Savona, mandarli a casa: si può fare

Il potere politico si fonda, in Italia, sulla passività dei cittadini. Da molto tempo non si votano Governi e gli inviti di questi giorni sul non-voto, sono eloquenti.

La classe politica, sia quella al Governo sia quella di una Giunta comunale, sembra consapevole che i cittadini si sono trasformati in consumatori, telespettatori, concorrenti o comparse, in una realtà in cui la dimensione collettiva deve sparire, perché diventerebbe di ostacolo come puntuale controllo sui fallimenti quotidiani dell’amministrare.

Per questo i Consigli Comunali sono spesso deserti, quasi ovunque, ma a Savona in modo speciale e inequivocabile.

Mentre nella sala accanto, numerosi cittadini preferiscono assistere a una conferenza sulle migrazioni, il Consiglio, l’ultimo dell’amministrazione Berruti, che tratta di bilancio, vede assente anche il primo cittadino ma i savonesi non se ne accorgono.

Non un saluto, non un ringraziamento, come di consueto avviene, a chi ha lavorato per la città. Troppi i problemi, troppi gli imbarazzi. Disarmante, mi si lasci dire, il menefreghismo.

 Pratiche importanti, tra cui le decisioni in merito all’Aurelia Bis, non vengono discusse per l’intenzionale mancanza di numero legale.

 I partiti politici savonesi sono già in una lunga vacanza elettorale.

Così, anche a Savona, mentre la classe dirigente del PD, partito che ha governato la città per decenni, si adegua all’invito di non votare su questioni centrali come la politica energetica, alimentando il concetto di democrazia servile ad altri poteri, si affanna, invece, a cercare sostenitori e votanti per elezioni molto più funzionali al loro potere locale.

 Quello da non farsi scappare, a tutti i costi.

La convinzione che a Savona nulla cambi, che i cittadini così assenti e inebetiti dal fallimento amministrativo e politico della città, ritornino a votare come prima, si facciano abbindolare dalle mille liste dove ben si mimetizzano candidati ambigui, è forte.

Mentre la vera forza di cambiamento, come sosteneva anche il giudice Borsellino, è propria nella cabina elettorale.

Non scendere in piazza per chissà quale rivoluzione, ma scegliere diversamente il voto, quello si può.

Si deve fare, se si vuole chiudere un capitolo troppo triste della città.

In molte città europee la ribellione è in atto, quella semplice dei cittadini che disfano FACENDO, che promuovono nuove resistenze, che incoraggiano chi chiede di condividere un progetto nuovo.

Mentre in molte città, a Savona….

In molte città si lavora per ritornare a essere animali sociali, capaci di guardare avanti, piccoli ma determinati e grandi nell’essere motivati per imparare insieme ad amare  la propria città, magari rompendo schemi o situazioni cristallizzate da troppo tempo, a Savona, invece, si parla di ricuciture del dopo-primarie, si promuovono pizze e  feste elettorali di reminiscenze pseudo – sindacaliste, si posizionano ruote panoramiche con vista sulla cementificazione fronte mare, oppure ci si incontra con il candidato di turno all’aperipollo.

 In un frenetico delirio elettorale si frequentano funzionali farinate, si discute sulle 700 preferenze di quel candidato che tanto comodo farebbero e che, anche se di lui non si sa che farsene, si potrebbe sempre mettere in lista per utilità.

Si promuovono soliti e altrettanto inutili sondaggi elettorali via telefono pagati da chissacchì. Si confezionano polemiche sui grandi e numerosi  manifesti elettorali di candidati che non dovrebbero averne, mentre ad  altri  è consentito tappezzare  portici e pilastri delle belle vie del centro.

Nel momento in cui, in Italia, interessi economici e politici rischiano di mescolarsi nella più totale opacità, con un governo che sposa le tesi confindustriali sullo sviluppo, sull’energia, sul lavoro, l’occupazione e sulle liberalizzazioni, concretamente sordo agli allarmi del pianeta che con il recente scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia, frutto di cambiamenti climatici per la combustione di fonti fossili, ne testimonia lo sconvolgimento.

Nel momento in cui gran parte della società civile europea chiede, a gran voce, che si cambi definitivamente rotta e modello di società, a Savona, critiche feroci si sollevano, da parte di chi l’ha governata, proprio nei confronti degli ambientalisti, tali perché ricchi e privilegiati, contro il cemento perché proprietari di case, contro la combustione di fonti fossili e favorevoli alla chiusura della centrale a carbone perché tutti  col  posto fisso.

Nel vuoto assoluto che questo linguaggio tradisce, proprio a Savona, mai come ora, andrebbero rilanciate parole come sfida, coraggio, speranza, per combattere finalmente il pensiero unico che attraversa la compagine dal centro- destra al centro- sinistra.

 Quello che calcola, che fissa i confini dell’utile e dell’inutile, che dispone ogni cosa in funzione del controllo della città, quello che ritorna, come la vecchia politica era uso fare, a confezionare liste fantasma che mascherate da altro, sostengono la Battaglia del PD, magari da destra, o la Caprioglio della destra con una lista civica in odore di centro-sinistra, perché tutto resti com’è. Oppure che schiera giovani che di giovane hanno poco e di rinnovamento ancor meno, e che nella sacrosanta “rottamazione” propagandata dal leader, finiranno paradossalmente per sostenere proprio i “vecchi” della politica savonese  il cui catastrofico operato, Savona conosce molto bene.

Chi pensa al crollo occupazionale e alla chiusura o delocalizzazione di molte aziende savonesi, alla mancanza di politiche sulla viabilità, sulla raccolta dei rifiuti, sulla riqualificazione energetica e sulla difesa ambientale e su un nuovo sviluppo green che la città potrebbe avere?                                                                                                                       

 Meglio preoccuparsi delle nomine preelettorali sulle poltrone della Fondazione De Mari da parte PD come conferma di questo pensiero privo d’immaginario, calcolatore e misero, proprio mentre si confermano, ogni giorno, notizie sul disastro dell’attuale Giunta: milioni di debiti, tagli all’ATA e alla TPL, tutti servizi ai cittadini che condizionano proprio la vita dei savonesi.

Mandarli a casa: si può fare.

I savonesi, mentre i partiti sembrano completamente immersi nel loro mondo distante dalla realtà, autocondannati a un gioco al massacro, a beghe di ogni genere, insulti, ripicche, sgambetti, inutili promesse e mancata progettualità  in un impressionante vuoto e nel più assoluto menefreghismo dello sfacelo prodotto in tanti anni, si troveranno, ancora una volta, forse più coscienti e consapevoli, a decidere del loro futuro.

Antonia Briuglia

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.