Salvataggio Carige: gli sviluppi

SALVATAGGIO CARIGE:

GLI SVILUPPI

 SALVATAGGIO CARIGE: GLI SVILUPPI

 

 Eravamo rimasti ai malumori dei sindacati riuniti in P.zza De Ferrari a Genova il 3 Maggio scorso,  che storcevano il naso per il probabile ingresso di BlackRock nell’azionariato della banca.

Energie sprecate inutilmente: come tutti sappiamo, BlackRock ha ritirato la sua proposta, come hanno annunciato i commissari straordinari della banca il Giovedì successivo.

Per quale motivo BlackRock ha fatto dietro front? Si è voluto dare anche un segnale all’ Italia? 

E’ sulla ritirata di BlackRock che vale la pena fermarsi un attimo. Un gruppo che gestisce circa 6 mila miliardi di asset (in tutto il mondo, Italia compresa) e che, dopo una lunga analisi, decide di tirarsi indietro. Un segnale per il sistema Italia che vale molto di più di un campanello d’allarme, e non solo per Carige. Il salvataggio delle banche in crisi, fino a questo momento, è stato realizzato in molti modi diversi, da Intesa per le venete, a Ubi e Crédit Agricole, e per il Montepaschi di Siena con l’ingresso diretto dello Stato al 70%. Con Carige sembrava profilarsi una soluzione diversa, con un investitore internazionale.

Ed è questo che dovrebbe far pensare. L’ Italia resta sempre uno dei primi paesi per risparmio al mondo, e gli investitori internazionali, compresa BlackRock, sono molto presenti su questo terreno.

E’ difficile pensare che un investimento di 400 milioni fosse troppo rischioso per un gruppo leader del mondo.

Per cui, è probabile che ci sia qualcosa che ancora impedisce a Carige di diventare “un affare” per chi investe. Forse incide il fatto che la politica italiana sia troppo complicata ed incerta.

Se la BCE non avesse concesso altro tempo dopo il 17 Maggio, dopo la fuoriscita di BlackRock sarebbe stato un salvataggio tipo “MPS bis”: brutta gatta da pelare per i 5 Stelle, dopo le accuse lanciate contro la precedente gestione politica del dossier banche.

La nazionalizzazione della banca sarebbe un boomerang per i grillini.

Stefano Buffagni, sottosegretario agli Affari regionali e alter ego del vicepremier Di Maio, ha dichiarato che un intervento del Tesoro su Carige «non credo che sia in agenda», aggiungendo che si sta «gestendo il problema che abbiamo ereditato dal passato, con il ministro Tria».

L’esponente pentastellato ha specificato che «stiamo creando le condizioni affinché si faccia un’operazione di mercato: è chiaro che le banche debbano mettersi un po’ una mano sulla coscienza, perché serve un po’ di responsabilità sociale». La consueta pacatezza di Buffagni lascia trasparire, comunque, l’inquietudine dei grillini, che rischiano di dover venir meno a uno dei capisaldi con i quali hanno vinto le elezioni 2018 mettendo il Pd alla gogna: «Mai un soldo dei contribuenti per salvare le banche», promise il Movimento al popolo attaccando gli esecutivi Renzi e Gentiloni per i metodi usati con Banca Etruria, Mps e le Popolari venete. Ora, c’è il rischio concreto che lo Stato debba veramente usare i 3 miliardi stanziati a inizio anno con il decreto Carige, dopo che il fondo Blackrock s’è defilato. Ecco perché Buffagni s’è indirizzato alla coscienza delle banche italiane che, riunite nel Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, nel novembre scorso hanno garantito la liquidità di Carige sottoscrivendo il bond da 313 milioni. Obbligazione che si sarebbe dovuta convertire in azioni per appoggiare l’intervento di Blackrock. Al progetto, però, non si è dato seguito visto il fallimento della soluzione prospettata. E adesso?

 


Carlo Messina e Fabrizio Saccomanni

Il numero uno di Intesa SanPaolol’AD Carlo Messina, a margine di un evento alla Bocconi, alla domanda sulla possibilità di un ulteriore intervento nell’istituto genovese, lo dice chiaramente: “Per quanto mi riguardaescludo totalmente i contributi volontari”. Anche perché, precisa, “significherebbe portare il FITD ad avere il controllo di questa banca e questo non è sano“.Inoltre, Messina precisa che non vede oggi ragionevole, e nemmeno nell’interesse di nessuno, che Carige vada nel controllo delfondo interbancario. E aggiunge “non mi sembra che avere un azionista fatto da tutto il sistema bancario italiano sia un meccanismo di governance eccellente. Il FITD volontario non può avere il controllo di banche”.

Il presidente di UniCredit Fabrizio Saccomanni apre nei confronti dell’istituto, ma a patto che la soluzione sia di sistemaun salvataggio di sistema per Carige da parte del mondo bancario potrebbe esserci nel caso in cui fosse necessario tutelarela stabilità finanziariadel paese.

Non viene esclusa quindi dalle altre banche l’ ipotesi di nazionalizzazione dell’ istituto, nel senso che l’ entrata del FITD sarà solo una soluzione transitoria: servirà poi un partner strategico al 51%, che potrà essere privato (preferibilmente), sennò anche pubblico, come succede altrove. In estrema sintesi, la posizione delle altre banche si condensa con un “noi abbiamo già dato”.


Ma la BCE ha concesso a Carige altro tempo per proseguire la trattativa e trovare un alleato. Alla scadenza dei termini concessi inizialmente da Francoforte, il 17 maggio, non si è arrivati alla “business combination”. A questo punto BCE si trovava davanti a un bivio: azzerare tutto e aprire di fatto alla soluzione pubblica, con la nazionalizzazione consentita dalla legge di Gennaio, oppure concedere altro tempo per negoziare. La scelta è caduta su questa seconda opzione, come peraltro si ipotizzava già da qualche giorno. Non ci sarebbero, almeno per il momento, indicazioni temporali. I commissari possono quindi riprendere a trattare puntando a soluzioni finanziarie (i fondi) o industriali (le banche). Solo di fronte a un altro nulla di fatto, come accaduto dopo cinque mesi dal commissariamento con BlackRock, allora si chiuderebbe la pagina privata e si passerebbe automaticamente a quella pubblica, attraverso la ricapitalizzazione precauzionale garantita dallo Stato e già applicata per il Monte dei Paschi di Siena. Per ora, comunque, si tratta.

In prima fila restano i fondi (si è parlato di BlackStone,VardeWarburg Pincus Apollo), ma non è detto che si possa tentare di nuovo un confronto con il sistema bancario.

Fondamentale, nella scelta di BCE, pare sia stata la lettera inviata dal primo azionista, la Malacalza Investimenti, che ha confermato il suo impegno  a sostenere la banca di fronte a un progetto che valorizzi il territorio di riferimento e tenga nella giusta considerazione azionisti grandi e piccoli che in questi anni, con il loro sacrificio economico (oltre due miliardi di nuovo capitale investito) hanno permesso a Carige di continuare a vivere.

Sbrogliare la matassa dell’istituto ligure prima del voto sarebbe stato, oltre che impossibile, politicamente rischioso. Ma per l’esecutivo, le buone notizie in materia di credito finiscono qui, perché avranno di che riflettere dopo il 26 Maggio: la matassa, ad ogni modo, deve essere sbrogliata 

 

R.T.

 

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