Sanità, il grande inganno: tra lentezze pubbliche e arroganze private
Viviamo un tempo sanitario surreale. Forse il peggiore degli ultimi decenni. Un sistema che cade a pezzi sotto il peso dell’inerzia pubblica e della presunzione privata, mentre noi, cittadini e pazienti, restiamo incastrati nel mezzo, dimenticati, svuotati, stanchi. Siamo scesi in campo per difendere la sanità pubblica, spinti da una convinzione semplice: prima o poi la politica avrebbe dovuto aprire gli occhi. E se non per senso di responsabilità, almeno per calcolo elettorale. Le urne del 2027 si avvicinano e gli elettori saranno chiamati a scegliere se confermare l’attuale governo o affidarsi a un’opposizione che, ad oggi, fatica ancora a proporre una visione unitaria e credibile. Eppure, se esiste un terreno dove ogni cittadino si misura con lo Stato in modo diretto e profondo, è proprio la sanità.
Viviamo un tempo sanitario surreale. Forse il peggiore degli ultimi decenni. Un sistema che cade a pezzi sotto il peso dell’inerzia pubblica e della presunzione privata, mentre noi, cittadini e pazienti, restiamo incastrati nel mezzo, dimenticati, svuotati, stanchi. Siamo scesi in campo per difendere la sanità pubblica, spinti da una convinzione semplice: prima o poi la politica avrebbe dovuto aprire gli occhi. E se non per senso di responsabilità, almeno per calcolo elettorale. Le urne del 2027 si avvicinano e gli elettori saranno chiamati a scegliere se confermare l’attuale governo o affidarsi a un’opposizione che, ad oggi, fatica ancora a proporre una visione unitaria e credibile. Eppure, se esiste un terreno dove ogni cittadino si misura con lo Stato in modo diretto e profondo, è proprio la sanità. Il declino, però, non è nato ieri.

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Non è figlio solo di questo esecutivo, che pure si è dimostrato impreparato e privo di un piano strutturale. La crisi affonda le radici in anni di tagli, scelte miopi e modelli aziendalistici applicati a un diritto costituzionale. La medicina a gettone, simbolo di un sistema che spende tanto e cura poco, non è una novità recente: è solo la forma più vistosa di un malessere profondo. Sorvoliamo pure sulle liste d’attesa, ormai diventate barzellette tragiche. Soffermiamoci invece su ciò che è cambiato – in peggio – nella sanità privata. Fino a pochi anni fa, bastava pagare e tutto filava liscio. Le strutture accoglievano i pazienti con solerzia, offrivano un’illusione di efficienza e sicurezza, lontana dalla farraginosità pubblica. Non era economico, ma almeno funzionava. Oggi, non più. Ottenuti gli appalti pubblici e incassati i fondi che un tempo andavano al Servizio Sanitario Nazionale, molte strutture private si sono trasformate. I tempi si sono allungati, le procedure sono diventate più burocratiche, il trattamento spesso più freddo e distaccato. Chi un tempo sembrava “servizio” oggi appare più come “apparato”, spesso rigido e impenetrabile. Un re senza corona ma con molta arroganza. Così ci ritroviamo nella terra di nessuno. Il pubblico ci fa aspettare mesi, ma almeno conserva una certa competenza interna, con specialisti e luminari che ancora resistono. Il privato, invece, si nutre sempre più di denaro pubblico – basti pensare agli esami diagnostici, come TAC e risonanze, ormai affidati quasi interamente a strutture convenzionate – ma restituisce meno in termini di qualità, accessibilità e umanità. Alla fine, ci siamo noi. Stretti tra due fuochi. Con una scatola di cerini accesi in mano, costretti a scegliere tra attese interminabili o servizi a pagamento che non garantiscono più nulla. E quando la salute è in gioco, non è una metafora. È vita vera. A volte vita salvata, a volte no.
Abbiamo smesso di essere pazienti. Ora siamo ostaggi. E il sistema, se non cambia, rischia di non avere più nemmeno qualcuno da curare. Solo ferite da nascondere.
Angelo Santoro da PENSALIBERO
Angelo Santoro è un giornalista e scrittore. Editorialista di “Avanti Online”