“Voi che vivete sicuri /nelle vostre tiepide case…”), per sferrare un’invettiva quanto mai violenta contro l’inerzia di quegli italiani che (nell’imminenza delle elezioni europee) – questa parentesi è un’interpolazione del sottoscritto –   si disinteressano della cosa pubblica e della vita delle persone meno fortunate e che educano i figli all’indifferenza e alla servitù: “voi che trovate tornando a sera / il telegiornale di regime caldo e visi di mafiosi e piduisti sullo schermo / mentre mangiate insieme ai vostri figli…Considerate se questo è un Paese / che vive nel fango, / che non conosce pace ma mafia, / in cui c’è chi lotta per mezzo pane e chi può evadere centinaia di milioni /  di gente che  muore per un taglio ai suoi diritti civili, alla sanità, al lavoro, alla casa, / nell’indifferenza dell’informazione. /  Considerate se questo è un Paese, nato dalle  morti di Falcone e Borsellino / dalla trattativa Stato mafia / schiavo della P2. / Comandato da un vecchio impaurito / dalle sue stesse azioni / che ignora la Costituzione. / Considarate se questo è un Paese / consegnato da vent’anni a Dell’Utri e a Berlusconi / e ai loro luridi alleati della sinistra. / Un Paese che ha eletto come speranza un volgare mentitore / assurto a leader da povero buffone di provincia./ Considerate se questa è una donna, / usata per raccogliere voti, per raccontare menzogne su un trespolo televisivo, / per rinnegare la sua dignità,/ orpello di partito, / vuoti gli occhi e freddo il cuore, / come una rana d’inverno” ecc. ecc. ? Il lettore avvertito si sarà accorto come Grillo (o chi per lui) mescoli versi originali della poesia di Primo Levi con altri, di metro libero e variabile, scritti nel più sciatto degli stili giornalistici, che riprendono i temi consueti delle aspre polemiche grilline contro il “sistema” o la “casta” o Napolitano o Renzi o il Pd (non più “meno elle”) approfittando del fatto che Primo Levi, “morto suicida  per non essere riuscito più a sopportare lo strazio del ricordo” (ha ricordato Emanuele Fiano, figlio di Nedo Fiano, unico superstite della sua famiglia starminata ad Auschwitz) l’11 aprile del 1987, non può  protestare o sporgere querela per questa volgare incursione nei suoi versi e appropriazione indebita di alcune immagini famose come quella della donna con gli occhi vuoti e il grembo freddo “come una rana d’inverno”.


Renzo Gattegna

Ebbene Renzo Gattegna ha detto che si tratta di “Un’oscenità sulla quale non è possibile tacere. Si tratta infatti di una profanazione criminale del valore della Memoria e del ricordo di milioni di vittime innocenti che offende l’Italia intera”.

Anch’io lo penso e sottoscrivo queste parole, salvo che in un punto: non tutti gli italiani  si sentono offesi. Non si sentono offesi, evidentemente e in primo luogo, i grillini e le grilline (con la lodevole eccezione del deputato dissidente Tommaso Currò, che ha dichiarato a Radio 24: “E’ una parafrasi che non sta né in cielo né in terra, è offensiva e peraltro tocca un tema rispetto al quale c’è una sensibilità profondamente diffusa. Si sa benissimo che se vai a toccare questo tema provochi dei problemi , perché quella frase rappresenta il simbolo di una tragedia di cui noi tutti, sia chi ha una sensibilità orientata a sinistra ma anche a destra, ci facciamo carico. Non vedo perché in una campagna elettorale bisogna tirare in ballo questo tema”. Perfetto!); non si sentono di certo offesi, in secondo luogo, i neofascisti, i negazionisti e  gli antisemiti, e non si sentono nemmeno offesi quei cinici pubblicitari come Oliviero Toscani che ammirano la capacità grillesca di suscitare vespai e polemiche  a non finire per fare in modo che i media parlino di lui, e di essere presente in tutti i talkshow televisivi anche senza esserci e, anzi, bellamente snobbandoli.

Ma, scusate, perché mai si è tanto risentito? Non è proprio quello che voleva sentirsi dire il mediocre attore Beppe Grillo assurto a leader non mai eletto del secondo – stando agli ultimi sondaggi – partito (o non partito) italiano? Come pensava che reagissero le comunità ebraiche? Lasciando cadere l’evidente provocazione rivolta anzitutto a loro, colpite  nel culto della memoria della Shoah, che, come tutti sanno (o dovrebbero sapere)  ha per loro un significato sacrale? Che cosa avrebbero dovuto fare, secondo lui? Congratularsi e magari apprezzare quell’”arguto”, o “scherzoso” o “goliardico” fotomontaggio che sostituisce “Arbeit” con “P2” per risvegliare le sonnacchiose coscienze degli italiani con uno sberleffo a uno dei luoghi-simbolo degli orrori della guerra e della tragedia del genocidio degli ebrei e degli altri Untermenschen (sottouomini),  e lodare in aggiunta quella sua “bella” variazione poetica su un tema di Primo Levi?


Non immaginava che avrebbero immediatamente interpretato quel fotomontaggio e quel “rifacimento” come un’offesa alle vittime dello sterminio nazista e alla memoria di Primo Levi che che si rivolterà nella tomba  per l’uso pre-testuoso che di quel suo celebre testo ha osato fare un guitto con velleità rivoluzionario-palingenetiche  in vena di “provocazioni” finalizzate a suscitare la maggior eco mediatica possibile, giusto all’inizio di una campagna elettorale che si annuncia incandescente, data la posta in gioco (“O vinciamo o ce ne andiamo”, ha assicurato Grillo)? Possibile che questo leader carismatico del M5S si stupisca per il clamore mediatico e per l’ondata di sdegno e di riprovazione proveniente da tutto quello che un tempo si sarebbe  chiamato  “arco costituzionale”,  dal momento che la provocazione del ritocco calcolatamente offensivo alla scritta sul cancello di Auschwitz e della sua riscrittura di Primo Levi  usata per attaccare e vilipendere quelli che, a suo dire,  sono i garanti del sistema politico-affaristico-mafioso che ammorba il Paese, cioè Napolitano, Renzi e il Partito democratico, è proprio quello a cui mirava? 

Lo scandalo, infatti, non è tanto nell’invettiva contro il sistema (vorrei chiarire, a scanso di fraintendimenti, che questo sistema non piace neanche a me) ma nell’aver banalizzato  un simbolo della Shoah e nell’aver manipolato quel celebre testo di Primo Levi a fini di campagna elettorale, e non , come ha tentato di far credere  nel corso del suo ultimo comizio-show al PalaLottomatica di Roma, per “onorare uno scrittore come lui, uno che dice di non abbassare mai la testa…”; se questa era davvero l’intenzione non aveva che da citare o re-citare quello e altri testi del grande scrittore senza spostarne una sillaba. Così si fa  quando si vuole rendere omaggio a un autore, non certo parodiandolo o banalizzandolo come potrebbe fare un qualunque  teppistello  privo di saldi principi e di rispetto per i classici del nostro Novecento.

 

FULVIO SGUERSO

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