Savona città della cultura?
Le prossime elezioni comunali ed il microcapitalismo di orticelli delimitati
Il rilancio, Savona città della cultura?
No, siamo alla privatizzazione del potere tra poche persone
E guardando il passato dobbiamo costruire il futuro senza “federalismo confuso”
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Le prossime elezioni comunali ed il microcapitalismo di orticelli delimitati
Il rilancio, Savona città della cultura?
No, siamo alla privatizzazione del potere tra poche persone
E guardando il passato dobbiamo costruire il futuro senza “federalismo confuso”
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Savona – In un Paese ormai prossimo al collasso morale, economico, politico, sociale e culturale come l’Italia anche una piccola scadenza elettorale come quella prevista per il Comune di Savona nella primavera 2011 ( si voterà anche in altre grandi e medie Città. Milano, Torino, Napoli, Novara) può rappresentare l’occasione per una discussione di fondo circa la “qualità” dell’agire politico, ponendo in primo piano, rispetto ai temi programmatici pur importantissimi, alcune questioni dirimenti: la tenuta dello Stato Unitario, la logica del potere così come questo viene esercitato in una realtà di provincia come la nostra, il tema – del tutto essenziale – della rappresentanza politica. Allora andiamo per ordine: prima di tutto è necessario riflettere, e porre come discrimine, il ruolo degli Enti Locali rispetto all’avanzamento di un confuso progetto di federalismo che intreccia diverse questioni dopo l’affrettata riforma del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, la bocciatura del tentativo del centrodestra nel 2006, e l’incombenza del DDL Calderoli. |
L’amministrazione comunale di Savona attualmente in carica, oltre ad usare in modo del tutto improprio alcune leve di bilancio e utilizzando risorse in funzione dei cosiddetti “titoli tossici”, si è mossa sostanzialmente sull’onda di una idea di “leghismo ragionieristico” senza riuscire, cioè, a svolgere una funzione di coesione sociale verso il basso e di coesione politica nell’insieme del concerto degli Enti Locali, almeno a livello regionale (diverso poi il discorso circa la funzione svolta nei confronti della Regione Liguria, ma non entriamo adesso nel merito di una questione molto delicata). In effetti, comunque, non abbiamo ravvisato, rispetto al ruolo di un Ente Locale gestito dal centrosinistra, rispetto alla questione del “federalismo” (di vario tipo) alcuna posizione di contrasto rispetto al tentativo in atto, da parte del centrodestra, di avviarsi verso un vero e proprio momento di rottura dell’unità nazionale (che si potrà realizzare in varie forme, considerata la situazione di fortissima crisi economica sul piano internazionale e le difficoltà di costruzione dell’Unione Europea). Abbiamo così individuato un primo punto di discrimine rispetto alla realtà esistente, nell’ambito di alcune idee da sviluppare nell’offerta ai savonesi di una necessaria alternativa politica. Egualmente non avvertiamo, nel dibattito in corso, una riflessione adeguata attorno al tema della detenzione del potere, della sua articolazione, delle sue espressioni di scena e di retroscena. Al riguardo del tema del potere Savona ha rappresentato, da tempo, una sorta di laboratorio: fin dagli anni ’70-’80 quando il teardismo si collocava già in un contesto di assoluta anticipazione di quella “Tangentopoli” che poi sarebbe stata scoperta all’inizio degli anni ’90 rappresentando una delle cause più importanti della dissoluzione del sistema dei partiti; dalle nostre parti, in seguito, si è sperimentato, almeno dal 1994(anno della formazione di una inedita alleanza tra la Lega e il Centro, che vide protagonisti alcuni personaggi che poi avrebbero caratterizzato la stagione immediatamente seguente) fino al 2005 (in conclusione di due mandati di governo del centrosinistra), il quadro della cosiddetta “subalternità” delle istituzioni ai non meglio definiti ed individuati “poteri forti” dell’economia, che imposero il completamento, per quanto possibile, del processo di deindustrializzazione realizzando nelle aree portuali e di maggior pregio industriale alcune operazioni edilizie e puntando su di un modello di presunto sviluppo incentrato sul trasporto e il passaggio di persone nella nostra città (la vicenda, oggi, in piena fase di attuazione dello “scalo crociere”); adesso ci troviamo in una fase di ulteriore passaggio, di cui ancora una volta Savona appare essere terreno di sperimentazione, quello della privatizzazione del potere, addirittura concentrato in numero assai ridotto di persone alcune delle quali ricoprono più incarichi in bilico tra il pubblico e il privato (come accade del resto da altre parti e in diversi settori) in funzione del mantenimento di funzione per una sorta di microcapitalismo territoriale che si avvantaggia sul terreno economico della coltivazione di alcuni “orticelli” ben