SANITÀ. La cattiva premessa

SANITÀ.
La cattiva premessa

SANITÀ.
La cattiva premessa

 Procedo ora con i contenuti, a cominciare dalla Sanità, che rappresenta in questo momento, e non solo, la voce prioritaria e la maggior urgenza di un programma amministrativo regionale, sulla scorta delle cattive prassi che l’emergenza covid ha evidenziato, funzionando come cartina al tornasole di criticità già ampiamente esistenti. Per non diventare pedante, affronterò la questione in più post, confrontandomi con l’operato della giunta regionale uscente e spiegando con argomentazioni e dati il motivo per cui quell’amministrazione deve essere subito cambiata e la sua rotta tempestivamente modificata. Parlerò di sanità come cittadina, come aspirante consigliera e come studiosa di storia della medicina e bioetica, disciplina che ha a che fare con una valutazione della prassi sanitaria secondo criteri di giustizia ed equità. Ne parlerò cercando di apprendere dalle persone esperienti, sia come pazienti che come operatori.

Parto dal 23 Novembre 2016, e più precisamente da un incontro bilaterale, che si svolse allora a Milano, tra i presidenti ligure e lombardo, Toti e Maroni, e gli assessori alla sanità, Viale e Gallera. Riascoltiamo le parole del nostro governatore: “Il colosso lombardo per numeri e know how è senz’altro per noi un faro per le buone pratiche che vogliamo condividere. “Insomma, viva il modello Lombardia! E dopo aver parlato di abbattimento ticket (ma dove? Ndr), il discorso si fa sibillino e cresce di retorica: “Ci sono poi altre iniziative più tecniche che vanno nella direzione di una sanità più moderna, più efficace, più economica e anche più equa”.

 


 

Applausi? Mumble mumble…Ma quali iniziative? Più tecniche nel senso che noi comuni mortali non possiamo capire? Ecco quello che cercherò di spiegare nei prossimi post, introducendo una “signora” dal nome armonioso di Alisa, per smascherarne tutto il silicone. Per ora mi basta osservare che era il 26 Novembre del 2016 e oggi è il 13 Agosto del 2020. Nel frattempo c’è stato il Covid19 e ci ha spiegato senza diplomazia e con malagrazia che al modello Lombardia non può credere più nessuno, che quella sanità è deragliata e che se c’è un freno a mano per il treno Liguria che gli sta correndo pericolosamente dietro, va assolutamente tirato e l’intera narrazione va riscritta.

La questione è complessa e cercherò di semplificare, sicura che se sbaglierò avrete la generosità di correggermi: gloriabardi2020@gmail.com

 

3 giugno 2016. Una seconda data importante: la giunta regionale appende il fiocco rosa per Alisa (A.Li.Sa), Azienda Ligure Sanitaria e ad annunciarlo sul sito della Regione è l’assessora e vicepresidente Sonia Viale (Lega), con tanto di video allegato. Si tratta di un organismo destinato a sovrintendere e coordinare le 5 ASL liguri, sostituendo la precedente ARS (Agenzia Regionale Sanitaria, in funzione dal 2006), o meglio ‘assorbendola ‘. Obiettivo di Alisa è dirigere l’omogeneità organizzativa del sistema socio sanitario, da tutti i punti di vista (prestazionale, edilizio, contrattuale, finanziario ecc.) con indirizzi comuni alle 5 ASL. Si può dire che Alisa rappresenti in toto il sistema sanguigno della sanità, di cui le ASL, da cui ha assorbito anche parte del personale, diventano i capillari. Perché ARS non bastava più? Perché ARS era un’agenzia, come tale in grado di svolgere attività di consulenza e ricerca, relativa alla distribuzione di beni e servizi, mentre Alisa, essendo azienda, si occupa anche della loro produzione, con relativa gestione finanziaria. Rispetto ad ARS le ASL mantengono quella autonomia aziendale di cui la macroazienda Alisa in gran parte le spoglia. Ora, la legge 30 dicembre 1992 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, prevede ai vertici di un’azienda sanitaria un collegio direttivo, costituito da un Direttore Generale, un Direttore sanitario e un Direttore amministrativo. 

