Savona come Babilonia

Savona come Babilonia

Savona come Babilonia

Diciamo la verità, a noi piace distinguerci.

Tutti sono capaci di intrecciare relazioni con ameni paesini francesi o tedeschi, e scambiarsi fiori e salamini, fra fanfare di bande e giovani in costumi tipici. 

Ma un gemellaggio addirittura con l’antica Babilonia… solo Savona poteva riuscirci.

E realizzato come? Nel nome dell’architettura. Un  tratto distintivo che presto ci renderà famosi nel mondo. Hai detto niente.

Ne ho parlato l’altro giorno in consiglio comunale, e non l’han presa bene, han rumoreggiato in maggioranza, chissà perché. Forse un eccesso di modestia, non saprei trovare altre ragioni.

Perché la conquista è innegabile.

Lo spunto è venuto da una pratica di variante. Si trattava dei palazzi di bassa Valloria, da tempo in costruzione, il cui progetto è stato a lungo osteggiato dagli abitanti dei palazzi vicini.

Ma si sa, a progetto approvato non si può dir nulla, non ci fu modo di fermarlo. O no? Pare che in due distinte sentenze il Consiglio di Stato abbia affermato il contrario, e cioè che non esistono “diritti” edificatori in capo ai privati, e il Comune può revocare in qualsiasi momento, prima dell’inizio concreto dell’opera.


Corso Ricci aree ex Balbontin

Ma questi sono argomenti risibili, così come quello dell’inutilità di costruire ancora, delle case sfitte, del consumo di territorio, degli equilibri idrogeologici eccetera.

Non entriamo in queste bazzecole.

Gli è che i palazzi ora sono a buon punto, e gli abitanti e oppositori se ne stiano in pace. Ampi palazzi, e mica solo uno. Ma non basta.

All’interno dei volumi approvati, ma con una sopraelevazione bisognosa di variante, testé approvata in Consiglio, si vuole realizzare un appartamento in più  su uno degli edifici, e altre minuzie. E’ noto che ci sono sempre varianti in corso d’opera, e rinegoziazione degli oneri di urbanizzazione, notoriamente così convenienti per i Comuni.

Infatti in  cambio il Comune acquisisce un utilissimo parcheggio pubblico a mezza costa (utile per gli inquilini dei palazzi medesimi, si suppone), la più interessante area dell’autolavaggio di fronte alla trattoria Scotto, ma soprattutto la proprietà finalmente interamente pubblica della strada per l’ospedale.


Ex cantieri Solimano,  presto sorgeranno nuove case

Come, perché era privata? Sobbalzerà qualcuno, meravigliato. Una strada così importante, l’accesso all’ospedale, in parte su suolo privato? Un mancato esproprio, una leggerezza?

Ebbene no, ci è stato spiegato dall’architetto Macario. La strada fu realizzata su suolo pubblico, ma quelle aree, insieme con altre di pertinenza dell’ospedale, finirono in capo all’Asl, e da questa furono cartolarizzate e messe in vendita, passando, quindi, a privati,  e diventando oggetto di scambio con volumi edilizi.

Bizzarro, no? Uno crederebbe che il terreno di una strada pubblica dovrebbe restare pubblico. E invece no, di questi tempi Stato, organi e aziende pubbliche si arrangiano come possono, per arraffare spiccioli.

Ma torniamo all’argomento. Realizzando una parziale sopraelevazione, immagino che anche quel palazzo di Valloria assumerà quella caratteristica forma a gradoni che spicca su molti edifici recenti.

Pensate al Crescent, che doveva essere tutto vetro e levità, e invece è diventano una muraglia sovietica, con ulteriori aggiunte  di due piani digradanti a salire, piazzate in cima. Pensate ai palazzi Arte-Geo di corso Ricci. Stessa cosa. Agli appartamenti sui tetti che si intravedono anche nel complesso alla foce del Letimbro.


Crescent 1 e 2

I volumi devono sempre aumentare, nel ristrutturato ma anche nel nuovo, non sono mai abbastanza, si restringe pudicamente l’area di base, ma si sopraeleva ancora un pochino.

E un domani, stando ai progetti almeno, le miracolose aeree vetrate sui tetti, che diventano poi in corso d’opera solidi mattoni, di sicuro le ritroveremo anche il cima all’ex S. Paolo.

Ecco perché parlo di un tratto distintivo, di un nobile modello architettonico.

Le ziqqurat. Le piramidi a gradoni. Maestosi templi, di cui certamente il più famoso è la torre di Babele.

Immagino come andasse  dalle parti di Babilonia. Gli architetti reali progettavano, si costruiva il grande tempio con una enorme scalinata e una spianata in cima, e in cambio per ingraziarsi i sacerdoti si recavano offerte propiziatorie agli dei, fiori, frutta, sacrifici animali…

Ma a tempio quasi terminato, gli architetti confabulavano coi nobili di corte, si recavano dai sacerdoti, e sostenevano che così il tempio non era abbastanza alto, abbastanza maestoso, non recava gloria alle divinità, ecco.

A  dirla tutta, c’erano migliaia di schiavi inoperosi, mantenerli costava assai… Per non parlare dei progettisti, a cui spiaceva  rimanere a secco di lucrose prebende.

Perciò, ai sacerdoti stufi di polvere e pietre spaccate, ansiosi di officiare in un tempio finalmente completato,  alle folle in attesa di riti e preghiere, si suggeriva che sì, suvvia, non ci si poteva accontentare di squallidi anonimi piatti edifici, occorreva un piano più alto,  più stretto. Un altro ancora, e un altro, a toccare il cielo…

In cambio si rinnovavano sacrifici, si offriva oro al tempio, si sgozzava qualche capretto e perché no, ci vogliamo rovinare, uno o due prigionieri di guerra che avanzavano, per propiziarsi la benevolenza delle divinità.

Perché accontentarsi? Il suolo edilizio, i volumi concessi, le altezze son preziosi.  Da sfruttare fino in fondo.

Lo sapevano anche i nostri lontani antenati.

Speriamo almeno – è un suggerimento – che anche a Savona, come un tempo nell’antica terra assira, si abbelliscano le altezze  e i piani a gradoni con rigogliosi giardini pensili. Perché no?

Milena Debenedetti  consigliera Movimento 5 stelle

 

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