Salvini il sequestratore…

Salvini il sequestratore
Come si gioca con le convenzioni internazionali
e si fa strame del diritto

Salvini il sequestratore
Come si gioca con le convenzioni internazionali
e si fa strame del diritto

 Sapevamo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo solennemente adottata dalle Nazione Unite il 10 dicembre 1948, che riprende quella francese dell’agosto 1789. Dopo il richiamo all’esordio dell’Emilio russoiano, i “diritti naturali e imperscrittibili” sono identificati nella libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione. A parte l’ultimo, questi sono diritti garantiti dagli Stati, legittimati proprio da questa loro funzione e sono esercitati all’interno di ciascuno Stato, che li pone a fondamento del proprio sistema giuridico.


Sapevamo che i diritti naturali coincidono con i bisogni primari dei quali Decroly fornisce la sua versione: nutrirsi, difendersi dalle intemperie, difendersi dai pericoli ambientali, ricrearsi e che Maslow pone alla base della sua gerarchia dei bisogni.

Ora, grazie all’illustre giurista Grasso, allo scrittore di non so che cosa Carofiglio e a tutta la crème del pensiero politicamente corretto, sappiamo che fra i diritti fondamentali della persona (della persona, non possono dire del cittadino) c’è quello di sbarcare in un Paese straniero  senza averne titolo;  diritto che compete ai  clandestini-non clandestini, clandestini autorizzati, se vogliamo invasori ma non troppo, destinati a  fruire di altri diritti, come quello, ci mancherebbe!, alla salute, al mantenimento, all’alloggio e, se non proprio ad un lavoro, del quale il clandestino-non clandestino fa volentieri a meno, quanto meno allo stipendio.


Ma mi fermo al diritto di sbarcare, che integra brillantemente la sfera dei diritti.  Una volta che si è stati salvati non si può essere riportati da dove si è incautamente partiti. No. Chi ti ha salvato diventa il tuo traghettatore, è tenuto a portarti dove avevi intenzione di andare; questo è un tuo diritto inalienabile e guai se si indugia a rispettarlo, guai se si tarda a  farti scendere dalla nave: sarebbe un sequestro di persona.  Sembra un copione del teatro dell’assurdo ma con questa accusa un improvvido magistrato ha denunciato il ministro che ha vietato lo sbarco dei clandestini a bordo della nave Diciotti (non ha denunciato, come  ci si poteva aspettare visto il suo zelo di defensor legis, il comandante della nave che ci ha portato il prezioso carico, per il quale era abbastanza evidente l’ipotesi di reato,  ha denunciato il ministro che intendeva impedire che i reato – che è tale indipendentemente dalla Bossi-Fini – fosse consumato).

È sembrata un’uscita stravagante, per fortuna, e per il decoro della magistratura, subito smentita dalla procura della repubblica; uno scivolone della magistratura rimediato senza danni dalla magistratura stessa. Invece no: il tribunale dei ministri ci ripensa e incrimina il ministro.


 Una cosa inaudita che a botta calda ha lascito perplessi anche gli opinionisti di regime. Ma col passare dei giorni quell’accusa surreale ha preso corpo e contorni precisi ed è apparsa un’occasione da prendere al volo: se all’inizio si discettava sul fatto che essendo ormai a bordo di una nave italiana, e per di più una nave della marina militare, i “naufraghi” erano di fatto in territorio italiano come se avessero già toccato terra, è tornato più comodo, anche a memoria futura (la Sea Watch insegna), insistere sul sequestro di persona e fare di Salvini un Sequestratore, un epigono del celebre Graziano Mesina.

Un sequestratore colpevole di aver violato quel nuovo diritto fondamentale della persona teorizzato dall’illustre magistrato partito lancia in resta insieme alla Boldrini per rifondare la sinistra. Il diritto all’invasione.  

Quello che è successo avrebbe dovuto aprire nel Paese un dibattito sulla divisione delle funzioni fra organi dello Stato, sulle prerogative della politica, sul ruolo dei giudici. Si è trattato di un’azione aberrante, di un vero e proprio tentativo di colpo di stato, della usurpazione di un potere che compete a chi interpreta la volontà popolare, della messa in discussione della libertà d’azione di un ministro, cioè del governo (di tutto il governo, con buona pace della Gruber che ha le idee poco chiare su come funziona un organo collegiale). 


Niente di tutto questo. Per settimane tutti i media hanno glissato sulla vicenda, hanno steso un velo sulle modalità del salvataggio, nessuno si è chiesto cosa ci faceva una nave militare italiana in quel tratto di mare, perché si è comportata come una Ong qualsiasi, perché non ha difeso i confini marittimi del Paese, perché, se proprio doveva intervenire, non ha sollecitato l’intervento delle pattuglie libiche. Al massimo si è ancora una volta tirato in ballo Malta, come se Malta fosse tenuta a rinunciare ad avere dei confini, come se Malta fosse terra di nessuno. Ma il vero focus per i media è stato il “reato” di Salvini, reato che ha finito per perdere il suo contenuto – il “sequestro” – per ridursi ad un generico reato, cosicché il popolo bue potesse magari credere che si trattasse dei famigerati 49 milioni o di qualche altra nefandezza di cui il capo leghista si sarebbe macchiato. Il colpevole (non si dice più di cosa) Salvini non intende farsi processare come un cittadino qualunque. Questo ladro di polli si trincera dietro l’immunità; i grillini, che tanto hanno sbraitato contro i privilegi della casta non debbono rinunciare ai loro principi, ai loro valori: quel ladro di polli va processato, condannato, esposto al pubblico ludibrio e, ovviamente, espulso dalla politica.


A tanta impudenza bisognerebbe rispondere con durezza liberandosi da quella rete di ipocrisia e di menzogne in cui ci siamo trovati impigliati. Non c’è diritto di asilo che conti per chi pretende di entrare illegalmente nel Paese. La sconcia bugia dei profughi, i disperati che fuggono da guerre e persecuzioni, è stata ormai completamente smascherata e per continuare a sostenerla ci vuole una buona dose di faccia tosta. Una volta Feltri, uno che mi sta cordialmente antipatico ma che è un uomo libero in un mondo di lacchè, ebbe a dire che di fronte ad un’imbarcazione che sta per entrare senza autorizzazione nelle nostre acque territoriali la guardia costiera dovrebbe sparare colpi di avvertimento a prora e se l’equipaggio non desiste affondarla. Questa sì che è una vera legge del mare, una legge puntualmente applicata dai tunisini contro i pescatori di Mazara del Vallo, non quella improbabile invocata dai buonisti. Che, per evitare che quella vera legge del mare venga finalmente applicata, dovrebbero dissociarsi dai trafficanti di schiavi e dai progettisti dell’invasione e impegnare le loro risorse per impedire che gli scafisti prendano il mare o per rispedirli da dove sono partiti. 

E se alle anime belle vengono a mancare derelitti di cui prendersi cura, ricordiamo loro i veri nostri derelitti, a cominciare dai terremotati ai quali questo sciagurato Paese non ha ancora assicurato una sistemazione decente.

Post scriptum

A proposito della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo tante volte richiamata a sproposito. Perché non si fa mai cenno all’articolo che impegna i governi a garantire al lavoratore un reddito “che gli consenta di assicurare a sé e alla propria famiglia un tenore di vita dignitoso”? Sappiamo come questo impegno sia stato mantenuto dai governi che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi alla guida del Paese. 

    Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

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