 


 

 Inoltre, prevede precisi requisiti per l’idoneità alla nomina di DG. Ma per la nostra Alisa tutto questo è di là da venire. Al suo nascere è stato nominato un Commissario straordinario, che coi suoi superpoteri potesse gestire il passaggio da ARS ad ALISA. Insomma, la nostra fanciulla nasce commissariata e a distanza di 4 anni non è ancora diventata maggiorenne. In soldoni, cosa significa? Innanzitutto che un commissario, data la situazione d’emergenza che ne caratterizza il mandato, ha poteri aumentati, accentrati, può agire in deroga e deve rispondere del suo operato solo all’esecutivo regionale senza passare dal Consiglio. Inoltre il commissario, Straordinario com’è, non è sottoposto al possesso dei requisiti previsti per un ‘ordinario’ Direttore Generale e infatti il Nostro ha superato i limiti d’età. In questo caso lo Straordinario, chiamiamolo confidenzialmente così, risponde al nome di Walter Locatelli e, a proposito della realizzazione del modello Lombardia, arriva dritto dritto da Milano, dove ha lasciato il ruolo di Direttore Generale dell’Asl per correre in nostro aiuto. Non vorrei sembrare insolente ma se in 4 anni non è riuscito a svolgere la sua missione di traghettatore, forse così straordinario non è. O forse il problema non sta lì. Viale nel video dice che le ASL, così com’erano costituivano delle repubbliche. A volte il lessico dice più del discorso. Il contrario di repubblica è monarchia e Alisa ha tutta l’aria di esserlo, sottratta com’è, con la parola d’ordine dell’efficienza, al controllo democratico. A pensar male forse si fa peccato ma i fatti non sono pensieri e nemmeno ideologie e qui parlano chiaro. Chiunque, anche solo tentando di prenotare una visita o una prestazione, può verificare il livello di efficienza acquisito dal sistema e non solo in fase Covid.

 


 

La Corte dei Conti ha infatti clamorosamente bocciato i risultati di Alisa, relativi all’esercizio 2019, sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo gestionale e di equa distribuzione dei servizi. Il documento è scaricabile da Internet. Eppure il nostro ineffabile governatore, in una debacle sanitaria come quella corrente che fa? Dà premi in denaro a quei povericristi dei manager sanitari, che faticano ad arrivare a fine mese. Quale efficienza sta premiando, il Presidente della Regione Liguria? Provo a indovinarlo: tra le competenze di Alisa stanno le contrattazioni col privato e bisogna riconoscere che su questo punto la solerzia è stata massima.  Per quanto riguarda noi savonesi, il gruppo piemontese Galeazzi si è aggiudicato gli ospedali di Cairo Montenotte e Albenga, con la prospettiva di farvi trasferire un bel po’ di pazienti dal Piemonte, come se a noi i posti letto avanzassero e come se i Piemontesi, tra la ben raggiungibile Milano e il malservito ponente ligure potessero essere così ‘balenghi’ da scegliere la seconda opzione.  Ed è stato un altro gruppo privato, questa volta di Monza, a ricorrere al Tar, le cui conclusioni hanno bocciato l’assegnazione al Galeazzi, il cui business plan “si fonda su previsioni la cui attendibilità non risulta dimostrata”: la calata dei piemontesi, appunto. Della serie: nel Palazzo di De Ferrari qualcuno potrebbe dire: io non c’ero e se c’ero dormivo.  Insomma: ora come ora, la palla torna in Regione, che può decidere se bandire una nuova gara, per attirare in Liguria magari pazienti lombardi, appassionati di Avventure nel mondo, oppure rinunciare alla privatizzazione e restituire l’ospedale al servizio pubblico. Inutile dire che la lista Sansa è compatta sulla seconda ipotesi e non certo per trasformismo elettorale. Per ora mi fermo qui, perché so che l’ho tirata in lungo. Vorrei solo precisare, nel rispetto di chi può temere un nuovo trambusto occupazionale, che non sono solita gettare via il bambino con l’acqua sporca e sono convinta che, una volta diventata maggiorenne, Alisa possa essere politicamente rivalutata e riorientata. Il bilancio aziendale deve avere come priorità l’abbattimento delle carenze assistenziali, e se si parla di  ‘azienda non se ne parla nel senso che  produce manufatti ma garanzie di servizi vitali e assistenza sanitaria per tutti i cittadini, laddove il legittimo obiettivo primario del privato è invece il profitto. La sanità Ligure dovrà, in buona sostanza, invertire il percorso che la vede colonizzata o costruita ad immagine e somiglianza di quel sistema che l’emergenza COVID ha smascherato, senza margine di dubbio, come il peggiore d’Italia.