delimitati (pensiamo anche al ruolo di alcune categorie economiche) rifiutando, sul piano politico, l’idea di rappresentanza. In questo quadro le istituzioni locali sono relegate ad una funzione assolutamente laterale (badate bene, non stiamo toccando il tasto dolente del ruolo dei consessi elettivi, ma scriviamo delle istituzioni locali nel loro insieme, comprese quelle cariche monocratiche i cui epigono credono, vanitosamente, di farsi eleggere direttamente dai cittadini). Il caso di Vado Ligure, cittadina prossima a Savona e le cui questioni di carattere economico e sociale si intrecciano con quelle del capoluogo, appare emblematico: il voto dei cittadini ha ribaltato un establishment consolidato da decenni in nome della richiesta di un mutamento del modello di sviluppo, attorno ad alcuni nodi molto importanti per una piccola realtà locale come quella, e “contro” quell’esito elettorale si scatena una divisione artificiosa, senza che si riesca ad ottenere un momento di riflessione. Neppure da coloro che sono stati clamorosamente sconfitti nelle urne, che utilizzano e strumentalizzano, invece, questioni reali proprio per tenere al sicuro questa sorta di microcapitalismo territoriale, di cui si faceva cenno. Emerge così una questione del tutto eclatante di rifiuto della rappresentanza politica. In realtà sarebbe il caso di recuperare, almeno dal nostro punto di vista, una idea di “teoria repubblicana”, da porre a diretto confronto verso una sorta di teoria “hobbesiana” che appare cara ai nostri “concentratori del potere”, nel senso che sarebbe necessario – per costoro – che tutti i singoli individui obbediscano alla loro volontà, senza che essi siano contrastati. Ed appare un po’ ingenuo, in questo quadro, delineare una idea di “democrazia partecipata” e di presunto “coinvolgimento dal basso”, senza che ci si misuri attorno alla realtà, oggi, della rappresentanza politica, dei soggetti collettivi che debbono – appunto – impegnarsi proprio sul terreno della rappresentanza, sul recupero di ruolo della “politica”, classicamente intesa. Riprendiamo, dunque, il filo riguardante le prossime elezioni comunali di Savona: è nostra convinzione che, in primo luogo, anziché una proposta di programma vada impostato un confronto che chieda, a quanti hanno retto la vita pubblica della Città nel corso di questi anni, i “conti” di un ciclo che sta chiudendosi. E’ necessario che la Città sappia, nel dettaglio, cosa è accaduto nella sua realtà economica e sociale nel momento in cui le operazioni edilizie in Porto e sul sito dell’ex-Italsider si sono concluse e l’insediamento delle crociere fortemente consolidato: quali introiti si sono realizzati per il bene pubblico, come sono stati pagati, quali occasioni di lavoro sono state costruite, che cosa è capitato agli altri settori economici, quali sono le effettive potestà del “pubblico” nella determinazione del futuro assetto della Città; quali prerogative sono state mantenute e quali cedute. Va aperto un dibattito pubblico molto intenso, senza alcuna tema di apparire “minoritari” perché non si esprimono subito delle alternative programmatiche: come già accennavamo al riguardo del bilancio contabile del Comune di Savona, è necessario chiedere con grande forza a che punto siamo, come ci collochiamo nel contesto provinciale (che dal punto di vista della destrutturazione industriale e dell’utilizzo dei siti non affrontiamo per carità di patria) , in quello regionale e ancora in quello sovra – regionale. Naturalmente deve essere offerta una idea di fondo per una Savona “diversa”, diversa dal punto di vista- soprattutto – delle prospettive. Sotto questo aspetto ci permettiamo di insistere su alcuni concetti: il rilancio di Savona può partire soltanto dal suo centro, offrendo l’idea di Savona “città della cultura” attraverso il recupero dei grandi contenitori storici di Palazzo Santa Chiara e Ospedale San Paolo da utilizzare per l’Università e la Biblioteca (fermo restando il campus a Legino) attirando professori, studenti, attività economiche diverse, recupero del patrimonio edilizio (immenso ed abbandonato in larga parte) anziché croceristi che trascina stancamente inverosimili (per dimensioni) trolley; la questione urbanistica e strettamente collegata al tema dello sviluppo economico e a quello delle infrastrutture, che rimane l’altra grande questione insoluta, che dipende però in larga parte dalle scelte di livello regionale ed oltre (ma su questo punto è necessario avere idee chiare e ruolo). Verranno, infine, i temi dello schieramento politico e l’analisi degli altri temi specifici sui quali impostare altri elementi di carattere programmatico: le priorità, però, se si intende fare politica e non semplicemente compartecipare alle scelte degli altri stanno nel riconoscere il ruolo delle Istituzioni, la logica del potere e la qualità della rappresentanza politica. Savona, 28 Novembre 2010 Franco Astengo
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