Se questa è l’America

Un ippopotamo e una cornacchia in corsa per la Casa Bianca

L’America, una volta baluardo di solidità e potenza, sembra oggi somigliare sempre più a una gruviera. La globalizzazione, la multietnicità, la multipolarità, la miriade di mezzi comunicativi, la varietà di identità di genere e l’intelligenza artificiale hanno trasformato questo gigante in un caotico mosaico di pezzi che faticano a stare insieme. In questo scenario di confusione, la battaglia elettorale per la presidenza tra Donald Trump e Kamala Harris appare come una sfida folcloristica tra un ippopotamo e una cornacchia, con elementi che oscillano tra il grottesco e il tragicomico.

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L’ippopotamo, ovvero Donald Trump, vuole incarnare la tradizione americana, ma non è altro che un pallido surrogato della cultura WASP (White Anglo-Saxon Protestant). Si presenta come il difensore delle classi disagiate, ammiccando a un conservatorismo che, vista la sua storia personale, sa di pura ipocrisia. La sua retorica, fatta di slogan e promesse roboanti, sembra più una commedia di cattivo gusto che un discorso politico serio. Eppure, eccolo lì, ancora una volta avanti nei sondaggi, con il suo 49% di preferenze contro il 46% della sua avversaria.

Dall’altra parte, abbiamo la cornacchia, Kamala Harris, che vorrebbe essere il simbolo dell’innovazione americana, ma finisce per rappresentare solo un’ibridazione tra la cultura afroamericana e quella indù. La sua figura si erge come paladina delle minoranze, ma il suo sguardo è rivolto alle classi abbienti. La sua difesa dei diritti sembra spesso una facciata ben costruita piuttosto che un impegno genuino. E mentre Trump la accusa di essere una “pazza della sinistra radicale”, la Harris continua a parlare di un futuro luminoso fatto di sanità abbordabile e diritti per le donne, con un tono che a tratti risuona vuoto.

Nel mezzo di questa farsa, l’America sembra aver perso la bussola. La scena politica attuale richiederebbe una sfera di cristallo per capire dove stiamo andando. Da una parte, abbiamo un ex presidente che si crogiola nei suoi successi passati e non esita a chiedere le dimissioni del direttore dell’FBI con una retorica da reality show. Dall’altra, una vicepresidente che promette un futuro migliore ma si trova a dover convincere un elettorato sempre più scettico.

La lotta tra Trump e Harris diventa così una sorta di tragicommedia nazionale. Trump, l’ippopotamo, è un richiamato della vecchia guardia, con una patina di tradizione che nasconde un’anima ben diversa. Harris, la cornacchia, tenta di spiccare il volo verso l’innovazione, ma le sue radici affondano in un terreno ibrido che la rende instabile.

Nel frattempo, il mondo guarda. Gli USA, un tempo faro di democrazia e potenza globale, oggi sembrano avvolti da una nebbia di incertezza e divisione. Dove andrà l’America? È una domanda che, allo stato attuale, solo una sfera di cristallo potrebbe rispondere. Ma una cosa è certa: se questa è l’America, siamo di fronte a un panorama che, tra tragicomico e surreale, rischia di perdere di vista l’essenza stessa di ciò che ha sempre rappresentato.

E chissà, forse un giorno ci sveglieremo da questo incubo politico e ci ritroveremo a chiedere: “Se questa è l’America, cosa ne è stato del sogno americano?” Ma fino ad allora, non possiamo fare altro che guardare questo bizzarro spettacolo e sperare che, da qualche parte, qualcuno trovi il modo di rimettere insieme i pezzi di questa gruviera chiamata Stati Uniti.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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