 


 

I nuovi ospedali 

Riprendo il discorso analitico sulla sanità, rimanendo ancora sugli ospedali, per poi affrontare le lacune della medicina territoriale, dal momento che Il sistema ospedalocentrico è il risultato di una pessima involuzione. 

Dunque, non sarà un caso se contro i tappeti rossi dell’uomo in cerca di slogan si muovono ovunque, dalla Val Polcevera alla Val Bormida, a Carignano ecc., comitati e associazioni di cittadini. Giova sempre ricordare che noi cittadini i, oltre a essere i fruitori della sanità ne siamo i finanziatori, attraverso i ticket (copre oltre i 50% della spesa sanitaria) e il prelievo fiscale. Dal 2006 al 2018 la Liguria, dopo l’Emilia Romagna, è la Regione che ha ricevuto il finanziamento statale più alto, eppure ha proceduto con tagli devastanti: oltre ai tagli alla medicina territoriale, il numero degli infermieri e dei medici è stato di anno in anno ridotto, al punto che solo negli ultimi 4 anni si sono persi oltre 1000 posti di lavoro tra gli addetti, e sono stati chiusi e declassati vari prontosoccorso e anche dei reparti rinnovati di recente, come il padiglione C del Galliera, l’apparato strumentale è spesso obsoleto. Non c’è da stupirsi se le liste d’attesa diventano i serpenti che purtroppo conosciamo. La Corte dei Conti ha bacchettato l’attuale Giunta ligure per il mancato obiettivo di azzeramento del disavanzo, garantito per il 2020. 

Insomma, dove sono andati i soldi che abbiamo pagato per avere garanzie sulla nostra salute? In gran parte (oltre 71.000.000 euro nel 2019, cpn incremento di 20.000.000 rospetto al 2017) nella mobilità passiva, ovvero il pendolarismo dei pazienti verso altre regioni, dal momento che qui posti letto e personale non sono sufficienti. Malgrado ciò a Cairo e Albenga  si volevano far venire i Piemontesi!!! (NB Alla carenza di posti letto si potrebbe sopperire con il potenziamento della medicina territoriale, che è invece stata depotenziata). Un altro bel gruzzolo va ai privati convenzionati, che, come ormai sappiamo, si prodigano in servizi remunerativi, come ad esempio la cardiologia, sdegnando i bocconi meno ghiotti, come la medicina d’urgenza e la psichiatria.

 


 

Un altro costo riguarda gli stipendi dei dirigenti, che ad esempio in Alisa sono 46 su 175 addetti (dati FIALS, ai quali a inizio agosto sono stati conferiti anche premi produzione di 20.000 euro lordi a testa, a fronte di una gestione fallimentare, che ne imporrebbe piuttosto la decadenza a seguito di verifica biennale. Infine i nostri denari partecipano al finanziamento dell’edilizia sanitaria. E qui si apre un capitolo. Le grandi operazioni contestate dai comitati, che prima di essere sanitarie sono appunto edilizie, riguardano la costruzione dell’ospedale degli Erzelli , il Nuovo Galliera è il Felettino di La Spezia (L”spedale unico di Imperia, a Taggia, sulla cui gestione comunque la politica e i cittadini si interrogano, sarà pubblico e finanziato da Inail).

