Salvini santo subito

SALVINI SANTO SUBITO

SALVINI SANTO SUBITO

 I saluti romani opportunisticamente evitati a Piazza San Giovanni il 19 ottobre, con la nobile motivazione fornita dal vicepresidente di Casapound, Simone Di Stefano, presente in piazza: “Per noi è un gesto sacro da rivolgere solo ai caduti. Chi lo fa in piazza a una manifestazione di centrodestra è una scimmia mitomane al servizio dei media” (carina quella scimmia mitomane, vero?) sono invece scattati in un tripudio di braccia tese e di cori  du-ce du-ce il 27  dello stesso mese, a Predappio,  in occasione  del novantasettesimo anno trascorso dalla marcia su Roma, con un giorno di anticipo rispetto all’evento, che, come ognun sa, è avvenuto il 28 ottobre del 1922.  Ben tremila camerati sono infatti convenuti da tutta l’Italia davanti alla cripta della famiglia Mussolini dove, dal 1957 riposano (si dice così) le spoglie del duce.


Da notare che i partecipanti a questa celebrazione di una delle date fondamentali della storia del fascismo, riferiscono le cronache, rifiutano la qualifica di nostalgici: “Noi non siamo nostalgici – tuona il camerata Mirco Santarelli di Faenza – Noi siamo la continuazione ideale di quella che fu la rivoluzione fascista!”. Dopo una breve pausa, lo stesso camerata dà il via alla liturgia del saluto al duce: “Camerata Benito Mussolini? Presente!” “Presente! Presente!” rispondono in coro gli astanti, e subito ripartono i saluti romani e l’invocazione du-ce, du-ce. Un altro camerata legge dallo scalone del cimitero la preghiera per il duce: “Mio duce, che ci guardi dall’alto dei cieli. Da lassù continua ad amare e a proteggere il tuo popolo”. A questo punto non ha nemmeno più senso parlare del reato di apologia di fascismo di fronte a simili manifestazioni e suona come una voce nel deserto quella dell’Anpi, che ricorda come queste manifestazioni siano fuori legge e quindi andrebbero vietate.


Fiato sprecato di fronte a tremila camerati, tra cui mogli, madri e fidanzate anche con  bambini al seguito, inneggianti al duce e fieri di far indossare ai figli felpe nere con la scritta “Continuità ideale con la  Rsi”; altri camerati hanno preferito fregiarsi del motto orgoglioso degli squadristi “Della morte me ne frego”, per non parlare delle croci celtiche, delle rune e delle aquile da combattimento e altri cimeli del Ventennio. Ma la scritta che ha fatto più scalpore è senz’altro quella sulla felpa nera di un altro camerata: “Salvini santo subito; richiesto di una spiegazione dall’inviato di un Tg ha risposto così: “Certo, Salvini, lui è quello più attinente. Quello che si avvicina di più.  Il più leale”. Ecco vanificata in un attimo la strategia furbesca  dell’assenza di saluti romani e di vessilli di Casapound e di Forza Nuova in Piazza San Giovanni il 19 ottobre scorso: i nuovi camerati vedono in Matteo Salvini il politico che si avvicina di più ai loro ideali “rivoluzionari” e antisistema, il nuovo Capitano in grado di “liberare” l’Italia dai suoi nemici interni e di difenderla dagli “invasori” che vengono dal mare. Per questo gli elettori di Salvini sono insensibili alle pesanti ombre che gravano su di lui, a loro non importa sapere che cosa trattasse con i funzionari russi il suo uomo di fiducia Savoini all’Hotel Metropol di Mosca, né dei suoi legami con la galassia nera di cui scrive il giornalista Claudio Gatti nel libro-inchiesta I demoni di Salvini: i post nazisti e la Lega (Chiarelettere); gli elettori di Salvini leggono poco e non hanno tempo da perdere dietro alle inchieste de L’Espresso e, ultimamente, anche di Report , la trasmissione su Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci. 


 O se leggono, leggono altro. Sta di fatto che Salvini è sempre sulla cresta dell’onda nei sondaggi e la Lega viaggia intorno al 35%; mentre i partiti di governo calano, la Lega, pur essendo all’opposizione, invece di diminuire cresce nel consenso degli italiani. E qui naturalmente si apre un problema: quanto può reggere ancora un sistema politico istituzionale che non corrisponde più (se mai vi ha corrisposto) alla realtà effettiva del paese? Da quanto si discute sulla crisi di sistema che coinvolge un po’ tutte le liberaldemocrazie occidentali in cui i proclamati diritti universali dell’uomo e del cittadino vengono di fatto esercitati da un numero sempre più ristretto di persone appartenenti a ceti sociali privilegiati, a quelle élites contro le quali vengono mobilitate da sovranisti e populisti le masse di cittadini frustrati che devono vedersela con i bisogni primari, con il mutuo da pagare con gli extracomunitari della porta accanto e con il lavoro che non c’è?  Che cosa dobbiamo concludere? Che forse è arrivato il momento di rottamare come un ferrovecchio la Costituzione antifascista del 1948 e passare a una repubblica presidenziale conferendo pieni poteri al demagogo di turno come incautamente ha chiesto Mattei Salvini reduce dai fasti del Papeete Beach nello scorso agosto?