Quello sulla collina degli Erzelli, con 350 posti letto e 200.000.000 di euro di spesa, dovrebbe costituire l’ospedale del Ponente, col depotenziamento del Villa Scassi e del polo oncologico del San Martino, che costituisce un’eccellenza. Nel 2017 il Secolo XIX ci informava che S.Donato, Humanitas e Villa Maria, ovvero gruppi privati, si erano tempestivamente recati in loco, per giudicarne l’appetibilità. Quindi? Quindi il diavolo fa le pentole e i coperchi li dimentica sempre. Il terreno su cui il nuovo ospedale dovrebbe sorgere, parecchio impervio e urbanisticamente decentrato, presenta forti criticità geomorfologiche e forse per questo è andata deserta la gara d’appalto per l’assegnazione, che andrà rifatta e resa più appetibile, cosa che in genere gioca al peggioramento. Quindi, come per la privatizzazione di Cairo e Albenga, è spuntata una buccia di banana, che ha costretto il Nostro a rinviare il taglio del nastro. 

L’altra grande operazione edilizia riguarda la costruzione del Nuovo Galliera, dove pure esiste un padiglione (il C) di 10 piani, ristrutturato, in gran parte attrezzato a nostre spese e mai andato in funzione (NEMMENO DURANTE IL COVID, dove si è preferito lo sperpero scenografico della famosa nave dell’armatore Aponte. Ma di questo parlerò più specificamente, affrontando la gestione dell’emergenza) e ora destinato a demolizione. L’operazione Nuovo Galliera, che vede una diminuzione di posti letto e prevede anche una parte non ospedaliera ma immobiliare, è stato annunciato nell’ottobre del 2019 con) la benedizione del Cardinale Bagnasco (al Cardinale di Ge in corso va, per una clausola presente nel lascito della duchessa di Galliera, la presidenza del Nosocomio),con l’impegno di firmare l’appalto nel 2020 e il taglio del nastro nel 2023. Numerose le impugnazioni legali, dinanzi alla Procura e al TAR: l’ultimo ricorso è stato presentato a fine luglio dall’associazione Verdi Ambiente e Società, col sostegno del Comitato Cittadini di Carignano, che prefigurano un insostenibile costo sociale in termini di cementificazione della collina e anni di cantieri aperti, a fronte del rimpicciolimento dell’ospedale.

 


 

Altra grande progetto riguarda l’ospedale Felettino da costruirsi a La Spezia, anche per evitare l’esodo sistematico degli spezzini verso altre regioni. Questi sono i dati forniti dalla Corte dei Conti: “Per quanto concerne la costruzione del Nuovo ospedale de La Spezia -Fellettino- finanziato con decreto dell’8.04.2014 per importo complessivo di euro 175.050.000,00, di cui 119.917.096,42 a carico dello stato, risultano pagamenti, alla data del 31.12.2018, per euro 10.770.880,60 e, quindi, per il solo 9% dell’importo totale”. Si sta parlando di costruzione, dal momento che la parte progettuale è stata già liquidata nel 2000. Qui dove sta la buccia di banana? Fatto sta che “nel corso del 2019, la Regione ha deciso, unilateralmente, di recedere dal contratto concluso con l’aggiudicataria e che, attualmente, tra le parti, pende un contenzioso. Quindi la costruzione dell’opera si è di nuovo fermata.” Il procuratore, sottolineando che un ospedale pubblico nel levante ligure va senz’altro fatto, invita la Regione a valutare la convenienza complessiva dell’operazione nei termini fissati “onde evitare di continuare di porre a carico della collettività ulteriori oneri senza alcun ritorno economico”.

Quindi: 3 operazioni, 3 interruzioni, 3 mancate risposte ai bisogni sanitari dei liguri, 3 mobilitazioni civiche permanenti, 3 bucce di banana, 3 percorsi pasticcioni e fitti di criticità a scapito degli investimenti della comunità sulla propria salute, usata come il pesce finto legato al filo, con cui si fanno giocare i gatti. Con la differenza che ai gatti non è stato addebitato il pesce.

 

   GLORIA BARDI candidata in Regione con la lista Sansa

 Dalla sua pagina FB

 

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