Ma, obiettano i liberaldemocratici europeisti e mondialisti, siamo poi sicuri che i sovranisti al potere scioglieranno tutti quei nodi che impediscono l’esercizio pieno della libertà alla maggioranza degli italiani e fugheranno tutte quelle paure del cittadino medio  sulle quali i sovranisti hanno costruito la loro propaganda e la loro fortuna politica? Finora, al di là delle buone (?) intenzioni, abbiamo visto ben poco, o meglio, abbiamo visto il progressivo imbarbarimento della società italiana, la perdita di valori tradizionali come la solidarietà, il rispetto reciproco, la tolleranza nei  confronti dei diversi o di chi pensa in modo difforme dal nostro, l’accoglienza dei poveri e degli stranieri, insomma tutto il contrario di quanto vanno predicando Salvini, la Meloni e i loro impresentabili amici di estrema destra. Altro che “Dio, Patria e Famiglia”, altro che cristianesimo, i loro valori sono la discriminazione, l’uomo forte al comando, il “prima gli italiani”, che è già tutto un programma. Tutto questo, però, non fa che approfondire il solco che divide i sovranisti da tutti gli altri. Lo si è visto recentemente in occasione della votazione al Senato sulla mozione della senatrice Liliana Segre per istituire una Commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni dell’intolleranza, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza sul web e fuori dal web; ebbene, tutto il centrodestra, con la lodevole l’eccezione di Mara Carfagna, si è astenuto.


Ora io dico, come si fa ad astenersi su una questione così grave e dirimente come l’antisemitismo e l’istigazione all’odio razziale? Non temono Salvini, la Meloni, la Bernini, l’accusa, a questo punto fondata, di essere razzisti, antisemiti e complici degli odiatori da tastiera e di chi invia alla senatrice superstite dell’Olocausto 200 insulti e minacce di morte al giorno? Ma no, spiega Salvini, cosa andate mai a pensare? “Siamo contro il razzismo, la violenza, l’odio l’antisemitismo senza se e senza ma”. Ma allora perché vi siete astenuti? Ed ecco la motivazione veramente degna del dottor Azzeccagarbugli: “Tuttavia non vorremmo che qualcuno a sinistra spacciasse per razzismo quello che per noi è convinzione e diritto, ovvero il ‘prima gli italiani’. Siamo al fianco di chi vuole combattere pacificamente idee fuori dal mondo, però non vogliamo bavagli né stato di polizia che ci riportano a Orwell”. Cosa si riesce a dire pur di non scontentare l’elettorato neofascista e neonazista! Un altro capolavoro di ipocrisia è quello che ho sentiti imbastire da Giorgia Meloni ospite d’onore alla trasmissione horror “Fuori dal coro” di Mario Giordano, alla domanda del quale sul motivo della scelta di astenersi, la gradita ospite ha risposto così: “Sia chiaro, io non ho nulla da dire contro la senatrice  Segre, verso la cui persona ho il massimo rispetto, tanto che sono andata personalmente a esprimerle tutta la mia solidarietà, sia come donna che come vittima degli odiatori da tastiera,  perché so cosa vuol dire ricevere caterve di insulti e minacce ogni giorno via social”.


Benissimo, ma allora perché la Meloni non le ha espresso la sua solidarietà anche votando la  mozione contro l’incitamento all’odio razziale? Risposta: “Perché la mozione è firmata da Liliana Segre ma in realtà andrebbe firmata da Laura Boldrini”, quindi non si poteva  chiedere a Fratelli d’Italia di votare una mozione che rischia di limitare la libertà di opinione e di espressione, libertà garantita anche dalla vigente Costituzione. Ma guarda un po’ cosa si è costretti a dire per giustificare l’ingiustificabile: dunque il ferrovecchio che andrebbe rottamato in certi casi funziona ancora! Una motivazione simile l’ha formulata la capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini: in un sistema liberale non si può limitare la libertà di pensiero e di espressione. Già ma forse la libertà di insulto sì. E quale idea di libertà ha suggerito ai senatori di centrodestra di rimanere seduti quando tutti gli altri si sono alzati per rendere omaggio alla ottantanovenne senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, con una spontanea standing ovation? Forse si vergognavano a unirsi agli altri senatori, tanto per marcare la loro diversità? Se è solo per questo ci soni pienamente riusciti.

 

  FULVIO SGUERSO 

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